sabato 26 ottobre 2019

I fiumi di spade laser

Ricorderò sempre quando Antonietta mi disse: "Non verrò mai a letto con te, neanche fossi l'ultimo uomo sulla Terra".
Fu di parola. Non ci venne mai. Eppure fui proprio l'ultimo uomo sulla Terra.

Fui l'ultimo a salire sull'ultima nave spaziale che lasciò la Terra, l'uomo di latta che spuntò il mio nome sul palmare disse: "Quasi quasi ti lasciavamo qui".
Poi lo sportello si chiuse.

Vidi la Terra allontanarsi, diventare un disco, un'arancia, un puntino.
Alcune settimane più tardi arrivarono le foto dei satelliti. L'alga infestante, creata nei laboratori della giapponese MMongai Corp per concimare il pianeta e renderlo di nuovo fertile, stava ricoprendo tutto.
Bisognava solo aver pazienza e aspettare.
Un centinaio d'anni.

venerdì 18 ottobre 2019

Questo è l'ombelico dell'odio

Il cellulare mi avverte quando qualcuno cambia il suo stato su Whatsapp.
Ed così che lo scopro.
Il New York Times che fa a pezzi il tuo gioco: fatto!
Sul profilo di Remo Conzadori.
Gli scrivo un messaggio.
Che succede?
E' agosto e io sono seduto su una porcellana Pozzi Ginori. Di fronte a me l'oblò della lavatrice che ribalta il sopra col sotto.

Remo mi risponde subito, linkandomi il sito del New York Times. Purtroppo non ho l'account, quindi riesco a leggere solo la preview dell'articolo. Parla della responsabilità sociale dei giochi da tavolo.
Nel frattempo Remo mi manda un secondo link.
Del forum di board game geek.
C'è una discussione chilometrica sul gioco MANITOBA di Remo e Marco Pranzo.
Apro a caso.
[...]I will not even consider buying this game because of their disregard and disrespect for the cultures they are stealing from[...]
[...]The cover box and game themes just show an abundant lack of respect[...]
Aspetta, aspetta, che diavolo è successo?

venerdì 11 ottobre 2019

Riflessioni sulla pizza da asporto [e sul caffè delle rattoscimmie]

Ho ricominciato a giocare a pallavolo. Dopo 8 anni. Colpa degli europei di questa estate.
Sul retro della mia maglietta ho fatto scrivere DADO 20, perchè il 20 rimanda al critico.
Gioco da libero. Sono quello che si lancia a terra a recuperare la palla un secondo prima che tocchi il suolo, che ha sempre le ginocchia grattugiate a sangue, e che quando sta in panchina lo vedi massaggiarsi i polsi.
Non schiaccio mai. Non faccio punti, io.
Non sono lì per quello.
Io sono quello che salva la palla, e anche la cheereleader che poi dona le sue labbra allo schiacciatore.
Quello che siamo si riflette nelle cose che facciamo, nel nostro modo di vivere, nelle nostre passioni.
Colleziono Vicktorinox, coltellini svizzeri, perchè sono affidabili, praticamente indistruttibili e non ti lasciano mai col culo per terra.
Colleziono libri gialli di John Dickson Carr, il maestro dei delitti della camera chiusa. Perchè alla fine il dottor Gideon Fell, nonostante l'età e tutti i suoi acciacchi, col solo aiuto della logica risolve misteri impossibili.
Ho un brutto rapporto col mare, perchè è più grosso di me e perchè non puoi mai sapere cosa sta pensando.
E gioco german. Perchè ho bisogno di controllare quello che succede.
Nonostante mi chiami Dado. Mi chiamo come ciò che più odio: l'incontrollabilità.
Il modo migliore per ricordarsi la propria nemesi è stamparsela in fronte.

venerdì 4 ottobre 2019

[Il podcast degli unboxing] Arkam Horror

CLICCA SULL'IMMAGINE PER ASCOLTARE LA PUNTATA 0

Un nuovo format ludico, al quale non aveva mai pensato nessuno in Italia, e probabilmente nel mondo.
Unboxing in formato podcast.
Tutta la bellezza visiva degli unboxing, sempre più richiesti dai gamers che vogliono curiosare e mettere in naso dentro le scatole, ma in formato portable: mp3 da ascoltare comodamente in macchina, sull'autobus, con gli auricolari in pausa pranzo in ufficio, ovunque.

In questa primissima puntata pilota de Il podcast degli unboxing, unboxeremo la scatola di Arkham Horror terza edizione di Asmodee Italia.
Venite a vedere con i vostri occhi!
E fateci sapere quale Grande Antico preferite!


Trovate Arkham Horror su Magic Merchant
che sostiene questo podcast


mercoledì 2 ottobre 2019

Nel caffelatte il giorno dopo


Ne ferisce più la lingua, come un puledro che morda il freno, la briglia, il giogo da tavolo, per questo mangio piccante: in assenza di autocontrollo mi disciplino arrampicandomi sulla scala Scoville, mi impongo il silenzio tramite cauterizzazione, come fosse il piede amputato di Paul Sheldon. Sono stato folgorato dal naga morich sulla vita di tabasco. Naga, tenete bene a mente questa parola, significa: serpente. Poi sono passato alle sostanze pesanti, illegali, roba da discoteche calabresi, capsicum chinense dello Yucatan non registrato dalla banda dei ricercatori di Smetto quando voglio: l'overdose è la farcitura in mezzo al Ringo della dipendenza. Sbrisavo l'habanero nelle cartine, sniffavo lo spray urticante dei poliziotti americani che fermavano le macchine nei video su youtube, scaldavo il carolina reaper con l'accendino sulla punta di un coltello come un narcos.
Se faceva male? E' come quando mangi le caldarroste. Ti scotti con la prima. Dovresti imparare ma non impari. Così ti scotti con la seconda. E con la terza. E continui. Continui finchè a un certo punto smetti di scottarti. Non perchè hai capito. Ma perchè le caldarroste sono diventate fredde.