….Dadonte Aleaghieri prosegue senza aggiungere altro e poco dopo vede giungere Carcassonne, il traghettatore dei dannati, che rema verso di loro a bordo di una tessera. E’ un meeple bianco, che grida minaccioso alle anime babbane di essere venuto a prenderle per portarle all'Inferno dei token…..
Carcassonne è Caronte, è traghettatore fra due mondi distinti, fra due liquidi che non si mescoleranno mai come acqua e olio.
Carcassonne è un gioco di transizione, un battesimo che lava i peccati originali di monopoli e risiko, e che segna definitivamente l’appartenenza alla Trinità dei giochi (Carcassonne, Catan, Tiket to Ride).
E’ un’icona, una pietra miliare, un titolo che ancora oggi, non sempre ma sovente, fa da gateway verso i giochi da tavolo moderni, ma che poi viene accantonato da quegli stessi giocatori che ne avevano tessuto le lodi, per le ultime novità.
Carcassonne sta nel mezzo: i nongiocatori solo monopoli e risiko in gioventù, non lo conoscono, mentre i giocatori moderni “ci hanno giocato all’inizio” ma ora giocano ad altro.
Non solo: Carcassonne in quanto introduttivo per eccellenza e classico dei classici viene anche snobbato e un po’ perculato, dai giocatori più navigati, che lo considerano superato.
Ma come, stai ancora a Carcassonne?
Avevo in testa qualche domanda ma mi serviva la persona giusta, qualcuno che Carcassonne lo masticasse sul serio, non un teorico dell’Ipad ma qualcuno con le dita ingiallite dalla cellulosa a furia di maneggiare tessere città e strada.
Per questa intervista tripla ho contattato Antonio Cataldo, Lorenzo Colasante e Fabrizio Nuzzaci.
Questi tre giocatori, dal 2006 a oggi, hanno vinto 8 Campionati Italiani, partecipato a quasi tutti i Campionati Mondiali con buoni piazzamenti, e sono punti di riferimento nel circuito nazionale italiano (Nuzzaci e Cataldo hanno collaborato per l’adeguamento delle regole del Campionato Italiano a quelle del Campionato Mondiale).
1°- Dado: cominciamo
col mettere sul tavolo il curriculum: da quanti anni giochi a
Carcassonne e cos’hai vinto (il tuo palmares in poche righe)
1- Cataldo:
Gioco da una dozzina di anni, mese più, mese meno. 4 titoli italiani
(un secondo e un terzo posto) e 4 piazzamenti onorevoli ai Mondiali.
1- Colasante:
Ho conosciuto Carcassonne nel 2002, è un legame nato e cresciuto col
tempo. Sono stato il campione nazionale per il biennio 2011-2012
(vittorie a Torino e Napoli); bellissime le esperienze ai mondiali di
Essen.
1- Nuzzaci: Ho iniziato nel 2006, ma ho voluto competere per il nazionale solo dal 2008 (vincendo nel 2008 e 2009 e classificandomi, rispettivamente, 8° e 5° nel relativo Campionato Mondiale); 3° nel 2010 e 2011,2° nel 2012, 5° nel 2013, 11.mo nel 2014 (v. risposta al quesito n. 9) e 5° nel 2015.
2°- Dado: uno scorcio sui campionati italiani: come ci si prepara a un evento del genere, quante partite e quanti avversari da ribaltare sul tavolo, per arrivare sul gradino più alto del podio?
2- Cataldo: Non ci si prepara. O almeno, non ci si prepara più. Parlo per me, e anche per gli altri, che immagino confermeranno. Si cerca di fare affidamento sulla capacità di mantenere alto il livello di concentrazione, che è cosa ancora più difficile che pescare una sequenza di tessere fortunata. Io e Fabrizio, nelle ultime due o tre edizioni dei campionati che abbiamo affrontato facendo la trasferta insieme, siamo stati soliti dedicare un paio di serate dove ci siamo strapazzati con una sequenza di una decina di partite consecutive, in modalità “didattica”. Ma non serve a granché, se non a ritrovare sensibilità e dimestichezza con il boardgame: dico questo perché sono solito giocare online, ma le dinamiche che si instaurano sono completamente differenti, cosi’ come è differente la prospettiva/visuale che si ha del gioco, la percezione dell’andamento della partita, l’assenza di interazione - anche e solo di silente pressione psicologica- che si dà ad un avversario in carne e ossa. Un gioco differente cui mi devo riabituare.
Tutto ciò’ serve per giocare un torneo a grande livello, ma non per salire sul gradino più alto del podio. Per quello serve una certa dose di fortuna e non perdere la lucidità dopo 5, 6 partite dietro le spalle, tutte, anche quelle giocate con avversari sulla carta più deboli, vissute con uno stato di tensione superiore alla norma.
2- Colasante: Ci sono due scuole di pensiero: quelli che fanno centinaia di partite nel mese precedente l’evento, e secondo me è un lavoro prettamente sulla fiducia e sicurezza personali più che sulla tecnica di gioco; e poi quelli che giocano molto meno, ma che tentano di focalizzare la propria condotta di gioco, cercando di migliorare soprattutto la capacità di analisi e conduzione di un game, e la varietà di gioco in un singolo incontro; ciò aiuta a non farsi condizionare e trascinare via esclusivamente dalla pesca delle tessere, ed io cerco di fare parte di quest’ultima scuola.
Sul Campionato c’è da dire invece che le capacità di gioco ormai si sono molto livellate, quindi per arrivare in fondo alle 8 partite la fortuna è un fattore determinante.
2- Nuzzaci:
Di fatto non mi alleno più, salvo qualche scaramuccia con Antonio
subito prima della finale nazionale, per ritrovare la verve; di norma mi
diverto più a reclutare nuovi adepti per “il lato oscuro di cc”.
Il
background è costituito per lo più da oltre 6000 partite online,
cercando sempre di affrontare avversari migliori, invece del primo che
capita (e lasciando iniziare l’avversario, per dare a lui il vantaggio
di una tessera).
3°- Dado: di norma i giocatori di giochi da tavolo sono piuttosto sportivi e corretti ma immagino anche che quando c’è in palio il titolo assoluto qualche furbetto del quartierino salti fuori. Faccio bene a pensar male o faccio peccato?
3- Cataldo: Furbetti pochi. Spesso ci sono errori, ma per lo più compiuti in buona fede, data la stanchezza mentale nel giocare partite nelle quali ogni tessera pesa come un macigno. Meeple dimenticati sulla mappa, somme errate ci possono stare, cosi’ come ci sta che l’avversario non se ne avveda. Qualche aneddoto italiano ce l’avrei, ma preferisco glissare. A livello internazionale direi che la situazione si ripete: le barriere linguistiche riducono all’osso la comunicazione e si tende ad essere più cortesi e ben disposti che a casa propria. Io qualche problema con i giocatori cechi l’ho avuto. Da Matej Tabak, che ho la quasi certezza abbia contato male i punti per salvare (pareggio) una partita persa che gli consentì di andarsi a giocare l’accesso in semifinale al turno successivo, lasciando a me un desolante scontro che nulla poteva dare di più alla mia classifica (persi e arrivai ottavo), a Vaclav Regner, incontrato nel 2013. Due parole in più su questo incontro.
Le modalità di gioco al torneo sono molto rigide: c’è un orologio da scacchi, e una volta che si ferma il tempo, la mano passa all’avversario. La nostra era l’ultima partita, una partita che non poteva far altro che migliorare le nostre classifiche, senza però dare ad alcuno dei due speranza di entrare nel lotto dei quattro semifinalisti.
Regner gioca, ferma il tempo, e mentre io, con la mia tessera in mano sto già piazzando, fa cenno col dito di voler mettere il suo meeple al fine di attaccare una città potenzialmente ricca e cercare il pareggio.
Gli dico in inglese che “non ha il diritto di fare ciò’”.
Lui sorride.
Gli ripeto il messaggio.
Lui continua a sorridere.
Ribadisco con ampi gesti a pendolo del dito indice che le cose non vanno.
Lui sorride e allarga le braccia, quasi a significare che stiamo giocando per la gloria. Ecco, la gloria. Meglio un decimo che un ventesimo posto, no?
Il fair play dovrebbe consigliare di accordare la mossa all’avversario, il regolamento no.
Davanti a tanta sfacciataggine, invece di prendere la saggia decisione di appellarmi all’arbitro, obtorto collo, tiro avanti certo di guadagnare sul “campo” la ragione. (Questi sono i casi in cui si perde di lucidità e si gioca male). Ma nonostante la massima attenzione prestata, le tessere girano malissimo: Regner non solo pareggia, ma va in vantaggio 3-2 e chiude una megalopoli da 44 punti. Dentro di me sono furibondo, lui sembra dispiaciuto o, quantomeno, fa la faccia da dispiaciuto. Lacrime da coccodrillo...anche per lui fair play avrebbe potuto significare non forzare la mano e accontentarsi di spartire la posta.
Stigmatizzo l’accaduto complimentandomi anzitempo per la sua vittoria, e sottolineando con un velenoso “you could be proud of yourself, now”. Da lì in poi continuerò a mantenere un atteggiamento di disgusto, giocando ogni tessera con sufficienza e distacco. Lui scuote la testa ogni volta che incrocia il mio sguardo odioso, oppure quando è costretto a segnare punti per sé, ampliando un divario che sta assumendo proporzioni bibliche (alla fine lo scarto sarebbe stato di circa 20 punti, la città è stata decisiva).
Finisce la partita, e si va alla conta dei punti. Regner mi invita a farlo insieme, io tengo le braccia conserte ribadendo il fatto che aveva già vinto diversi turni prima, e quale sia il punteggio è affare che non mi interessa. Inizia a togliere meeple dal piano di gioco, e a segnare i punti corrispondenti, ma ad un certo momento sbaglia clamorosamente nella valutazione dei contadini, non accorgendosi che si tratta di un unico dominio: prova a rimettere quelli già tolti nelle loro posizioni originali, e sottrarre i punti già computati, ma sbaglia di nuovo.
Io insorgo come un carbonaro della prima metà dell’ottocento, rammentandogli quali casini abbia fatto prima, e quali altri casini stia facendo ora, e tutto perché aveva voluto lo strappo alla regola. Lui, che l’inglese lo capiva, ma lo parlava poco, anzi quasi niente, prende il foglio del report, barra la casella dove doveva inserire il suo punteggio, firma e va via col report in mano.
Io rimango a braccia conserte fin quando uno degli arbitri/organizzatori, viene al tavolo per comprendere perché il report della partita, gli è stato consegnato senza una delle due firme, e perché manchi il punteggio.
Ecco, ho vinto a tavolino :)
3- Colasante: Carcassonne non offre molti margini per aggirare le regole: il momento dell’assegnazione dei punti è sacro, e in un torneo come quello nazionale si è ben attenti a coinvolgere l’avversario e a non fare errori banali. I partecipanti sono troppo bravi per permettere piazzamenti di tessere non congruenti con quelle circostanti, e se qualcuno dimentica un meeple già contato a terra, è solo dovuto a stanchezza e tensione. Passare da scorretti ai mondiali poi non potrebbe rappresentare onta peggiore, una macchia indelebile anche in patria.
3- Nuzzaci:
Ho poche certezze circa giocatori scorretti, forse perchè in genere
ricorrono al barare per supplire all’incapacità di gioco (quindi si
battono senza problemi).
In
Italia, un unico episodio: all’ultima partita della fase “eliminatoria”
della finale nazionale 2011, un giocatore mi propose di “pattare” la
partita (lui è un giocatore di magic, ove è consentito concordare il
risultato del game). Ho rifiutato l’accordo (pensando, “mi fai schifo”).
Verso la fine della partita, ha provato a sostenere che avessimo
saltato 1 sua pescata (e, quindi, prender 1 tessera in più): questione
risolta contando le 4 o 5 tessere residue, tenendo presente a chi
sarebbero toccate e chi avrebbe dovuto finire in base a chi aveva
iniziato. Al termine della partita, ha provato confusamente a contestare
il conteggio (non mi è, ne era, mai successo): anche qui siamo riusciti
a superare la questione ricontando i punti dall’ultima mossa (perse di 1
o 2 punti). Fortunatamente questo “soggetto”, apparso solo nel
nazionale 2011, non si è più visto.
4°- Dado: Okay, veniamo al bordo grasso della bistecca. Alea. La maledetta fottuta alea, quell’ultima tessera che può chiudere oppure no l’ultima grande città e decidere le sorti dell’intera partita per un giocatore o per l’altro.
Nel Carcassonne competitivo 1vs1, quanto pesa e incide l’alea?
Nel dettaglio: quanto pesa l’alea in un giocatore che ha vinto un campionato italiano? Il secondo classificato ai campionati italiani, la volta che voi siete arrivati primi, potrebbe sostenere di aver perso la finale “perchè ha girato male una tessera” ?
4- Cataldo: L’alea conta. Dalla prima partita del primo turno fino alla finale. Il cammino per la finale, quest’ultima inclusa, consiste di sette, otto partite nelle quali ci si può permettere di perderne una, ma solo nei primi cinque turni, e su un numero cosi’ elevato di partite, la tessera singola girata o non girata può capitare. Però nello specifico delle finali disputate (5), non ricordo di questioni eclatanti. A Carcassonne ogni tessera, in qualunque momento della partita è decisiva, perché cambierà lo sviluppo della mappa, e le strategie da impiegare per entrambi i giocatori. Ma a mia memoria non è mai accaduto che la sorte di una finale si sia giocata sull’ultima tessera, o coppie di tessere. Le finali vinte, tanto quanto quella persa quest’anno, erano segnate già da tempo.
4- Colasante: Come già detto, 8 partite contro degni avversari non si vincono solo grazie alla propria bravura: a pari livello di capacità, l’alea della pesca “accompagna” le partite, per me è un assunto fondamentale.
Ma è la consapevolezza di questo “ombelico di Carcassonne” a fare la differenza tra un campione e un “pescatore di tessere”, sapere gestire la fortuna e ancor più sapere analizzare in modo obiettivo le oscillazioni dell’alea durante TUTTA la partita, schivando lo stress da agonismo e gli shock post-traumatici da purga-da-ultima-tessera.
4- Nuzzaci: La fortuna altrui è frutto di un proprio errore, nella quasi totalità dei casi (99,99%). E’ errore anche solo piazzar male la prima tessera che peschi, tanto quanto il più palese lasciare 1 tessera all’avversario per completare un gioco.
Ma il “rosicone modello base” non va oltre l’errore palese e sbraita: “eh … ma c’era solo 1 tessera su 30 … come hai fatto a pescarla subito?”.
La mia timidissima spiegazione è: “mi hai lasciato la possibilità di pescare 1 tessera, hai giocato dando per scontato che non la possa prendere (non sarai mica tu che ti affidi alla fortuna?) e quindi perdi perchè non sai giocare”.
Nel 2008 e 2009 tutti i miei amici parlavano di fortuna, ma in realtà non si rendevano nemmeno conto del gioco che gli facevo e dove loro sbagliavano; poi si son adeguati.
Persi la finale nazionale del 2012 con Lorenzo, per aver mal giocato dopo aver iniziato bene; lui giocò molto bene sui campi, separati; nonostante ciò, nelle ultime 5 tessere residue avevo ancora una possibile sequenza di tessere per vincere: me la giocai, ma ebbi “sfortuna” ... :D
5- Dado:
Esasperiamo il concetto in una partita immaginaria. Un giocatore scarso
ma così fortunato da riuscire sempre a pescare la miglior tessera
possibile in quel turno, contro un giocatore bravo ma così sfortunato da
riuscire sempre a pescare la peggior tessera possibile in quel turno.
Chi vince? 5- Cataldo: Senza esasperare il concetto, sono solito dire che io posso perdere da tutti, ma proprio tutti. E questo è accaduto, e continua ad accadere.
Però sono i grandi numeri che riportano tutto alla normalità. Rigiocando quella stessa partita altre nove volte, probabilmente il giocatore scarso non vincerebbe anche con la stessa sequenza. Aneddoti contro giocatori scarsi (a parte Fabrizio :D ) non ne ho, ma ricordo di essere stato lasciato a zero (0) punti fino all’ultima tessera da un giocatore tedesco, in realtà molto bravo.
5- Colasante: E’ la stessa partita immaginaria che si ripete ogni qualvolta vengo sconfitto! :-) A parte le battute, a Carcassonne è un caso ben poco raro, sono le classiche eccezioni che confermano la regola, ed infatti ogni sconfitta è un aneddoto e una sequenza di pescate e piazzamenti da riferire al proprio “muro del pianto”.
Il massimo sono quegli amici non-giocatori che a distanza di anni si beano ancora di quella vittoria casuale contro di te, di cui loro stessi non ricordano assolutamente nulla, ma avvenuta comunque contro il “campione” del loro immaginario babbano.
[Per rispondere a Fabrizio: da quando ti servono le strade per recuperare un paio di meeples, vinci senza solo se il tuo avversario non fa punti ;-)]
5- Nuzzaci: Vinco io: la fortuna non può in nessun modo influire su 72 tessere. Esiste solo il mio errore o quello altrui, nulla più.
Una volta, durante una partita di un torneo, Lorenzo commentò la mia fortuna con la frase “peschi solo strade” (!!). Io quasi mi misi a ridere: da quando in qua, pescare una serie ininterrotta di strade è fortuna? Il punto è come usi le tessere che peschi: vinsi la partita pescando strade a raffica: lui aveva città e monasteri; io curve ed incroci … per “fortuna” punti facili da chiudere ... ;). Online,
vinsi un giocatore fortissimo (tale yzemaze), giocando quasi tutta la
seconda parte della game senza omini: ti pare che vinci senza seguaci?
Alla partita assisteva fardos10 (Pantelis Litsardopulos, attuale
vicecampione mondiale ed ex allievo su www.brettspielwelt.de), il quale si stupì della mia vittoria finale.
Mi capitò una seconda volta con un altro mio allievo tedesco (di questa ho e ti invio lo screenshot).
Se è possibile “vincere senza seguaci” ... perchè discutere delle tessere che peschi? :D
6- Dado: Come si sono evolute o come sono cambiate negli anni le strategie nel Carcassonne competitivo? Ci sono differenti “stili” di gioco oppure giocatori che hanno fatto scuola inventando qualcosa?
6- Cataldo: Fabrizio continuerà ad autoproclamarsi “colui che ha inventato il gioco a bloccare”, cosa che è notoriamente un falso storico. Io, che sono stato un pioniere nell’affrontare Carcassonne online sulla piattaforma di Brettspielwelt, dove si trova il gotha mondiale, ho appreso ed importato le tecniche del gioco a contrasto, diffondendole nella cerchia ristretta che continua a dire la sua da dieci anni a questa parte. Fabrizio ha avuto il merito di aver estremizzato questa tecnica, sperimentando forme alternative di gioco, quali “congela tutti gli avversari prima della tessera numero x”, piuttosto che “fare meno punti possibile”. Ma in questo ci siamo dati una mano :)
6- Colasante: Anche su questa tema le scuole di pensiero si dividono tra coloro che giocano per far punti e coloro che giocano per non far fare punti all’avversario. E’ superlfuo indicare nella via di mezzo la migliore tecnica di Carcassonne agonistico, unito alla conta scientifica delle tessere uscite e nella gestione mnemonica di quelle ancora in gioco. Poi si può parlare di atteggiamenti o indoli durante un game: troviamo giocatori aggressivi che vogliono fare punti e contemporaneamente attaccano su tutti i fronti l’avversario, investendo tutti o quasi i meeples a disposizione, e quindi dovendo fare i conti anche con la gestione delle poche “risorse” rimaste in mano; oppure giocatori più conservativi, che vanno quasi esclusivamente sui punti sicuri e tendono a lasciare meno meeples possibili sulle tessere, sempre sotto la potenziale minaccia di ritorsioni e attacchi avversari.
6- Nuzzaci: Antonio è in errore sulla mia autoproclamazione, ma ha ragione sul merito che mi attribuisce (scusate, ho letto la risposta che aveva scritto): non ho inventato il gioco a bloccare, già si faceva.
Tuttavia nessuno giocava bloccando in modo persistente e continuo come faccio io: prima ti sfoltisco i seguaci, poi vinco la partita.
Uno dei metodi è cercar di far dipendere da una unica tessera 3 o 4 seguaci avversari: se l’altro ha fortuna”, potrà al massimo salvarne 1 e perderà gli altri.
In sostanza l’avversario deve come minimo aver timore di piazzare un seguace, così come quando gli gioco vicino o aggiungo una tessera al suo gioco: non gli regalo punti, voglio danneggiarlo.
La mia scuola di pensiero è che, per vincere, devi evitare che l’altro abbia più punti di te: quindi non cerco di far “tanti” punti per “sperare” di averne più di te alla fine, pensando per lo più al mio gioco; voglio esser “certo” che ne avrai di meno, avendo continuamente “cura” del tuo gioco.
Una “bella” partita, combattuta, spesso si vince con non più di 55-65 pt.
Antonio e Lorenzo son giocatori metodici, il cui pregio è nella valutazione completa di ogni aspetto della partita (ad es. contando i punti a terra, più di quanto faccia io), ma il cui difetto è (era) lasciare troppe opportunità all’altro.
7- Dado: Carcassonne viene spesso messo nello stesso recinto a sbranarsi con Catan. Fra i due, voi su chi puntereste? In cosa uno è meglio dell’altro, e perchè TU non sei un pluricampione italiano di Catan invece che di Carcassonne?
7- Cataldo: Catan ha un dado. Il dado è una forma passiva di alea: un’alea che si subisce solamente. Una volta che il numero è estratto, si muove il brigante, e si distribuiscono le carte, e si prosegue. A Carcassonne anche la tessera più inutile, puo’ trasformarsi in una piattaforma di attacco per il turno successivo. Niente deve essere sprecato. Poi si’, ci sono le sequenze infinite, ma è come vincere a Catan puntando tutto su 2, 12 e il porto delle pecore.
E poi, last but not least, Catan è un gioco di diplomazia: si gioca in tre o quattro, ci sono schemi, alleanze nascoste, ci sono piani per tagliare fuori gli avversari, ci sono gli embargo, ci sono giocatori esperti che sanno fiutare la partita e giocano per ricostituire l’equilibrio e quelli meno esperti la cui condotta di gara è bovina e spesso manipolata dai più esperti. Nel 2003 o 2004 arrivai in semifinale al campionato nazionale e non mi qualificai per la miopia di uno degli altri tre, che aveva “deciso” che io fossi il più pericoloso, l’uomo da marcare. Vinse uno degli altri due.
Qualche anno dopo, a Settimo Torinese, dopo una lunga pausa disintossicante, rigiocai Coloni a margine della finale di un campionato nazionale di Carcassonne. Il torneo dava diritto alla selezione per gli Europei di Vienna, ma mi ritrovai ad uno dei due tavoli di finale con tre torinesi della stessa associazione ludica. Ti lascio immaginare l’esito della partita e ti rimbalzo la domanda sul perché uno poi va a giocare a Carcassonne. Almeno ci si rovina con le proprie mani.
7- Colasante: Sono giochi completamente diversi. Catan si gioca in 4, c’è interazione, kingmaking, agnelli contro lupi e polli contro avvoltoi, è un gioco di gestione e “ricostruzione” a ritroso della partita. Carcassonne è un gioco di sequenze e di previsione, di costruzione in avanti invece che indietro. In entrambi bisogna gestire la fortuna, dado o pesca che sia.
Nel 2005 sono stato vice-campione italiano di Coloni di Catan e partecipai anche al mondiale nello stesso anno, ho fatto diversi campionati italiani negli anni successivi, mi piace proprio perchè è un gioco completamente diverso rispetto a Carcassonne.
7- Nuzzaci:
Carcassonne mi piace perchè una partita non sarà mai - assolutamente
mai - identica od anche solo simile alle altre; Coloni Di Catan, pur
avendo anche esso una mappa componibile, non ha la stessa variabilità.
Carcassonne ha numerosissime espansioni, che arricchiscono e trasformano del tutto il gioco; Coloni ne ha solo un paio.
Carcassonne
è fortuna free (salvo quel famoso 0,01% o poco più, per quella singola
tessera che potresti davvero non capire a che serva … o dove sia!!); in
Coloni, la fortuna va dal tiro del dado ai caratteri ed alle capacità
dei giocatori che affronti.
Carcassonne,
consente un gioco a contrasto totale anche contro 4 avversari: ad es.
ho cercato di vincere bloccando 35 su 35 seguaci (5 giocatori) e ci son
riuscito bloccandone 28 su 28 (4 giocatori) (miei inclusi per non far
torti a nessuno); a Coloni, “il gioco a contrasto non paga!”
8- Dado: ancora sull’alea e sul 1vs1 (non se ne esce!). Credete che Carcassonne vada bene così o l’adozione ipotetica di qualche home rule capace di ridurre al micron la componente aleatoria potrebbe migliorare il gioco competitivo?
8- Cataldo: La decisione che gli organizzatori (tedeschi) del campionato mondiale abbiano deciso di passare all’assegnazione di quattro punti per le città formate da due tessere, e il conteggio multiplo delle città da parte dei contadini, mi lascia molto perplesso perché aumenta parecchio la componente fortuna rispetto alle regole standard utilizzate anche online, che a mio avviso sono le più equilibrate. Un correttivo potrebbe essere quello di rendere la tessera di partenza “attiva”, ovvero far sì che il primo giocatore piazzi su quella anziché pescare e piazzare. Giocare una tessera in più, con un calcolo fatto a spanne, vale almeno i quattro punti accordabili per una città da due tessere, ma può da sola valere l’intera partita nel momento in cui la disparità delle tessere in gioco (71) permette al primo giocatore di definire una strategia vincente a tre tessere dalla fine, quando, cioè, ha pescato la sua penultima tessera e conosce il contenuto delle due coperte ancora da giocare.
8- Colasante: Sicuramente la disparità delle tessere giocate pesa molto nella valutazione di questo tema: l’unica soluzione percorribile è quella di non far pescare al primo giocatore, che avrebbe a disposizione la tessera iniziale per piazzare, ma la cosa renderebbe assai omogeneo e ripetitivo l’andamento almeno della fase iniziale delle partite. A livello di competizioni, i giocatori apprezzerebbero senza dubbio le sfide al meglio di 3, che ridurebbero di molto le recriminazioni nei confronti dell’alea della pesca, ma a discapito dell’organizzazione e delle tempistiche dei tornei ufficiali
8- Nuzzaci: non parlerei di alea, ma di equilibrio di gioco. Queste le mie modifiche, se fossero adottate anche nel campionato mondiale: 1) nei tornei farei giocare il primo sulla prima tessera (quella inziale), per ridurre lo svantaggio del secondo (che gioca una tessera in meno); 2) ripristinerei la regola dei 2 pt per città composta da 2 tessere; 3) toglierei la regola del conteggio multiplo delle città, dai campi.
Per chiarire definitivamente ogni dubbio circa la fortuna, di norma invito (e son disponibile) a giocare 1vs1, con “36” tessere in mano: ci scegliamo le tessere ma poi, se perdi, pur conoscendo tutte quelle potevi usare, non potrai invocare la fortuna.
9- Dado: Carcassonne competitivo. Italia vs Resto del Mondo. Ce la giochiamo o siamo indietro? Come si vince un mondiale, con un fuoriclasse solitario che nasce domani fa il vostro stesso percorso ma una volta ai mondiali vince, o ci va una “struttura” dietro, qualcosa di nuovo fra ludoteche, sponsor, società, Tane, gilde?
9- Cataldo: Eravamo piazzati bene. Quarti o quinti, nella classifica per nazioni, poi -purtroppo- l’ultimo mondiale è andato maluccio per noi, mentre le nazioni con cui ci scambiavamo le posizioni si sono rafforzate.
Io sono dell’idea che un mondiale si vince se si gioca tanto (ma tanto) con giocatori abili e spietati. E’ il caso dell’ex campione, attualmente vicecampione mondiale greco, che si è affacciato tardi al gioco ma che, infaustamente allenato anche da me, ma soprattutto da Fabrizio, ha trovato la giusta alchimia per competere ai massimi livelli e con un bagaglio di un paio di migliaia di partite con percentuali di vittoria bulgare è andato a vincere il Mondiale al suo esordio.
La struttura dietro è importante. Nel caso del greco, tutto il movimento ludico in Grecia è cresciuto (contando il numero di giocatori online) e fa sì che i singoli siano diventati competitivi e non ci sia il solo fuoriclasse.
Ma venendo ai casi nostri, il fatto che 10 campionati su 10 siano stati vinti da giocatori di Roma (che 8 siano ad appannaggio dei tre è elemento accidentale) è la riprova che da una buona palestra, e con buoni insegnanti, emergono buoni giocatori. Sui 30 podii disponibili ai Nazionali, 18 sono romani.
Quello che a me sembra mancare nelle “nuove” leve è la costanza e l’applicazione. Se non giochi almeno diverse centinaia di partite all’anno, lo scatto verso l’alto non ci sarà mai, e si rimarrà nel novero dei “buoni” giocatori, che magari in Italia riescono anche a mietere successi, ma poi prendono sonori ceffoni dai “professionisti” del gioco.
Carcassonne è un gioco a meccanica estremamente semplice: basta avere buona memoria per le tessere e una capacità di proiezione visiva e geometrica per giocare ad un livello decente. Il resto lo fa l’esperienza, ma senza quel migliaio e passa di partite sul curriculum, se si vince è più culo che bravura.
9- Colasante: L’espressione “fuoriclasse di Carcassonne” mi fa un po’ sorridere :-)
Ci vuole particolarmente culo, oggi. Qualche anno fa meno perchè il livello generale di gioco era più scarso, ma oggi il mondiale è pura e semplice lotteria, a parità di capacità ovviamente.
Sulla struttura non credo: il campione in carica Carlo Fumaroli è un giocatore nato sull’online, si è formato alla scuola internazionale e solo poco prima di vincere si è affacciato nel live e nel gruppo dei romani “conosciuti”. E’ anche vero che fare parte di un gruppo ludico fortissimo ti garantisce un’asticella di partenza molto più alta della norma: quando il Campione Italiano di Carcassonne sarà un non-romano, i giocatori di tutta Italia stapperanno, finalmente ;-)
9- Nuzzaci: per i primi anni, in Italia, vi erano pochissimi giocatori assidui e di livello abbondantemente superiore agli altri (nel 2006/2007 Antonio vinceva a mani basse; nel 2008-2010 io mi divertivo a qualificarmi in trasferta, fino a Torino, evitando in effetti una più difficile trafila da Roma).Nel
2009/2010, collaborando con Giancarlo Roberto, ho ristrutturato il
nostro campionato nazionale affinchè la finale nazionale (ma anche le
selezioni) fosse basata su partite 1vs1 (e non 3 o 4 per tavolo) e
classifica gestita con una forma di svizzera semplificata; l’idea era di
render i giocatori italiani più capaci di affrontare il torneo mondiale
(ma anche per superare le critiche di aver vinto “fortunatamente” nel
2008 …). La Board Game League, intervenuta successivamente, ha cercato
di mantenere questi standard, introducendo un proprio sistema,
allontanandosene solo nel 2014 [fu sperimentata una finale nazionale con
troppi partecipanti (37), distribuiti in due gironi da “19” e 18, non
omogenei (io, Lorenzo e Antonio finimmo nel girone da 19, insieme ad
altri molto forti, eliminandoci l’un l’altro a vantaggio dell’altro
girone; Lorenzo vinse la prima partita a tavolino, per effetto del
“girone nato dispari”): così nel mondiale 2014 abbiamo ottenuto solo un
32.mo posto].
Tuttavia molto ancora dipende dal singolo, da quanto e con chi gioca.
E
sul singolo, nonostante gli sforzi degli amici di altre regioni, tutti i
vincitori dei 10 campionati provengono dal medesimo gruppo
(Associazione Ludica Il Gufo: pura alea ...).
10- Dado: chiudiamo col Carcassonne più Family, quello fatto da partite di 4-5-6 giocatori con poco controllo e molto cazzeggio, e le ennemila espansioni di Carcassonne.
Cosa pensi di queste due facce di Carcassonne, quella più competitiva e quella più family? E a proposito delle 1000 espansioni: pensi che ci sia ancora spazio o bisogno di altre tessere nel mosaico? Che i giocatori continueranno a comprare espansioni ancora e ancora?
10- Cataldo: Per quanto mi riguarda, il giuoco con più giocatori o con le espansioni potrebbero chiamarlo anche con un altro nome, basta che non sia Carcassonne.
Le espansioni hanno avuto un senso, anche nella evoluzione del gioco o nella sua declinazione non competitiva, fino alla seconda. Da questa in poi, e con l’introduzione delle mini espansioni piuttosto che delle tessere speciali, è solo un tentativo goffo di rispolverare a livello commerciale un gioco che funziona bene nell’edizione base, ma per cui il mercato è saturo. Invece che ai milioni di pezzi, Hans im Gluck punta a qualche decina di migliaia di accoliti che collezionano espansioni, ma che probabilmente neanche le giocano. Il successo di Carcassonne è nella semplicità e rapidità di gioco, elementi che si perdono all’aumentare del volume di tessere in gioco e alla complessità che ciascuna espansione produce.
10- Colasante: Ritengo che le due facce siano complementari: il successo del Family, la voglia di appassionarsi comprando tutte le espansioni (ma chi le ha giocate davvero tutte?) ha permesso di formarsi quella galassia più o meno agonistica che a sua volta ha potuto far strutturare una torneistica a livello mondiale. La situazione di oggi secondo me cambia anche l’analisi iniziale di Carcassonne come titolo meramente introduttivo. Carcassonne ha delle nicchie ben definite, c’è chi passa oltre, c’è chi torna, ma dovremmo considerare anche una larga fetta di giocatori che piuttosto che variare o “evolvere” (su quali basi di giudizio poi non si sa) preferisce approfondire e discernere un gioco che sente suo, o della sua cerchia di giocatori.
10- Nuzzaci: Carcassonne “base” può offrire una bella sfida competitiva anche in 6: prova a controllare una partita a 6 giocatori, durante la quale hai solo 12 tessere da giocare. Però, almeno qui, direi che la fortuna incide molto (giochi 12 tessere su 72 … e se peschi solo strade … pure per me sarebbe difficile vincere!).
Circa le espansioni (che son ormai troppe), mi piacciono quelle che aggiungono nuovi “seguaci” e regole dipendenti dal piazzamento del “seguace”, non della sola tessera da parte di chi la gioca.
Ad es. le tessere principessa e passaggio magico, ma anche la tessera torre, sbilanciano troppo l’esito della partita senza che il giocatore che ne subisce gli effetti possa farci nulla; la tessera drago, invece,è apprezzabile perchè tutti partecipano a turno nel farlo muovere. No comment sulla catapulta (mi son rifiutato).
Addenda (Cataldo)
Io non sono d’accordo con la tua descrizione di Carcassonne come traghettatore di giochi, dai lidi del Risiko (e qui Lorenzo o mi da ragione, o si incazza, o entrambi) ai giochi dalle meccaniche complesse, e che viene abbandonato per questi ultimi.
E’ vero che la meccanica semplice favorisce l’approccio al gioco da parte di tanti, e che tanti poi si lascino affascinare dalle ambientazioni di altri giochi, o da meccaniche o forme di gioco più interazionale differenti, ma quella descrizione buttata così toglie molto della dignità del gioco stesso, che oltre ad essere uno degli Spiel premiati più longevo, è uno dei pochi per i quali si sia riuscito a realizzare a livello mondiale una struttura torneistica. I giochi a meccanica più complessa, diversamente, perdono smalto rapidamente.
Superato? Mai.
Riparliamone tra dieci anni, quando forse in Italia continueremo a giocare a giochi di cui conosco poco o niente a parte il nome, e per i quali (per sola volontà degli editori degli stessi) si organizzano tornei nazionali che non valgono una cippa di cazzo.
Continuiamo ad avere questo approccio nerd e provincialotto al gioco, e rimarremo nella nostra nicchia, a snobbare i titoli sempreverdi (Puerto Rico, per esempio?) per correre dietro alle sottane dell’ultimo grido, perdendo quindi anche quel potenziale che sarebbe fornito da coloro che, in luogo di eccellere in pochi, rodati titoli, vogliono a tutti i costi sperimentarsi mediocremente in qualsiasi vaccata venga pubblicata.
Carcassonne in parte soffre di ciò, ma il ruolo di colmare il gap che tu dici abbia, secondo me non lo ha più. Il neofita va diritto al gioco da meccanica complessa. In tanti passano da Taboo ad Agricola.
Nel frattempo all’estero continuano a fare campionati mondiali di Diplomacy, tanto per dire un titolo che si riteneva defunto: in Italia si contano poche decine di praticanti. Io sto partecipando ad un campionato mondiale (online) di Advanced Civilization, un altro splendido più che trentenne e (vista anche la complessità e la lunghezza del gioco) non riesco mai a trovare l’occasione per riunire una manciata di giocatori per giocarlo “live”.
Per concludere, a mio avviso, dei giochi premiati a livello internazionale (Spiel des Jahres), ivi inclusi i finalisti non vincitori negli ultimi 10 anni, forse solo 5 resisteranno nel tempo su una trentina di titoli differenti.
Addenda (Fabrizio)
Carcassonne è un gioco introduttivo, per chi si avvicina a giochi da tavola “diversi” (assolutamente diversi) rispetto ai classici Risiko e Monopoli, ma anche per chi non abbia mai giocato “da tavolo”; per i primi si può definire “traghettatore”.
Ma, come Antonio, non penso che possa definirsi “superato”: te lo conferma il numero di letture/download (v. su La Tana dei Goblin) ma anche il mercato.
Pubblicato nel 2000 (15 anni fa), è l’unico dei giochi da tavola c.d. “nuovi” il cui prezzo è aumentato rispetto alla data di sua pubblicazione (nel 2006 lo comprai ad €. 26; oggi il prezzo al pubblico è di €. 29).