lunedì 11 dicembre 2023

La sospensione dell'incredulità

«Se posso fare qualcosa, Andre, davvero, ben volentieri...»
In queste settimane, mentre mio padre era ricoverato in ospedale, me lo sono sentito ripetere spesso.
É una cosa che dico anch'io, quando un amico si trova calato in una palude di merda e lo vedo sbracciarsi per non finire sotto. E di solito la risposta è sempre: «No, non ho bisogno di niente. Ma grazie».
Perchè pensiamo immediatamente ad un aiuto diretto al nostro problema. E non c'è molto che un amico possa fare per tuo padre da 15 giorni in un letto d'ospedale, a meno che non sia un medico.
Ma un amico può fare qualcosa per te. Farti prendere fiato, ad esempio.
Non è poco. A volte una boccata di ossigeno è quello che ti serve per continuare a lottare e a sbracciare nel guano.
Condividere il tempo con te, facendo quello che ti piace.
Giocare insieme a un gioco da tavolo. O sedersi sul divano in silenzio e guardare un horror splatter che farebbe vomitare una capra.
Ognuno ha la sua valvola di sfogo.

Alla tredicesima volta che raccontavo della corsa al Pronto Soccorso, la storia mi usciva di bocca da sola. Come A Silvia, imparata a memoria alle medie, che trent'anni dopo continuava a rimembrare ancora mentre beltà splendea. Avrei ricordato quegli occhi suoi ridenti e fuggitivi pure sul mio letto di morte.
Sì ma i dottori cos'hanno detto? La diabetologa? L'urologo? La neurologa? Quando lo dimetterebbero? L'ha fatta la risonanza? Com'è la glicemia?
Oramai ripetevo le stesse parole pensando ad altro, che ne so: cosa dovevo fermarmi a comprare al supermercato tornando a casa. Era un digiuno mentale che mi ero imposto: pensare all'ospedale solo lo stretto necessario, tanto lo straordinario non era retribuito, e non è che se pensi a tuo padre con un tubo nella pancia per due ore in più, la sua ferita rimargina prima: probabilmente ti logori e basta.
Naturalmente i primi giorni era stato complicato mantenere una dieta del pensiero. Come ogni dieta: i primi giorni sono i peggiori.
Mia madre ci metteva del suo. Col nuovo deambulatore non si muoveva gran che. E si lamentava [a ragione] di ogni cosa, dalle barriere architettoniche ai tempi biblici della sanità pubblica.
Io facevo da sponda. Ma ogni tanto esplodevo. Ognuno ha un punto di rottura.

Avevo la sensazione che la mia vita fosse a un punto cruciale, che il carrello delle mie montagne russe stesse per raggiungere la cima e che una volta scavallato si sarebbe sganciato dalle rotaie tranciate, e io sarei precipitato nel vuoto.
La spalla, almeno, andava meglio.
Antonella, la mia fisioterapista, aveva fatto di nuovo il miracolo.
Nessun trucco, nessun asso nella manica: lei eseguiva a mani nude.
Ammiravo il suo super potere. Lei toglieva il dolore alla gente. Io invece aggiustavo i computer.
Sfiguravo al suo fianco come un venditore di limoni accanto a Nelson Mandela. Lei toglieva il dolore alla gente e invece il mio fondamentale contributo al mondo consisteva nell'installare l'Iso di Windows. Quelle cose che ti vengono in mente, mentre stai davanti al parcheggio delle Molinette, ad aspettare che si faccia l'orario di visite.

Le persone reagiscono al dolore in molti modi. Io cercavo di sopravvivere allo stress della mia situazione familiare spostandomi su un altro pianeta.
Libri, giochi da tavolo, film. E sesso con mia moglie. Il sesso è un ottimo antidepressivo. Peccato richieda una logistica così complicata, e non si possa assumere come si assumono le pillole, in pochi secondi, con un sorso d'acqua.

Mi mancava l'ultimo CHICKEN CRIMES.
Quando avevo conosciuto Maurizio De Angelis ed ero stato folgorato dal suo genio, mi ero ripromesso di procurarmi tutti i suoi giochi. Maurizio era un artista vero e un giocatore eclettico. Aveva un solo difetto: abitava troppo lontano da casa mia per poterlo frequentare.
Avevo scoperto che aveva creato i Chicken Crimes insieme a Dario Dordoni, un autore piuttosto noto che incontravo spesso a IdeaG.

Maurizio e Dario avevano creato Chicken City, una città corrotta e violenta come Detroit, abitata però da pennuti. La city era così pericolosa che la polizia aveva installato telecamere ovunque. Ma i delinquenti riuscivano lo stesso a passare attraverso le maglie della giustizia.
Protagonista del primo capitolo IL MISTERO DEL DOM GALLIGNON, era il durissimo Detective Gallo.
L'investigatore aveva una pistola e la mascella da duro. Immaginavo strofinasse i fiammiferi sul becco ruvido per accendersi i sigari.
L'avventura cominciava con una lettera minatoria. E con un furto.
Era possibile interrogare i testimoni, perlustrare la città, confrontare alibi e moventi, e torchiare i sospettati. Con il proprio smartphone era anche possibile accedere ai filmati delle telecamere in cerca di indizi.
La prima avventura era stata tutt'altro che semplice.
L'aspetto cartonesco mi aveva bellamente ingannato. Avevamo impiegato più di ore per risolverla.

SALVATE GALLO! era scorsa via più facilmente. Che comunque non significava una passeggiata.
A Chicken City era possibile prendersi una pallottola anche solo uscendo di casa per buttare l'immondizia.
L'avevo affrontata col Vikingo e sua moglie. Avevamo terminato a notte fonda e io ne ero uscito soddisfatto. Sia per la varietà, sia per gli easter egg dei creatori di contenuti ludici [AmicidiGiulia, Escilgioco e Recensioni Minute], sia perchè la nuova storia era - a mio avviso - più fluida della prima.
Era passata acqua sotto i ponti e anche qualche cadavere, e gli autori avevano fatto tesoro dell'esperienza.
Tra le altre cose SALVATE GALLO eliminava le monete da spendere per gli indizi, che avevo sofferto un po' nel Gallignon.

Come ultimo acquisto, avevo preso IL CASO CHICA BESADA, conscio che ero più in ritardo della lettera che mia figlia ancora aspettava da Hogwarts.
Chica Besada era una mini espansione del Dom Gallignon. Temporalmente si collocava prima di Salvate Gallo!
Pur un'opera minore, l'avevo cercata con cupidigia per possedere tutto il mondo di Chicken City.
L'avevo trovata "attuale". Era stata l'equivalente di un bicchierino di grappa a fine pasto.

DOPO 15 GIORNI DI OSPEDALE
Hanno dimesso mio padre.
Quando sono andato a prenderlo non trovavamo le scarpe e temevo davvero che l'avrei riportato a casa scalzo.
Quando corri al Pronto Soccorso ti perdi le cose.
Abbiamo perso una giacca del pigiama e il caricatore del cellulare.
Ma alla fine le scarpe sono saltate fuori.
Insieme a una valanga di nuovi farmaci che dovrà prendere mio padre.
Il lunedì seguente, eravamo di nuovo in ospedale per il primo controllo. Il primo, sì, leggete fra le righe.

Non giudicare mai come le persone affrontano il loro dolore o le difficoltà della vita.
Cosa fanno per star bene.
Di cosa hanno bisogno per riprendere fiato.
Prima di riprendere a sbracciare per tenersi a galla.

Credits
Avventura grafica punta e clicca del Detective Gallo
https://store.steampowered.com/app/556060/Detective_Gallo/

Trovare le avventure di Chicken Crimes
su MagicMerchant.it
che sostiene questo blog

3 commenti:

  1. Ho resistito dallo scriverti privatamente su FB per sapere come stavate tu e tuo padre... ho fatto bene!
    Sappi comunque che ti sono vicino...

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  2. Un giorno alla volta, Dado. Un giorno alla volta.
    Elena Infinite Jest

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