lunedì 30 novembre 2015

Animali immaginari

Un giorno le presenterò il conto di tutte le mie erezioni. Entrerò nel negozio e sbatterò sul piano del bancone il mio quadernetto a quadretti: "Lei è in un bel guaio, signorina! Quelle due asole sbottonate, con le quali si presenta ogni santo giorno che vengo a comprare i francobolli, mi ipnotizzano come le sirene di Ulisse e poi non mi lasciano in pace per il resto della giornata. Guardi, legga se non ci crede: è tutto segnato qui!"
Pensavo questo mentre uscivo dal negozio e risalivo sulla mia Fiat 127 color mattone più di 20 anni fa: di metterla davanti alle sue responsabilità.
Però c'era la questione di tutti quei francobolli, che compravo e che poi non usavo, che mettevo nel cassetto della carta da lettere, e dei quali nella sfuriata avrei dovuto rendere conto, nella misura di un francobollo da 800lire al giorno.
Beh, avrei inventato una fitta corrispondenza con un carissimo amico di Crotone, tal Federico Saltaferro, appassionato di fotografia, passeggiate in montagna e collezionista di strisce di Schultz.
Ma non ci sarei mai arrivato, perchè la tabaccaia, così felliniana, non esisteva davvero. Esisteva la donna che la calzava, una 40enne che mentiva sulla sua età, con capello corto biondo e frangia nervosa, che si ispirava chiaramente ad Amarcord nei suoi cosplay da sali e tabacchi. Era finta, esageratamente finta in quel rovesciamento di carne sul bancone, con reggiseni traboccanti come secchi d'acqua riempiti fino all'orlo e poi portati su e giù per le scale. Troppo per qualunque cliente maschio, per gli studenti del liceo che compravano il biglietto del 34 che fermava lì davanti, per gli operai che compravano sigarette Davidoff per far vedere che ne avevano, per gli altri collezionisti di francobolli comuni.
Avrei potuto organizzare una class action insieme con tutti gli altri clienti, così sì che l'avremmo messa al muro: "Lei ci deve rendere conto. Crede che non lo sappiamo che poi a casa mette la tuta ginnica come fanno tutte, e che dorme con i calzettoni?".
Del suo cosplay rimane solo il ricordo, deformato dagli ormoni di quegli anni, anni in cui ti prendevi una cotta per una singola porzione anatomica, e i segni di quel trauma, nell'incendio dei miei appetiti ogni volta che passo davanti a un esercizio del monopolio.

"Okay, prendiamo pure la mia, se hai fatto il richiamo dell'antitetanica"
Così mi scrive Chrys, col quale rimango per le 21.00 sotto casa mia. 
Arriva puntuale e la sua macchina si rivela meno peggio del previsto a parte un leggero strato di peluria sulla carrozzeria.
"Parcheggio sotto alberi di pecore" si giustifica.
Sulla strada per casa di Bambi, ci fermiamo a un distributore self.
"Che si gioca?" chiede infilando la pistola della super nel culo dell'ovino.
"Francesco aveva proposto Mombasa ma io mi farei anche uno Zhanguo".
Si riparte.
Parcheggio neanche a parlarne, ci tocca percorrere i viali con la freccia destra e a velocità puttan-tour. Le professioniste dell'est confondono e si fanno sotto, pronte alla pecora, ma poi si ritraggono spaventate dalla peluria sul cofano, che fa temere un serial killer armato di rasoio (per tosare).
"Stasera la passiamo in macchina" dico valutando l'opzione parcheggio in verticale fra un platano e l'altro.
Chrys non commenta e rumina in silenzio.

L'ascensore ha quattro stomaci. Ci vomita al 2°, poi ci rimastica e ci espelle al 6°.
Francesco viene ad accoglierci sullo zerbino. E' in ciabatte. Si mostra amichevole. Ma so che mi farà a pezzi per averlo chiamato "Bambi" nel report del Giocatorino.
"Siamo cinque" mi spiega invece.
Entriamo. Al tavolo ci sono già i suoi soci, la scatola di Mombasa e un calzone in un cartone da asporto.
Mi seggo fra Francesco e Marco, di fronte a Chrys e Rodolfo.
"Mombasa è da quattro. Alternative?"
"Peloponnes"
PELOPONNES
Tedesco per 2 - 5 giocatori del 2009, con illustrazione sul coperchio della scatola tipo "Impariamo la storia con Piero Angela", indipendente dalla lingua, della durata sincera di una 60ina di minuti.
German nudo e crudo nel quale la civilizzazione è puro pretesto, bassa interazione fra i giocatori eccezion fatta per un sistema di aste senza pietà, in una cornice di inevitabili sciagure di fine turno che fanno sembrare In The Year of The Dragon la giornata del castagnaccio all'oratorio.

Nonostante il buon livello di profondità, Pelo si spiega in 10 minuti d'orologio, mezza Peroni compresa, e si comprende in due giri di tavolo.
Scopo del gioco: espandere i campi di grano della propria civiltà fin dove l'occhio può arrivare, estrarre pietre perchè le case non si tirano su col fango e con lo sputo, tagliare legna e ordinarla in fascine, e accrescere la propria popolazione. Una quarta track bonus sulla plancia giocatore, che funge da ciambella di salvataggio per le risorse e per contenere i danni delle sciagure, che come detto sono due porcospini che giocano ad acchiapparella nei tuoi boxer.
Temo Francesco e Rodolfo che l'hanno giocato fresco tre giorni prima, ma dopo due giri d'asta i più pericolosi sembrano invece Marco, classico giocatore di poker che sfrutta i riflessi dello zippo cromato, e Chrys, bugiardo come quelle donne che ti dicono "Non voglio regali per il mio compleanno".
Inchiodato nel ruolo di primo giocatore ad ogni turno, asto a mani bucate, più di quanto serva per non perdere le tessere, così che mi tocca contare gli spicci che restano e giocare ogni turno sul bordo del baratro. Nel giro di tre turni la partita si fa stretta, comincia a mancare l'ossigeno e il fair play se ne va a farselo succhiare.

"Dado scordati di riuscire a prendere 'sta tessera" 
Ci si conta le monete l'un l'altro, uccelli saprofagi che sanno aspettare, cani accarezzati mentre mangiano, vermi che applaudono all'arrivo di un carro delle onoranze funebri Il Giubileo.
La partita finisce con l'ultima disgrazia, che fa meno danni delle sue sorelle, tranne che per Chrys. Vince Marco, seguito a distanza di un morso dal sottoscritto, in coda gli altri tre.
Molto molto interessante. Probabilmente non lo avrei mai preso in mano, a causa dell'illustrazione sul coperchio della scatola a metà fra l'educativo rompicoglioni e la corsia del Conad, ma gran bel gioco. E in 5 gira alla grande. Se state cercando un titolo da 5, dategli un'onesta possibilità.

MANGROVIA
Fra una scatola e l'altra buttiamo sul tavolo un cestinetto di grissini al burro e sale che manderebbero in overdose una capra, tanto son salati. Stemperiamo col dolce dei biscotti e dei baci di dama, e con l'amaro della birra, ma la pressione oramai è 150-110.
Parto con aspettative un po' alte per Mangrovia perchè ne ho letto un gran bene e perchè costa 29€.
Gioco con colori pastello allucinogeno in 50 sfumature di lime acido, d'ambientazione indigeni su isola, per 2 - 5 giocatori, indipendente dalla lingua.
Per il "chi siete e perchè" vi linko un articolo esaustivo di Bernapapà, perchè Francesco ce lo spiega senza perder tempo in sofismi: "Raga per vincere bisogna".
Quindi: i soliti punti vittoria immediati piazzando i propri segnalini tribù negli spazi terreno del tabellone, e un diluvio di punti a fine partita grazie alle maggioranze nelle righe e nelle colonne dei sacri totem.

Amuleti e uccelli del paradiso a parte, Mangrovia si gioca sulle capanne e sulle carte.
Per piazzare una capanna su uno dei territori del tabellone è necessario:
- che il territorio da occupare sia "attivo" nel turno in corso (a ogni turno il primo giocatore rende attivi 2 dei 4 terreni)
- giocare una carta terreno (esempio: una carta foresta)
- giocare una combinazione di carte la cui somma sia ESATTAMENTE il valore del territorio che si intende occupare (esempio: nell'immagine precedente posso giocare le carte 3 - 2 - 4 per occupare uno spazio 9).
"Non sembra complicato" mi sorride il giocatore di poker. Ha spostato il cellulare vicino al mazzo delle carte forse solo una combinazione o forse sta sfruttando il riflesso del vetro.
Francesco, al mio fianco, si è cavato gli occhi da agnello e si è avvitato quelli da lupo, che da padrone di casa non ci sta a rimanere a digiuno (tra l'altro ho scoperto che lega i mazzetti di carte dei giochi a crudo con gli elastici).
Rimango indietro sul tracciato punti, ma spargo le mie capanne in giro per tutto l'atollo, confidando nell'insalatona finale di maggioranze.
Mangrovia si rivela capricciosa e con reggiseno imbottito d'alea: c'è questa meccanica di dover totalizzare con le carte esattamente il valore del terreno (così che sei hai in mano 5-4-3-3 non riesci a occupare un'area 14) e poi ci sono le carte terreno da dover azzeccare, e le attivazioni involontarie degli avversari che possono farti saltare un turno....
"Sei venuto a giocare o a comprare francobolli che poi non attaccherai, Andrea?"
60 i minuti canonici di partita anche qui, con Rodolfo che all'ultimo turno mi soffia due maggioranze alla prova del totem, ma riesco comunque a chiudere primo, confemando una bella prestazione per la serata. Bella partita ma gioco meno fluido di quanto pensassi, almeno come primissima impressione.
Nota: il premio Lo Peggio Token a 'sto giro se lo vince di diritto questa barchetta di Mangrovia fatta a forma di dado knorr schiacciato nel frigorifero fra il cartone del latte e quello delle uova.

Sopravvissuti alla vendetta del massacratore di carte con elastico BadBambi, torniamo alla macchina.
Torino di nuovo di notte, licantropa nel meretricio da marciapiede oramai socialmente sdoganato, con le professioniste ad abbaiare alla luna e agli anabbaglianti delle macchine, e due giocatori fra pecora e lupo che rifanno la strada al contrario parlando di Descent.
Ci fermassero per un controllo non avremmo nemmeno l'alibi delle scatole.
"Grazie per avermi passato le carte" dico a Chrys, "Geniale infilare quella da 5 sotto il cestinetto dei grissini".
"Figurati. Non potevamo far vincere Francesco e la sua cricca".
Ghignamo. 

Mi infilo nel letto alle 02.00.
L'antinfiammatorio fa effetto, non ci ho bevuto sopra, la Peroni non conta, la cervicale la appoggio sul comodino sperando che domani si sia distesa.
Chiudo gli occhi.

La tabaccaia viene a rimboccarmi le coperte mezzora dopo.
Ha la stessa scollatura di 20 anni fa ma la faccia ricoperta di francobolli da 800lire appiccicati uno sopra l'altro.
"Hai vinto, stasera?" mi chiede attraverso uno strappo nella filigrana.
"Sì. Una vinta e una secondo. Perchè non riesco a vederti il volto?"
"Non essere ridicolo: smettila di fissarmi i francobolli e guardami dritta nella scollatura"
"Hai ragione, sono un'idiota"
 Sorride. La carta le si arriccia agli angoli della bocca. 
"Sono venuta a dirti che è ora di preparare l'Arca. Di imbarcare tutti i tuoi animali immaginari"
"Preferirei tenermeli ancora per un po'. Non c'è neanche una nuvola"
Con la punta delle dita si stacca un francobollo dalla guancia, la lingua rosa attraverso la fessura di carta ne lecca il dorso. Me lo appiccica sulla fronte. La sua mano è fredda coma bistecca del frigo.
"Oh, c'è un bel cielo nero, stai tranquillo, e nuvoloni carichi di pioggia, e un vento gelido e onde capaci di rovesciare qualunque barca. Fatti trovare ben preparato, ragazzo, che la tempesta non concede una seconda partita".

11 commenti:

  1. Mio DIO!
    sei fenomenale!

    "Che si gioca?" chiede infilando la pistola della super nel culo dell'ovino.
    con questa ho riso fino alle lacrime!

    "Fatti trovare ben preparato, ragazzo, che la tempesta non concede una seconda partita".
    con questa mi si è drizzato fino all'ultimo pelo di pecora!

    Altro che il luna park, altro che il cinema,
    altro che internet, altro che l'opera,
    altro che il Vaticano altro che Superman,
    altro che chiacchiere....

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  2. Federico Saltaferro non meritava questa finta amicizia..... lui ci credeva.
    Gioco in cinquanta sfumature di lime acido...... grandioso....
    Gli ultimi pezzi dell'anno davvero super!
    Puro barba style.

    redbairon

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  3. Dado, hai dimenticato un'altra perla oltre alla barca: la traduzione... "mettere il tavoliere al centro del tavolo" e "tirare due carte".

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  4. Dado sei tornato in gran spolvero, non solo oggi, è un po che sei di nuovo te, oggi con sto quadro finale degno di un Gaiman diretto da Lynch hai fatto il botto

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  5. Un altro post bellissimo!!! Grande Dado, oramai per me non sei più il Dado Critico, ma il Dado Magnifico!

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