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Foto di Carla Colombo
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Correva l'anno e correvo anch'io, per cercare di stare al passo con i miei coetanei che erano sempre a loro agio in qualunque circostanza, sempre perfettamente nel contesto, mentre io mi sentivo simile ma diverso,
leggermente sbagliato, come quella bottiglia di vino, sullo scaffale del supermercato, con l'etichetta attaccata al contrario, in mezzo a tutte le altre con l'etichetta dritta.
Scoprii in fretta che ce n'erano altri come me, storti in un mondo di
veri dritti!, semplici comparse in un film nel quale tutti gli altri erano protagonisti e avevano diritto al loro nome scritto a caratteri cubitali sulla locandina.
Ci accomunavano le brutte giornate a casa a pensare, l'acne alla quale evidentemente avevamo pestato un callo, l'umiliazione settimanale di essere scelti per ultimi quando si facevano le squadre nell'ora di ginnastica, e un'
Anna delle medie da amare di nascosto.
Avevo imparato a leggere libri, non per la scuola ma perché amavo le storie, non c'era niente di meglio di una buona storia.
Cominciai a scrivere come atto naturale, consecutivo, per modellare il mio mondo su misura, per farla pagare ai bulli [piallai la faccia di
Merluzzi sulla catena di una moto], per baciare le ragazze che non avevo il coraggio di guardare negli occhi.