mercoledì 29 luglio 2015

Mystery House: Il Segreto del Faraone

SCRIVERE UN MESSAGGIO CON L'INCHIOSTRO INVISIBILE!!!
Il libro prometteva un sacco di trucchi prodigiosi:
LETTURA DEL PENSIERO!
UN MESSAGGIO DAGLI SPIRITI!
LIEVITAZIONE DI UNA MONETA!
Avevo 8 anni e custodivo gelosamente quel tomo proibito come se me l'avesse affidato Silvan in persona.
Ma molti dei trucchi non funzionavano.
Come LETTURA DEL PENSIERO.
"Scegliete un vostro amico fra il pubblico e chiedetegli di alzarsi in piedi. Voltatevi, dandogli le spalle, e chiedetegli di alzare un braccio, quello che preferisce, senza rivelarvi se il destro o il sinistro. Dopo qualche minuto, chiedetegli di abbassarlo. A questo punto voltatevi e indovinate magicamente il braccio che ha sollevato!"
Nel libro veniva svelato l'ammiccante arcano: "Il braccio tenuto sollevato sarà il più bianco dei due, perchè il sangue è defluito verso il basso"
Mai funzionato.
L'inchiostro invisibile invece funzionava.
Consisteva in semplice succo di limone. Credo conosciate anche voi il trucco.

Mi piacciono i rompicapo, i giochi di ingegno, gli incastri impossibili, le combinazini segrete. Ho una trentina di spaccacervello, collezionati negli anni (alcuni li vedete nella foto). Non sono bravo a risolverli, sia chiaro, però ne subisco il fascino.

ESCAPE ROOM

E' difficile inventare cose nuove: di solito si ricicla il vecchio, si ripropone, si rimasterizza in alta definizione, si infiocchetta e riconfeziona.
Le idee davvero originali sono poche, merce molto rara, quindi si vendono variazioni sul tema, nella musica, nel cinema, nell'intrattenimento.
Ma le Room Escape sono davvero qualcosa di diverso.

Negli ultimi mesi il fenomeno ha cominciato a crescere a dismisura, tramite il passaparola, i social network, e alcune foto stile Saw L'Enigmista diventate virali sul web.
Per quanto mi riguarda ne ho sentito parlare la prima volta a Play 2015.
Poi qualche settimana fa sono successe due cose:
1-ho letto l'articolo di Chrys su Pinco11 a proposito della Mystery House di Torino
2-ho chiesto lumi a Chrys e lui mi ha risposto secco: "Dado ma non scherzare: è una bomba e tu DEVI provarla! Guarda: ti metto direttamente in contatto con la persona. Tu telefona e digli che sei il nipote di Fred Buscaglione, così ti fa lo sconto".
Ho imparato a memoria le prime strofe di Eri piccola \ piccola \ piccola \ così, ma naturalmente era una balla di Chrys, o forse il primo tassello di un lungo rompicapo.

Escape Room
Letteralmente "Stanza di fuga", stanza dalle quale uscire, prima dello scadere dei 60 minuti, tramite la risoluzione di rompicapo, enigmi, puzzle, apertura di lucchetti, casseforti, attivazioni segrete, falsi candelabri, librerie scorrevoli, passaggi nascosti, pugnali insanguinati (potrei star esagerando un po').
Non è richiesto l'uso della forza, solo l'intelligenza, l'intuizione, il pensiero laterale.

MYSTERY HOUSE: IL SEGRETO DEL FARAONE
Giochiamo in casa, perchè la Mystery House è a Torino, in Via Po, e il tema è l'Antico Egitto (l'ho scritto nell'altro post che a Torino due cose tirano d'estate: il calippo e le mummie).
Prenotiamo la stanza tramite internet, infrasettimanale, per 6 persone.
L'appuntamento è per le 19.00 ma imperativo essere lì mezzora prima, per un minimo di tutorial e ambientazione.
Arriviamo giusti: io, Francy, Giullari, Vik, Pillow, suoniamo il campanello, saliamo.
Siamo un po' tesi.

Entriamo...
Ecco. Di qui in poi potrei raccontarvi tutto, della stanza(e), dell'arredamento, dell'ambientazione, degli enigmi di Ramses. Di solito lo faccio, mi profondo in dettagli, con abbondanti ninnoli narrativi.
Ma qui il mistero fa parte del gioco, come i cubetti fanno parte di un german, e anche solo raccontarvi (sto inventando, ma non troppo) la trama nel disegno di un tappeto o la disposizione dei chiodi su un muro, potrebbe svelarvi qualcosa.
Osservate.
Con attenzione.
E ascoltatemi bene: nulla è lasciato al caso. C'è una cura maniacale dei dettagli, perchè il diavolo e gli scarabei si nascondono nei dettagli, in quelle macchie di umidità nel muro: sono davvero macchie naturali o sono finte, disegnate, create ad arte, ecco che quella crepa lì nell'intonaco non sembra....non sembra forse il delta del Nilo?
Perchè quel piccone è fuori dallo zaino, perchè a quella sedia manca un gommino, perchè la cornice di quel quadro ha un angolo sbeccato, perchè quel cassetto è montato al contrario?

Il genio è 1% ispirazione e 99% traspirazione (cit. Edison)
L'abbiamo risolta.
100% completed!
Okay: abbiamo usato tutti e tre gli aiuti (ehm... durante il tutorial avevamo fatto un po' gli spacconi, soprattutto il nipote fake di Buscaglione), ma ce l'abbiamo fatta. A 1 minuto e 40 dalla fine.
Gran lavoro di tutti, buona coordinazione "Tu fai questo tu fai quello", alcuni grandi intuizioni nella risoluzione dei lucchetti, un po' di logica, un po' di matematica, e tanto tanto sudore, perchè 60 minuti volano e bisogna correre.

Considerazioni

Coinvolgente e ben ambientata. Enigmi tosti, buona varietà.
Adatta sia per neofiti che per giocatori...certo che i giocatori se la godranno molto di più.
La stanza accoglie gruppi da 2 a 6 giocatori, ma a mio avviso 2-3 sono troppo pochi per tutto quello che c'è da fare. Il numero minimo per risolvere tutto (anche gli achievements...ops!) è 4!
Si corre! Non aspettatevi di entrare in una stanza e starvene seduti al tavolo a risolvere il cubo di Rubik: dovrete scandagliare ogni centimetro della stanza(e). Vestitevi leggeri e le donne niente tacchi.
Approccio mentale: curiosità ed entusiasmo. Se riuscite ad andarci con degli amici con i quali siete affiatati farete molti più punti.
Prezzo: in 6 giocatori costa 75€, ovvero 12,5€ a testa, secondo me li vale tutti.
Grossi difetti non ne ho trovati se non qualche imprecazione per il parcheggio (essendo in Via Po) e il personale non era vestito da mummia (ci avevo sperato).
Una bella esperienza, quindi, qualcosa di assolutamente inusuale, da provare almeno una volta.
Nota: una volta risolta non è possibile tornarci, o meglio: si è liberi di tornarci ma si conosceranno le soluzioni. Segnalo comunque a breve l'apertura di DUE nuove stanze: LA BOMBA, nella quale bisognerà (presumibilmente) disinnescare un ordigno esplosivo e VIRUS (ambientazione Pandemia? CSI? Resident Evil?).
http://www.misteryhouse.it/stanze.php

E la morale della favola, signore e signori, è: i buoni vincono, i cattivi perdono e, come sempre, il Faraone domina.
Ci sono stati due momenti che non credo scorderò facilmente da qui agli anni a venire.
L'effetto speciale, che ci ha fatto esplodere tutti in un grande applauso rivolto alle telecamere e al personale dietro esse.
E il momento in cui io e Vik abbiamo risolto un enigma con una coordinazione che manco i fratelli Abbagnale, e ci siamo "dati un cinque" così forte, così di rabbia, che mi ha bruciato il palmo fino al mattino dopo.

domenica 26 luglio 2015

Legendary Encounters: Alien in Turin

Inutile stare a menare la rava e la fava: fa caldo. Un caldo soffocante in questo luglio maledetto figlio del 2003, stakanovista e aziendalista, sempre sul pezzo 24 ore al giorno. Un caldo che mi ricorda quando tornavo a casa da scuola e trovavo mia mamma e mia zia sedute in cucina, sotto il casco ad asciugarsi i capelli, a parlare di malattie e aneddoti da pronto soccorso (entrambe infermiere).
Si suda fradicio, salomonicamente, tutti insieme. Oramai si parla solo di quanto durerà ancora il caldo.
"Io ho sentito fino a mercoledì"
"Io giove"
"Io ho sentito sabato, poi qualche temporale, poi da lunedì peggiora"
"Peggiora!?!?!??!!"
Non fossimo sfiancati sarebbe da ammirare tanta perseverarza.
Persino fra gli adolescenti si parla più di caldo che di figa.

Torino è puro asfalto arroventato, le azioni dei gianduiotti sono in ribasso e anche la bagna caoda non se la passa bene. Regge il Museo Egizio perchè d'estate due cose tirano: il calippo e le mummie del Museo Egizio di Torino, quindi via di turisti in coda dietro le transenne (senza calippo, solo sventagliate di depliant).

Sabato
Segnale di Red, che avverte che moglie e figlio sono in montagna al fresco, che ha la casa libera e che nel suo frigo ci sono tre birre scolpite in un blocco di ghiaccio.
"Ho scritto Dado sul frumento", whatsappa, perchè d'estate le weiss hanno un senso e un sesso tutto loro, come le donne quando si tirano su la spallina del reggiseno.
Viking glissa, io di ritorno dal centro, con moglie e figlia in piscina al fresco, accelero e rispondo al richiamo del granoturco.
"Che ci spariamo, Dado?"
"Alien"
Legendary Encounters
Deck building per 2-5 giocatori, cooperativo, composto solo da un tappetino gommato e da un gozzilione di carte (600!), circa 70€ il prezzo, disponibile solo in inglese, ambientato nell'universo xenomorfo di Alien.
Ambientazione non è la parola adatta per Legendary Encounters, abituati come siamo ad usarla per astratti vestiti con poco garbo e molto pretesto, per german - e ne sono io il primo consumatore - che funzionerebbero uguale anche ambientati nelle Repubbliche Marinare, nell'universo Marvel, nelle Guerre Puniche o in un centro massaggi cinese.
Legendary Encounters non è un "gioco ben ambientato": è un tributo ad Alien, un atto d'amore, un remake sotto forma di gioco, un modo per colare acido organico sui giocatori, farli camminare in bilico sulle strutture biomeccaniche di Giger, dar loro la piccola illusione di trovarsi dentro l'astronave Nostromo.
Un gioco che ci riporta indietro negli anni e negli incubi, quando Alien e Lo Squalo incarnavano la paura dell'ignoto, del mostro, e la principessa di turno non era particolamente figa ma si salvava da sola, nel lento sbudellar di marines muscolati.
Sigourney Weaver: una donna magra, scavata, incapace di sopravvivere, sulla quale non avresti scommesso un centesimo, lei scappava!
Non cercava di uccidere l'alieno, non imbracciava un vulcan a canne rotanti pronunciando frasi american tipo "E' tempo di distruzione, alieni del cazzo!".
Lei scappava. L'unica cosa sensata, l'unica cosa che poteva fare.
E quando alla fine del film uccideva l'alieno...beh, avevi la sensazione fosse successo solo per un colpo di fortuna.

Il gioco ricostruisce piuttosto fedelmente, attraverso le missioni tematiche e i personaggi, i primi 4 film (Alien - Aliens Scontro Finale - Alien 3 - Alien 4 La Clonazione).
In due parole
Dopo un setup che richiede la pazienza di un bonzo, si comincia.
La plancia, suddivisa in aree, accoglie i numerosi mazzetti.
Mazzo Aliens: contiene orde di alien a diversi stadi dello sviluppo, eventi infausti, sfighe varie ed eventuali, personaggi da salvare e regine madri di fine livello. A ogni turno entra in gioco una nuova carta coperta che fa avanzare la "fila" di una posizione, fino a raggiungere la Combat Zone.
Quando l'alien entra nella Combat Zone (e vi assicuro che è un attimo) infligge danno sotto forma di carte ferita.
Ogni giocatore parte con un set di carte base, costituito da carte moneta e carte danno (se avete presente Star Realms), e un personaggio con un'abilità unica (che finisce nel mazzo e viene pescata come le altre). Nel proprio turno il giocatore può usare le carte moneta per comprare nuovi personaggi (per aumentare danni \ monete \ abilità \ interazione con gli altri giocatori) e utilizzare le carte danno per lanciare uno scan attraverso i condotti, individuare i maledetti xenomorfi e ucciderli.
Tutte le carte pescate nel proprio turno, vengono scartate e si rimescola....deckbuilding...più o meno.

Io ho bisogno di sapere una cosa sola...donde estas?
Alcune cose che è meglio da sapere.
1-Il gioco è difficilotto, soprattutto in 3-4 giocatori. Se vi sembra di vincere facile probabilmente state sbagliando qualcosa nelle regole. Gli alieni che entrano nei condotti diventano via via più forti, di norma più velocemente di quanto voi riusciate a crescere con la costruzione del mazzo, e i Facehugger complicano di molto le cose: se pescato il Facehugger viene posizionato di fronte al giocatore, e si ha a disposizione UN turno per farlo fuori... in caso contrario entra nel mazzo giocatore un Chestbuster (l'alieno spaccasterno). A quel punto l'aspettativa di vita è quella di un coniglietto nel terrario con un varano. 
A condire ulteriormente: eventi e imprevisti, tutti rigorosamente infausti.
Quindi se state vincendo tanto e vincendo facile... mhmhmhhm, rileggetevi con attenzione il regolamento.
2-Il gioco scala male
O meglio: gli aliens non pettinano le bambole, ma rovistano volentieri fra le vostre viscere.
Sono piuttosto lesti di zampa e in pochissimi turni arrivano alla combat zone.
In due giocatori c'è poca diluizione delle carte nei mazzi e si riesce a fare un minimo di deckbuilding (vedi punto 3). In tre giocatori le cose si complicano: mazzi più acerbi, sviluppo più lento, sfighe che si spalmano sull'intero gruppo, e xenomorfi alla festa delle medie.
Proporzionalmente in quattro temo che il caso pesi più delle azioni dei giocatori, e che si vinca (SE si vince) solo grazie a un culo tipo pubblicità mutande Roberta.
3- Il deckbuilding gira così così, non proprio fluido. Aggiugere carte nel proprio mazzo è molto facile, ma sfoltire, smagrire il proprio deck è lento e macchinoso, e vi ritroverete agli ultimi turni a pescare ancora molte delle carte inutili del setup base. Marine avvisato mezzo sventrato.

La prima missione si svolge a casa di Red, fra un condizionatore appeso al soffitto e una birra pepe nero e zenzero prodotta da una cooperativa che si occupa del reinserimento dei detenuti.
(Cooperativa - Birra DUIeMES ).
Facciamo scorta di carte Coordinate, da usare l'uno nel turno dell'altro, e compriamo bene, io danni sul grugno, Red effetti vari.
Gli alieni si fanno sotto, sempre più grossi, sempre più veloci, ma miracolosamente reggiamo sempre.
Obiettivo della missione: uccidere l'organismo perfetto nel condotto d'areazione, una vera bazzecola.
Complice un'incomprensione del regolamento (vedi punto 1) la svanghiamo al primo tentativo, senza grossi spargimenti di sangue.
Qualche sera dopo ci riproviamo, serata dedicata a Escono fuori dalle fottute pareti col Vichingo.
In tre è tutta un'altra storia. La seconda missione gira così così, e noi ci ritroviamo a inseguire, ogni santo turno con gli alien nella combat zone a menarci zampate. Piazziamo le torrette-mitragliatrici nel condotto e sfoltiamo lo sciame di pretoriani, ma la Regina è una specie di autotreno con le zanne e le ovaie in subbuglio. Ma ce la facciamo ancora, miracolosamente e con un culo tipo Jennifer Lopez a 19 anni.
La terza missione è un vero bagno di sangue. Non facciamo in tempo a costruirci il deck che gli alieni arrivano a sbudellarci e i facehugger saltano fuori da ogni angolo.
Due giri di tavolo e finisco a raccogliermi l'intestino srotolato sul pavimento.
Vasquez! Ripiegate! Vi ho detto di ripiegare! Hicks! Parlami bambino!
Ricominciamo, giochiamo più prudenti, discutiamo ogni singola mossa, distribuiamo i danni e giochiamo generosi.
Sembra quasi che...
Movimento. Che posizione? Segnali multipli. Si avvicinano. Passate agli infrarossi. Ho letture di fronte e alle spalle. Dove marine? Non c'è niente. Io vi dico che c'è qualcosa che si muove e che non siamo noi. Li abbiamo tutti intorno, ommiodio...
Succede in un attimo. Attacco doppio, anzi triplo. Tre zampate. In prossimità del mio fegato ingrossato dalla birra.
Zam! Zam! ZAAMM!
Strana sensazione. Bagnato. Freddo. Abbasso lo sguardo...
Morto. Di nuovo.
Terzo tentativo.
Ancora. Gli alieni che saltano fuori dappertutto.
Sono fuori. In tre giri di tavolo.
Red e Vik continuano senza di me...
Io vado a buttarmi sul divano.
A ricucirmi l'addome. Affranto.

Gran bella esperienza di gioco, molto coinvolgente e con momenti di vera tensione.
Qualche innegabile difetto, questo sì, ma lascia comunque un buon sapore in bocca, e se avete amato Alien DOVETE almeno farci un paio di partite (non dico di comprarlo a scatola chiusa perchè costa 70 bombe, ma provatelo se appena riuscite, potrebbe davvero convincervi).

Curiosità: sabato alle 2.00 di notte ero col portatile in cucina a scrivere questo post e a riguardarmi alcuni spezzoni di Aliens Scontro Finale su youtube.
Avevo gli auricolari piantati nelle orecchie e la cucina era illuminata solo dall'azzurro del mio notebook.
Ad un certo punto una manina si è posata sulla mia spalla, facendomi sobbalzare dalla sedia e lanciare ZIOMMMERDA! nel silenzio della notte.
Mia figlia.
"Papà non riesco a dormire" stropicciandosi gli occhi.
L'ho presa in braccio e riportata nel suo lettino.
"Papà mi racconti una storia di Geronimo?"
Palpitazioni a mille.
Respira, Andre, respira...
"Dunque. Un bel giorno Geronimo Stilton e Tea..."

domenica 19 luglio 2015

"Erano solo colonizzazioni eleganti"

da L'Eco di Grok , 6 giugno 2056
A poche settimane dalla sentenza d'appello che se confermata condannerebbe Andrea Dado, per condotta disdicevole per un alto ufficiale, abuso di potere, e uso non autorizzato della forza contro razze aliene civili, l'ex Comandante di flotta smentisce e precisa: "Non c'è stato nessun attacco. Quelle a casa di Raistlin erano solo colonizzazioni eleganti".

Momenti di tensione ieri in aula, quando l'imputato Andrea Dado si è ribellato a una domanda del pubblico ministero, che gli chiedeva se avesse mai ordinato di radere al suolo il 54° pianeta: "Sono un padre di famiglia, mai ordinato l'uso della forza, io!". Alla lettura delle intercettazioni delle comunicazioni di bordo, che riportavano il comandante ordinare di aprire il fuoco anche su femmine e uova della razza Thrukluh, sterminando senza pietà quelle lucertole senza cervello buone solo per farci borse e cinture, l'ex Comandante Dado ha affermato: "Sono stato frainteso".

Casa Raistlin 
Il Gruppo Raistlin è un incontro annuale, per inviti, non ufficiale, che riunisce la maggior parte delle personalità militari della galassia.
Il Gruppo si incontra nella stazione orbitante neutrale detta Casa Raistlin.
Durante tali incontri, vengono studiati e ipotizzati, attraverso l'impiego di proiezioni e di un simulatore Cosmic Enc®., i piani di espansione delle colonie militari sugli altri pianeti.
Gli incontri e le simulazioni sono oggetto di critiche e teorie di matrice cospirazionista.

I fatti
Presenti all'incontro del 1° Luglio 2055, il Comandante Andrea Dado, il Capitano di vascello Viking, il Generale Redbairon, l'armatore Simone Mancuso (Flotta P.I.N.C.O.XI) e il Cancelliere Raistlin.
Da quanto risulta agli inquirenti, durante la serata, il Comandante Dado avrebbe utilizzato il simulatore Cosmic Encounter per valutare i rischi e le perdite nell'ipotesi di una colonizzazione dei pianeti: Cenox - Afago III - Morbius - Tuxxia - Silnhha (il 54° pianeta).
Al termine della simulazione, con in mano le proiezioni dei costi e delle vittime (circa 640.000.000), il Comandante si sarebbe messo in contatto con i propri ufficiali di flotta, e avrebbe ordinato loro di attaccare i succitati pianeti e impiantare le proprie colonie.
"Sono vittima di un vero e proprio accanimento giudiziario, da parte dei giudici dell'Alta Corte Planetaria" ha affermato il Capitano Andrea Dado lasciando l'aula.

Il simulatore Cosmic Encounter
All'apparenza un gioco da tavolo per 3-5 giocatori, della durata di 60 minuti circa, realizzato dal gruppo dei precon Asterion.
Ogni giocatore rappresenta una differente razza aliena, con un'abilità unica (50 razze diverse), con un suo Sistema di 5 pianeti e 20 astronavi a difenderlo.
A inizio partita si pescano 8 carte, alle quali corrispondono: Carte Incontro (attacco\difesa), Carte Destino (un mazzo neutrale usato per determinare la razza da attaccare), Carte Rinforzo (istantanei usati per aumentare i valori di attacco\difesa), rarissime Carte Artefatto (effetti molto potenti in grado di ribaltare le sorti di un incontro), Carte Bagliore (effetti a doppio uso) e Carte Tecnologia (tecnologie da studiare per ottenere upgrade e miglioramenti).
Nel proprio turno il giocatore scopre una carta Destino, verifica la razza da attaccare, sceglie uno dei 5 pianeti, e vi punta contro il Portale Spaziale. Gli altri giocatori verranno poi interpellati da attaccante e difensore, a supporto dell'uno o dell'altro, per decidere la soluzione dello scontro.
Se un pianeta viene conquistato (tramite le maggioranze fra navicelle e carte), l'attaccante e i suoi sostenitori, possono impiantare le proprie colonie.
Il primo giocatore a possedere 5 colonie oltre il proprio Sistema, è il vincitore.
Nota1: le astronavi perdute durante gli scontri, finiscono nel Warp, una sorta di buco nero fluttuante che inghiotte ogni cosa. A inizio del proprio turno ogni giocatore può recuperare un'astronave dal Warp.
Nota2: naturalmente esistono anche soluzioni diplomatiche per le colonizzazioni dei pianeti e per il bene comune. Ma la diplomazia, si sa, non ha mai portato da nessuna parte.

Trascrizione n°3934 dell'interrogatorio al Capitano Viking, imputato nel processo contro il Capitano Andrea Dado.
Pubblico Ministero: "Ci vuole raccontare come si svolgevano i vostri incontri in Casa Raistlin?"
Cap.Viking: "Io e Red arrivavamo sempre con qualche rappresentante delle colonie. Si trattava perlopiù di femmine, ambasciatrici Thrukluh e Silnhha Mezzacoda, perchè molto socievoli e allegre. Ci intrattenevamo parlando di pace fra i popoli fino a notte fonda. Il Capitano Dado, notoriamente molto generoso, offriva alle sue invitate gioielli realizzati con meteoriti e minerali rari"
Pubblico Ministero: "Cosa intende di preciso per ambasciatrici? Dove trovavate, lei e il Generale Redbairon, queste ambasciatrici?"
Cap.Viking
: "Mi avvalgo della facoltà di non rispondere"


Trascrizione n°60012 dell'interrogatorio all'armatore Simone Mancuso, imputato nel processo contro il Capitano Andrea Dado.
Pubblico Ministero: "Lei risulta attualmente impiegato presso la flotta P.I.N.C.O. XI"
Simone Mancuso: "Sì. Mi occupo della divisione militare degli american"
Pubblico Ministero: "Di recente la flotta P.I.N.C.O. XI ha impiantato le sue colonie sul pianeta Morbius"
Simone Mancuso: "Sì"
Pubblico Ministero: "Dagli atti, tuttavia, risulta che per l'intera operazione sian state impiegate solo risorse militari del Capitano Dado. Un grosso dispiegamento militare: navi, cannoni, satelliti, milioni di crediti spesi"
Simone Mancuso
: "La colonia impiantata è stata intestata alla flotta P.I.N.C.O. XI"
Pubblico Ministero: "Esatto. Non lo trova strano? Il Capitano Dado impiega tutte le sue navi per la colonizzazione militare del pianeta, e poi intesta tutto alla flotta P.I.N.C.O. XI?"
Simone Mancuso: "Mi avvalgo della facoltà di non rispondere"

Trascrizione n°5568 dell'interrogatorio al Capitano Andrea Dado.
Pubblico Ministero: "Ha mai ordinato un attacco contro un pianeta alleato?"
Cap.Andrea Dado: "Non ho ordinato, e non ordinerò mai, un attacco contro razze aliene civili e indifese. Questo processo è pura manipolazione"
Pubblico Ministero: "Riconosce la sua voce, nella registrazione che abbiamo appena ascoltato? E' lei o non è lei a ordinare al suo ufficiale a capo della Battledice Galattica di radere al suolo il Pianeta Tuxxia e friggerne ogni centrimetro quadrato col benze-napalm?"
 Cap.Andrea Dado: "Sono frasi estrapolate da un discorso molto più ampio, il senso era completamente diverso"
 Pubblico Ministero: "Ce lo spieghi, allora. Può dirci nel dettaglio cosa intendeva, aspetti che trovo la trascrizione dell'intercettazione....ecco: cosa intendeva impartendo l'ordine "Capitano: punti il Cannone Lunare contro Tuxxia, e lo crivelli senza sosta fino a estinguerne ogni più piccola forma di vita" ?"
Cap.Andrea Dado: "Le intercettazioni delle comunicazioni sono anticostituzionali, sono una violazione della libertà, e uno strumento di estorsione e di propaganda politica. Ripeto: io non ho mai e poi mai..."

Tratto dalla puntata n° 439 di Universo Cinque (streaming HD).
Barabba d'Orso: "Per concludere Capitano Dado: lei continua a sostenere che la validità del Simulatore?"
Cap. Andrea Dado: "Certo! Vedi, Barabba, non è lo strumento: sono le mani dell'uomo, le intenzioni. Il simulatore Cosmic Encounter è un ottimo prodotto. Pubblicato per la prima volta nel 1977 e rielaborato negli anni da più autori, continua a riscuotere un grandissimo consenso fra gli appassionati. Pochissimi tempi morti in partita, grazie al fatto che tutti i giocatori vengono coinvolti negli attacchi, e forte di 50 razze con poteri unici, offre una rigiocabilità praticamente infinita, con partite sempre diverse. Sembra uno spot, ma il gioco è maledettamente buono. Cosmic Encounter dovrebbe avere più visibilità. A me piace molto. Ed io sono notoriamente un mangiacubetti"
Barabba d'Orso: "Quindi lei continuerà a giocarci? Indipendentemente da come finirà il suo processo?"
Cap. Andrea Dado: "Sono anni che provano a farmi fuori, Barabba, anni, ma io non mollo. Sì, continuerò a giocare. Il Simulatore è innocuo. Al contrario di me. Ecco io non sono innocuo per niente. Io mordo"
Barabba d'Orso: "Morde?"
Cap. Andrea Dado: "Le belle giornaliste"
Barabba d'Orso: "Ahahahah, Capitano, lei è un tale briccone...."

martedì 14 luglio 2015

Anguria a fette dolce buonissima

Solo semafori rossi, stasera, e neanche uno straccio di acrobata sul monociclo.
Dall'altra parte dell'incrocio il chiosco dell'anguraio. L'uomo nascosto fra le cassette, sventola un piatto di plastica per farsi aria, mentre sua moglie rovescia un secchio d'acqua nella griglia di un tombino.
Il cartello scritto a pennarello sulle cassette promette "Anguria a fette dolce buonissima".
Scatta il verde.

Parcheggio davanti alla scuola, nuova sede dell'Associazione dallo scorso novembre. Prima ci ritrovavamo nei locali di un circolo Arci, tutti i lunedì sera. A me piaceva. C'era anche un calciobalilla senza gettoniera. Ma secondo Paolo avevamo bisogno di più spazio, per organizzare eventi, serate aperte ai non giocatori, gare di cosplayers, feste di halloween.
Supero il cancello. Seduti sulla rampa dei disabili Andrea e Gianluca. Fumano. E parlano di Sine Requie. Non li sento ma li immagino. Loro parlano SOLO di Sine Requie.
Entro.

"Ste! Stavamo per far partire un Resistance, che dici, ti unisci?". Alberto. 50 chili e suda come uno di 120. Però ha fatto due volte le selezioni per i campionati italiani di Carcassonne e secondo Paolo queste cose portano lustro all'Associazione.
"No, magari passo dopo a vedervi, devo ritirare Le Case dalla Follia da un tizio" mento
"Ah. A quanto te l'ha messo?"
"20. Però un investigatore rotto e incollato col superattack"
"Beh, buono".
Va a raggiungere gli altri al tavolo.

"Ciao Ste!"
Annalisa. Ricamato sulla tshirt dell'Associazione: Liza. Mi viene incontro. Sta per cominciare un giro di Lupus in tabula con dei ragazzi di Moncalieri che hanno scoperto l'Associazione su facebook, mi chiede se voglio unirmi. Indossa i soliti anfibi Dr Martens e una canottiera nera che lascia intravedere il tatuaggio sulla spalla. Per un paio di mesi abbiamo scopato io e Liza. Soprattutto in macchina, nel parcheggio della Facit, con gli mp3 degli Slipknot. Una volta a casa sua abbiamo scopato sul divano e dieci minuti dopo stavamo seduti nella sua cucina a giocare a Puerto Rico, variante per due giocatori. Lei era lì, coperta solo con una canotta nera, spalle imperlate di sudore, ancora il mio odore addosso, a sviluppare le piantagioni di indaco.
Ci siamo lasciati bene.
"No, devo beccarmi con uno per un gioco"
"Se ci ripensi siamo di là" mi sorride. Mi colpisce la spalla con un pugno debole. Si allontana.

"Stefano! Che si dice?"
Ed eccolo. Finalmente. Paolo.
Seduto a un tavolo con i suoi lacchè, con una dozzina di tessere e un tabellone A3 con gli accoppiamenti per la svizzera.
"Stasera c'è il torneo di Dominion" mi informa tamburellando col pennarello, poi leggendomi nel pensiero "Ah, già che non ti interessa".
Anni fa in Associazione si organizzavano tornei di tutti i tipi, anche roba impegnativa, polpettoni a esagoni duri come World in Flames. Ora si fanno solo tornei di Dominion e Ticket to Ride, perchè così giocano tutti.
"Ci penserò" mento "Sono passato a prendere in prestito un gioco da portarmi a casa. Sempre che sia libero"
"Che ti prendi di bello?"
"Glass Road"
Sorride, con quella fessura glabra che si ritrova sotto il naso.
"Non hai digerito la batosta, eh?"
"Non sono uno che lascia correre"
"Stasera devo seguire il torneo, ma la prossima settimana possiamo giocare di nuovo. La grande rivincita"
"Ci contavo proprio" gli rispondo.

Torno alla macchina. Infilo Glass Road nel bagagliaio. Sollevo il coperchio della scatola. Apro tutte le ziplock e cerco la tessera Gilda dei muratori. La trovo. Me la infilo in tasca.
Chiudo scatola e bagagliaio.
Riparto.
Glass Road è un gioco di Uwe Rosenberg, per 2-4 giocatori, della durata di una 60ina di minuti a giocarci per vincere. E' un gestionale risorse con rotella stile Ora et Labora, con risorse: vetro, legno, acqua, sabbia, mattoni, argilla, cibo, carbone, e un motore di 15 carte Specialisti per raccogliere risorse, lavorarle e costruirci edifici. Ogni giocatore sviluppa gli edifici sulla propria plancia incastrandoli con le tessere paesaggio, e ne ricava punti a seconda delle intersezioni e di piccole combo.
Passato leggermente più sordina rispetto agli altri titoli del vate della pastorizia, è un titolo estremamente compresso, fatto di pochi turni condensati, molto stretto nella sua particolare interazione fra i giocatori.
Le carte Specialisti prevedono una doppia azione a patto di essere gli unici a giocarle nel turno. Se entrambi i giocatori ingaggiano lo stesso specialista, possono effettuare una sola delle due azioni. Grazie a questo meccanismo di intuizione dello sviluppo della plancia avversaria, e la possibilità di giocare contro, Glass Road funziona molto bene in due giocatori, mentre perde di controllo man mano che si sale in 3 e in 4.
Un titolo che premia la flessiblità e punisce la monostrategia.

Arrivo sotto casa sua che sono le 23.00. Lei è già davanti al portone. Jeans. Camicia bianca. Scarpe da tennis bianche.
Sale in macchina.
"Ciao"
"Ciao"
 Riparto.

Parco Europa. Collina. Frazione Cavoretto.
Torino scorre sotto. Un miliardo di puntini luminosi nervosi come zanzare.
Rimaniamo in macchina. Coperti dalle fronde degli alberi.
"L'hai visto?" mi chiede Barbara.
Si è truccata. Appena. Ma si è truccata.
"Sì. Sono passato. Ci siamo parlati due minuti. C'è il torneo di Ticket to Ride, stasera"
"Lo so"
"Ne avrà fino alle due"
Non risponde. Le passo la mano fra i capelli, lunghi, castani chiari. Si volta a guardarmi un secondo. Poi torna su Torino.
"Questo fine settimana c'è Cultura In Strada. Parteciperemo come Associazione. Mettemo il gazebo in Piazza Castello, e qualche  tavolo per far giocare i bambini"
Parla. Per riempire il silenzio.
Le accarezzo il braccio. Appoggia la mano sulla mia, come a fermarla. E finalmente mi guarda.
Non è bella neanche la metà di Liza. Anche il suo corpo non regge il confronto. Spalle cadenti, seno piccolo, fianchi che scendono dritti. Il tipo di donna insignificante che guardi solo se non c'è di meglio intorno.
"Non ha nessun senso" mormora.
"In certe cose non puoi cercare un senso. Devi solo scegliere. Di viverle"
"Pensi sempre che accada agli altri. Che a te non succederà mai"
La bacio. Non si sottrae. La settimana scorsa abbiamo scopato per la prima volta. A casa sua. Nel letto suo e di Paolo. Non ha fatto tutte queste storie. Probabilmente sta mettendo a fuoco. O i sensi di colpa le stanno scavando gallerie nel cuore. E' una donna in ombra. Una che si è accontentata. Che sta sfiorendo.
Le infilo una mano sotto la camicetta. Mi lascia fare.
La guardo negli occhi. Eccoli lì. I sensi di colpa.
"C'è una parte di me che non..."
La bacio ancora, le graffio il collo, con dolcezza.
Le prendo la mano e me la porto sulla patta. Per un po' rimane immobile. Poi mi tira giù la cerniera.
"Vai giù" le sussurro. Obbedisce.
Accompagno il movimento della sua testa con la mano.
Ondeggia.
Tiro fuori la tessera della Gilda dei Muratori. Gliela premo sulla testa, fra i capelli. Non se ne accorge.
Due Legni. 1 Vetro. 4 Argilla. 1 Mattone.
3 punti a mattone.

"Stai con me" le dico premendole la tessera sulla testa.

La riaccompagno a casa. Sembra più tranquilla che all'andata. Prima di scendere mi bacia sulle labbra. Aspetto che entri nel portone.
Riparto.
Dieci minuti dopo mi scrive un sms "Buonanotte"
Lo cancello al volo.

Torno all'Associazione. Saluto alcuni ragazzi seduti sui muretti all'esterno. Ancora Andrea e Gianluca, ancora su Sine Requie.
Entro nell'edificio.
Alberto che passa la scopa e trascina un grosso sacco dell'immondizia. Simone che rimette a posto i tavoli. Liza che fa l'inventario dei trenini e delle carte nelle scatole di Ticket to Ride.
E Paolo.
"Ciao"
Mi guarda, troppo stanco per farsi delle domande.
"Ha vinto Max" mi annuncia, "Finale combattutissima con Albo"
"Ho riportato indietro Glass Road. Lo riconsegno"
"Di già? Non vuoi tenerlo qualche altro giorno?"
"No, credo di essere a posto"
"Hai giocato a casa di amici?"

"Un collega"
"Vieni domenica in Piazza Castello? C'è Cultura in Strada. Ci saremo noi, quelli del GiocaMiGoga, quelli di Giokkiamo, ... Abbiamo i tavoli"
"Ci provo. Tu starai lì tutto il giorno?"
Allarga le braccia.
"A diffondere il Verbo"
Un martire.
Penso alla tessera Gilda dei Muratori fra i capelli chiari di Barbara.
"Non vedo l'ora di rigiocare a Glass Road" gli sorrido.


Notte. Si ritorna. Fra semafori lampeggianti e camion della manutenzione stradale.
All'incrocio riconosco il chiosco dell'anguraio. Accosto. Lascio le quattro frecce. Scendo.
"A quanto l'anguria?"
"Intera o una fetta?"

"Una fetta"
"Due euro la fetta piccola, tre la grande"
"Una fetta da tre, allora"
Mi seggo ad un tavolino con vista incrocio. La signora mi porta la fetta su un piatto di plastica bianco insieme a una bottiglia di limoncello.
"Ci vuole un po' di limoncello, sopra?"
"No, va bene così"
Si allontana.
Addento l'anguria.
E' dolcissima...

giovedì 9 luglio 2015

A un centimetro dall'arrivo

Un centimetro mi separa dal traguardo. E non è la prima volta. Credo la terza. Le altre due, buttate nel cesso insieme al pesce rosso morto nella boccia e ai buoni propositi sul perdere peso.
E' la solita vecchia storia, Rush&Bash, ma ben raccontata, una metafora amara come una radice di genziana, non sulla corsa, che sarebbe il meno, ma su tutte le cose che possono andare storte in quel piccolo centimetro.
Missili. Traccianti. Che arrivano da dietro. Come da buona tradizione.
E bombe. Lasciate cadere sul nostro percorso e disposte nelle caselle adiacenti, così, quasi distrattamente, dagli amici al tavolo: "Ah, scusa, c'eri tu dietro?". Come se non lo sapessero.
E tamponamenti, di chi non potendo sorpassarti per manifesta inferiorità, ti colpisce vigliacco alle spalle, con tutto il suo peso, per metterti fuori gioco. Sul lavoro, nelle amicizie, nel quotidiano.
Tutto ciò da parte degli amici, naturalmente. Perchè se c'è una cosa che ti hanno insegnato quei peli bianchi sul mento, è che nella vita non esistono veri nemici, i nemici acerrimi, quelli dei film di James Bond, e che alla fine i tamponamenti ti arrivano sempre da quelli che TU ti sei messo intorno, gli amici con i quali hai condiviso i cartoni delle pizze seduti sullo scalino di un negozio con la saracinesca abbassata, quelli con i quali ripetevi a memoria pezzi di puntate dei Simpsons, con i quali in pizzeria (anzi: al cinese) si arrivava tutti col 50 e allora "Poi ci aggiustiamo, tranquillo".
Tamponamenti.

Fate fuoco
Anzi fate brace. Perchè il fuoco brucia ma è la brace a cuocere. Pensaci bene prima di coricare la tua bistecca più importante.
Carbonella di legna compatta ad alta efficienza.
"Questa quando l'accendi ti brucia per 15 anni" ride il commesso, aspettando che rida anch'io (ma io non rido e penso alle costine).
Grigliata dell'ultimo minuto col Vikingo e le rispettive famiglie, pessima idea vista la temperatura, ma noi si gioca  tattici mica strategici.
Riempio il carrello di carne, mentre Vik prenota una piazzola in un'area attrezzata.
La notte prima non si dorme. Il lenzuolo diventa rappresentazione incandescente del barbecue del mattino dopo, come non succedeva dall'estate del 2003, la notte che bruciammo Chrome (featuring Torino).
La mattina dopo si rifiniscono gli zaini. Francy fa l'inventario e depenna dalla lista. Lei è piena di liste. E' una ragioniera e non improvvisa nulla. Sono io il suo tiro di dado, l'alea che non centra una fava nella sua vita german.
Io penso ai dettagli: il Victorinox, una bandana per me (teschi) una per la piccola (gocce), Rush&Bash + Radio Londra + Carcassonne + Istanbul (quest'ultimo perchè sono un inguaribile ottimista).
L'area attrezzata si chiama Stella Polare, con quel "polare" che si trascina dietro associazioni di idee e onomatoee di polo nord e orsi bianchi, e igloo fatti di blocchi di ghiaccio simili a zollette di zucchero.
Refrigerio, ghiaccio, fiato che si condensa in nuvolette.
Arriviamo all'area Stella Polare alle 10 del mattino. 40 gradi. Non un filo di vento. Su un muretto due lucertole si spalmano di protezione 50.

Per la brace facciamo fuori un intero sacco di carbonella compatta (che sarebbero 45 anni di fuoco, a far le debite proporzioni), 4 litri d'acqua e 2 Peroni (per reidratare i fuochisti a progetto).
Costine in tavola. Al mio via liberate gli incisivi e scatenate l'inferno del colesterolo.
La carne viene via bene, ben cotta (a parte che con quel caldo avremmo potuto anche solo togliere il nylon alle confezioni di carne e attendere l'autocombustione).
Dopo pranzo i bambini entrano in guerra con altri bambini di altri tavoli a suon di liquidator. Un vassoio cuki viene trasformato in uno scudo.
Io e il vichingo apriamo lo zaino...

Rush & Bash
Gioco di corse di macchine per piloti veramente coatti, con bolidi quattro ruote equipaggiati con lanciamissili, bombe a grappolo, cassette degli attrezzi per riparazioni al volo, e adesivo sul cruscotto "Non giocare pulito pensa a me".
Il percorso di gioco si assembla attraverso le plance circuito: 12 a doppia faccia, con differenti elementi di percorso (curve, rettilinei, strettoie), ed effetti speciali (teletrasporto, ponte sospeso, geyser, attraversamento dei Bruttimusi...). Ogni giocatore ha a disposizione una scheda macchina, sulla quale sono riportati i 3 poteri speciali e i punti ferita. Ogni volta che i punti vita arrivano a zero (per mezzo di una bomba \ tamponamento \ missile \ sasso in mezzo alla strada) la macchina torna indietro fino al checkpoint precedente.
Si gioca pescando e giocando carte da due mazzi, uno verde e uno rosso (speculari negli effetti, ma il mazzo rosso ha valori di movimento più alti).
Vince naturalmente chi taglia il traguardo per primo.

Gioco per famiglie (di infami), e soprattutto gioco per maschi vestiti con una canottiera e una lattina di birra discount, Rush & Bash tira fuori il peggio dalle persone. Continui mazzulamenti, sgarbi reciproci e vendette trasversali, fanno da cornice a un titolo il cui scopo non è vincere ma far perdere malamente tutti gli altri.
Pregi: basso costo (25 euro), scala fino a 6, regole semplici, si presta a 10000 espansioni fatte in casa, divertente, cialtrone, e con le persone giuste (e intendo le persone "sbagliate") è un inno alla trivialità.
Difetti: alcuni stand ed elementi scenici in cartone sono proprio brutti (vulcano? traguardo?). Buttate via senza remore e rimpiazzate modellando Das, sughero, pezzi di legno, polistirolo. Date profondità agli scenari creando qualche elemento 3D senza paura di sbagliare. E nel passo successivo moddate, moddate e moddate ancora.
Attualmente (una dozzina di partite dopo) sto cercando in cantina, negli scatoloni della mia infanzia, le vecchie Micromachines con le quali giocavo in cortile, sarebbero perfette.

A un centimetro dall'arrivo
Tutte le cose che possono andare storte in quel centimetro. 
Che Pillow metta una bomba fra me e la linea del traguardo. Ci stava giusta giusta.
Grazie, Pillow. Poi ci aggiustiamo, tranquilla.
O che Viking mi arrivi da dietro ai 300km/h e non lo sfiori neanche il maledetto pedale del freno, tamponandomi con violenza e lanciandomi di peso SULLA BOMBA.
Che il rottame della mia macchina in fiamme voli nel cielo andando a schiantarsi di faccia contro un vulcano. Attivo.
E questa non è che la punta dell'iceberg...

venerdì 3 luglio 2015

Ricorda i Lupi

Viaggio leggero, solo quello che può contenere la tracolla: un mazzo di chiavi, un portafoglio delle dimensioni di big-mac, un blister di analgesici, occhiali da sole, Coloretto e un pacchetto di cracker. Pessima idea i cracker nel taschino davanti, a prendere colpi. Nell'ultima tasca un cacciavite cercafase, un mammut con due fili penzolanti, blocknotes, penne e libri.

La nuova stazione di Porta Susa sembra la carcassa di una balena sdraiata su un fianco, una balena androide uscita da un libro di Gibson. I torinesi stentano a riconoscere il cetaceo dall'ampia gabbia toracica tubolare di vetro e acciaio, con quella forma lì da mammifero sintetico alcuni non sono neanche sicuri che sia finita. "Ma...e la lasciano così?". Fra le nuove linee ferroviarie e i raccordi della metropolitana, i lavori sono durati così tanto (20 anni, quanto hanno impiegato gli egizi per costruire la piramide di Cheope) che alcuni sono pronti a scommettere che non sarà mai funzionante.
La scala mobile mi porta nel ventre del mostro.

Tecnotossici. Evoluzione dei batti-moneta della vecchia stazione. Ma più giovani e trasandati giusti, alla moda. Si avvicinano con sigarette elettroniche e cellulari cibernetici. Chiedono spiccioli scrivendo su whatsapp, senza attirare troppo l'attenzione. La polizia del pensiero fa la ronda fra i binari roteando sfollagenti in grado di resettare nuche. 
Arriva il treno, un Frecciarossa laccato come una Sperlari. Salgo.

I treni della mia vita sono stati dei regionali, mia figlia crescerà con i Frecciarossa. I miei erano dei forni crematori su rotaia, senza aria condizionata, con i sedili di gomma che si arroventavano d'estate, i finestrini col deflettore che si apriva solo di pochi centimetri nella parte alta, con il sedile pieghevole nel corridoio a forma di mezzo pavesino, il gabinetto che quando schiacciavi il pedale vedevi le traversine in legno che scorrevano sotto. Ci andavo al mare, da adolescente, 2 settimane in campeggio con il futuro strizzacervelli, a cercare di piantarlo in qualche buco, a cercare di procrastinare la vita che sarebbe venuta, e che avevamo già annusato dai nostri genitori.

In quegli anni si giocava di ruolo. Cioè: ci si provava, con pessimi risultati.
Il copione era sempre il medesimo: la prima sera ci si trovava tutti e 8, tutta la compagnia al gran completo, carichi e motivati, e si spendeva l'intera serata per la costruzione delle schede personaggio.
A notte fonda ci si separava: "Oh, fra una settimana esatta, eh, non mancate!!!"
La settimana successiva di quegli 8 se ne presentavano solo 6, di cui 5 della volta prima e uno nuovo: "Lui è Mauro, mio cugino, gli ho raccontato della partita e vorrebbe provare anche lui. Può giocare col personaggio di Marco che non c'è, così non stiamo a perdere tempo".
Si cominciava, una banda di antieroi caricatura di Dragonlance sulla quale non avrebbe scommesso un goblin ubriaco. L'avventura di solito iniziava in una locanda (nella quale si scatenava una rissa - grazie alla quale si formava il nostro gruppo), oppure in un bosco.
La terza sera il gruppo di gioco era completamente sfasciato fra gente nuova e vecchia, e schede personaggio prestate a muzzo e vergate da almeno 3 calligrafie diverse, e nessuno aveva capito un cazzobadile della storia (che tra l'altro non era mai uno scenario introduttivo e lineare ma SEMPRE un'avventura - complicatissima e piena di buchi - scritta dal Master pescando e mescolando Silmarillion, Cthulhu e Dyland Dog).
Si giocava in birreria, al CortoMaltese di Nichelino, prima che chiudesse i battenti, su tavoloni pieni di bicchieri e autoradio-mattone che puntualmente cadevano a terra per una gomitata (anche questo si risparmierà mia figlia, le autoradio estraibili che pesavano una tonnellata e non sapevi mai dove ficcarti).

A cavallo di quegli anni scoprii Lupo Solitario: I Signori delle Tenebre.
Ne fui folgorato. Il librogame univa due cose che mi piacevano, i libri e i giochi, e non era un semplice romanzo d'avventura, era qualcosa di dinamico, tridimensionale, vivo.
Ricordo che la mia prima avventura fu un disastro. Scelsi le abilità con molta poca lungimiranza, per esempio snobbai CACCIA, che mi avrebbe permesso di procurarmi cibo velocemente, e scelsi PSICOLASER e TELECINESI, che sembravano molto ganze.
Naturalmente morii di fame e di stenti, sotto un albero, senza esser mai riuscito a usare i superpoteri, l'ingloriosa fine di un aspirante Giucas Casella.
Ricominciai con CACCIA e feci un bel pezzo. Crepai di nuovo ("La tua missione finisce qui").
Mi passai la lingua sulle labbra. Il libro si torceva fra le mie mani come un serpente in un barattolo.
Lo finii in un paio di settimane, giocando corretto, senza mai barare.
Ne comprai un secondo, di un'altra serie (non ricordo quale, aveva un gufo come logo) e un altro ancora.
Li cominciai ma non li finii mai. Le cose a volte vanno così. Ma non scordai mai il Lupo.

20 anni dopo (il tempo di tirar su una stazione o una piramide), durante un giovedì in notturna, sento Viking e Redbairon parlare di librogame.
Cavalieri.

"Ma tu sei riuscito a finirlo?"
"No, sono fermo all'enigma XYZ"
"Cazzarola, tostissima quella parte"
Il mio cervello registra e mette via.
Qualche mese dopo a PLAY Modena, davanti allo stand della Cranio, Vik e Red aprono il portafogli per Cavalieri n°2 e Pirati n°2.
Li sfoglio.
Ah, sono illustrati. Lupo Solitario era tutto testo. Pensa te.

La sera della partenza del vichingo, i libri e il passato tornano a tormentarmi.
"Cavalieri n°2 me lo sparo in aereo" commenta il brasiliano.
E qui scatta la scintilla. Sulle foglie secche. Accanto a una tanica di benzina.

Una nuova generazione di librigame, molto "game" e libri soltanto nella forma, molto ben illustrati e ricchi di dettagli. L'avventura comincia con la costruzione del personaggio, tramite alcuni profili standard (guerriero, apprendista mago, arciere, personaggio intermedio che io non prenderei mai, ...) e la modifica di alcuni valori sulla propria scheda (forza, agilità, intelligenza, attacco, resistenza). Motore e generatore di eventi, un disco, ritagliabile dall'ultima pagina del libro, che assegna i colpito, colpito stordente, mancato e colpo critico, che io mi sono disegnato a penna su foglio a quadretti, e poi sostituito con due dadi.
Dungeon crawling con risoluzione di enigmi, indovinelli, sciarade, problemi di logica e colpo d'occhio.
A inizio partita il proprio personaggio le busca proprio da tutti, pure cornacchie e pantegane riescono a metterlo in difficoltà. Man mano che si livella e si raccolgono oggetti droppati dai mob e si comprano equipaggiamenti e pozioni (spendete SEMPRE!, ogni volta che entrate in un negozio, non tenetevi le monete in tasca...datemi retta), le cose migliorano, e non ci si strizza le palle ad ogni brigante armato di randello sul proprio sentiero.
Certi enigmi sono davvero tosti da risolvere, ve lo dico subito, e certi comunque NON li risolverete: vi toccherà prendere la strada lunga e rinunciare alle ricompense. Ma in questo il libro non bara, gioca corretto, e anche sbagliare vi aiuterà a capire come funzionano il gioco e le quest (parafrasando ErProsciuttaro: "Non è il personaggio che livella, ma il lettore"). Da accompagnare col libro, oltre i dadi che straconsiglio, anche una matita, una penna per ripassare, e un block notes a quadretti che vi servirà sia per prendere appunti che per risolvere certi enigmi.
In attesa di recuperare il primo capitolo e aspettado il terzo, mi sono preso Pirati n°2, da giocarmi sotto l'ombrellone.
Nota sulla longevità: il libro ha un inizio e una fine, ma le strade per arrivare da A a B sono davvero molte, così come sono molti i bivi, e poi certi rompicapo vi terranno occupati un bel po', quindi non temete: non lo risolverete tutto in un paio d'ore (io avevo questo timore).

Il treno si ferma dall'altra parte del mondo.
Scendo. La stazione è uno struscio di trolley.
Altri tecnotossici. Tampinano le ragazze con la valigia. Le valigie inevitabilmente rallentano. Come i cuccioli il branco.
I lupi si fanno sotto.
Arriva la polizia del pensiero. Fende l'aria coi manganelli. I lupi si allontanano. Un po'.
Beccano me. Faccia sospetta. Ipertricosi da Lupo.
"Buongiorno. Mi favorisce i suoi documenti di viaggio?"
Intanto gli agnelli si dileguano.

mercoledì 1 luglio 2015

Tre campioni italiani di Carcassonne sulla graticola

….Dadonte Aleaghieri prosegue senza aggiungere altro e poco dopo vede giungere Carcassonne, il traghettatore dei dannati, che rema verso di loro a bordo di una tessera. E’ un meeple bianco, che grida minaccioso alle anime babbane di essere venuto a prenderle per portarle all'Inferno dei token…..

Carcassonne è Caronte, è traghettatore fra due mondi distinti, fra due liquidi che non si mescoleranno mai come acqua e olio.

Carcassonne è un gioco di transizione, un battesimo che lava i peccati originali di monopoli e risiko, e che segna definitivamente l’appartenenza alla Trinità dei giochi (Carcassonne, Catan, Tiket to Ride).
E’ un’icona, una pietra miliare, un titolo che ancora oggi, non sempre ma sovente, fa da gateway verso i giochi da tavolo moderni, ma che poi viene accantonato da quegli stessi giocatori che ne avevano tessuto le lodi, per le ultime novità.
Carcassonne sta nel mezzo: i nongiocatori solo monopoli e risiko in gioventù, non lo conoscono, mentre i giocatori moderni “ci hanno giocato all’inizio” ma ora giocano ad altro.
Non solo: Carcassonne in quanto introduttivo per eccellenza e classico dei classici viene anche snobbato e un po’ perculato, dai giocatori più navigati, che lo considerano superato.
Ma come, stai ancora a Carcassonne?

Avevo in testa qualche domanda ma mi serviva la persona giusta, qualcuno che Carcassonne lo masticasse sul serio, non un teorico dell’Ipad ma qualcuno con le dita ingiallite dalla cellulosa a furia di maneggiare tessere città e strada.
Per questa intervista tripla ho contattato Antonio Cataldo, Lorenzo Colasante e Fabrizio Nuzzaci.
Questi tre giocatori, dal 2006 a oggi, hanno vinto 8 Campionati Italiani, partecipato a quasi tutti i Campionati Mondiali con buoni piazzamenti, e sono punti di riferimento nel circuito nazionale italiano (Nuzzaci e Cataldo hanno collaborato per l’adeguamento delle regole del Campionato Italiano a quelle del Campionato Mondiale).

1°- Dado: cominciamo col mettere sul tavolo il curriculum: da quanti anni giochi a Carcassonne e cos’hai vinto (il tuo palmares in poche righe)
1- Cataldo: Gioco da una dozzina di anni, mese più, mese meno. 4 titoli italiani (un secondo e un terzo posto) e 4 piazzamenti onorevoli ai Mondiali.

1- Colasante: Ho conosciuto Carcassonne nel 2002, è un legame nato e cresciuto col tempo. Sono stato il campione nazionale per il biennio 2011-2012 (vittorie a Torino e Napoli); bellissime le esperienze ai mondiali di Essen.
1- Nuzzaci: Ho iniziato nel 2006, ma ho voluto competere per il nazionale solo dal 2008 (vincendo nel 2008 e 2009 e classificandomi, rispettivamente, 8° e 5° nel relativo Campionato Mondiale); 3° nel 2010 e 2011,2° nel 2012, 5° nel 2013, 11.mo nel 2014 (v. risposta al quesito n. 9) e 5° nel 2015.

2°-
Dado: uno scorcio sui campionati italiani: come ci si prepara a un evento del genere, quante partite e quanti avversari da ribaltare sul tavolo, per arrivare sul gradino più alto del podio?
2- Cataldo: Non ci si prepara. O almeno, non ci si prepara più. Parlo per me, e anche per gli altri, che immagino confermeranno. Si cerca di fare affidamento sulla capacità di mantenere alto il livello di concentrazione, che è cosa ancora più difficile che pescare una sequenza di tessere fortunata. Io e Fabrizio, nelle ultime due o tre edizioni dei campionati che abbiamo affrontato facendo la trasferta insieme, siamo stati soliti dedicare un paio di serate dove ci siamo strapazzati con una sequenza di una decina di partite consecutive, in modalità “didattica”. Ma non serve a granché, se non a ritrovare sensibilità e dimestichezza con il boardgame: dico questo perché sono solito giocare online, ma le dinamiche che si instaurano sono completamente differenti, cosi’ come è differente la prospettiva/visuale che si ha del gioco, la percezione dell’andamento della partita, l’assenza di interazione - anche e solo di silente pressione psicologica- che si dà ad un avversario in carne e ossa. Un gioco differente cui mi devo riabituare.
Tutto ciò’ serve per giocare un torneo a grande livello, ma non per salire sul gradino più alto del podio. Per quello serve una certa dose di fortuna e non perdere la lucidità dopo 5, 6 partite dietro le spalle, tutte, anche quelle giocate con avversari sulla carta più deboli, vissute con uno stato di tensione superiore alla norma.
2- Colasante: Ci sono due scuole di pensiero: quelli che fanno centinaia di partite nel mese precedente l’evento, e secondo me è un lavoro prettamente sulla fiducia e sicurezza personali più che sulla tecnica di gioco; e poi quelli che giocano molto meno, ma che tentano di focalizzare la propria condotta di gioco, cercando di migliorare soprattutto la capacità di analisi e conduzione di un game, e la varietà di gioco in un singolo incontro; ciò aiuta a non farsi condizionare e trascinare via esclusivamente dalla pesca delle tessere, ed io cerco di fare parte di quest’ultima scuola.
Sul Campionato c’è da dire invece che le capacità di gioco ormai si sono molto livellate, quindi per arrivare in fondo alle 8 partite la fortuna è un fattore determinante. 
2- Nuzzaci: Di fatto non mi alleno più, salvo qualche scaramuccia con Antonio subito prima della finale nazionale, per ritrovare la verve; di norma mi diverto più a reclutare nuovi adepti per “il lato oscuro di cc”.
Il background è costituito per lo più da oltre 6000 partite online, cercando sempre di affrontare avversari migliori, invece del primo che capita (e lasciando iniziare l’avversario, per dare a lui il vantaggio di una tessera).

3°- Dado: di norma i giocatori di giochi da tavolo sono piuttosto sportivi e corretti ma immagino anche che quando c’è in palio il titolo assoluto qualche furbetto del quartierino salti fuori. Faccio bene a pensar male o faccio peccato?  
3- Cataldo: Furbetti pochi. Spesso ci sono errori, ma per lo più compiuti in buona fede, data la stanchezza mentale nel giocare partite nelle quali ogni tessera pesa come un macigno. Meeple dimenticati sulla mappa, somme errate ci possono stare, cosi’ come ci sta che l’avversario non se ne avveda. Qualche aneddoto italiano ce l’avrei, ma preferisco glissare. A livello internazionale direi che la situazione si ripete: le barriere linguistiche riducono all’osso la comunicazione e si tende ad essere più cortesi e ben disposti che a casa propria. Io qualche problema con i giocatori cechi l’ho avuto. Da Matej Tabak, che ho la quasi certezza abbia contato male i punti per salvare (pareggio) una partita persa che gli consentì di andarsi a giocare l’accesso in semifinale al turno successivo, lasciando a me un desolante scontro che nulla poteva dare di più alla mia classifica (persi e arrivai ottavo), a Vaclav Regner, incontrato nel 2013. Due parole in più su questo incontro.
Le modalità di gioco al torneo sono molto rigide: c’è un orologio da scacchi, e una volta che si ferma il tempo, la mano passa all’avversario. La nostra era l’ultima partita, una partita che non poteva far altro che migliorare le nostre classifiche, senza però dare ad alcuno dei due speranza di entrare nel lotto dei quattro semifinalisti.
Regner gioca, ferma il tempo, e mentre io, con la mia tessera in mano sto già piazzando, fa cenno col dito di voler mettere il suo meeple al fine di attaccare una città potenzialmente ricca e cercare il pareggio.
Gli dico in inglese che “non ha il diritto di fare ciò’”.
Lui sorride.
Gli ripeto il messaggio.
Lui continua a sorridere.
Ribadisco con ampi gesti a pendolo del dito indice che le cose non vanno.
Lui sorride e allarga le braccia, quasi a significare che stiamo giocando per la gloria. Ecco, la gloria. Meglio un decimo che un ventesimo posto, no?
Il fair play dovrebbe consigliare di accordare la mossa all’avversario, il regolamento  no.
Davanti a tanta sfacciataggine, invece di prendere la saggia decisione di appellarmi all’arbitro, obtorto collo, tiro avanti certo di guadagnare sul “campo” la ragione. (Questi sono i casi in cui si perde di lucidità e si gioca male). Ma nonostante la massima attenzione prestata, le tessere girano malissimo: Regner non solo pareggia, ma va in vantaggio 3-2 e chiude una megalopoli da 44 punti. Dentro di me sono furibondo, lui sembra dispiaciuto o, quantomeno, fa la faccia da dispiaciuto. Lacrime da coccodrillo...anche per lui fair play avrebbe potuto significare non forzare la mano e accontentarsi di spartire la posta.
Stigmatizzo l’accaduto complimentandomi anzitempo per la sua vittoria, e sottolineando con un velenoso “you could be proud of yourself, now”. Da lì in poi continuerò a mantenere un atteggiamento di disgusto, giocando ogni tessera con sufficienza e distacco. Lui scuote la testa ogni volta che incrocia il mio sguardo odioso, oppure quando è costretto a segnare punti per sé, ampliando un divario che sta assumendo proporzioni bibliche (alla fine lo scarto sarebbe stato di circa 20 punti, la città è stata decisiva).
Finisce la partita, e si va alla conta dei punti. Regner mi invita a farlo insieme, io tengo le braccia conserte ribadendo il fatto che aveva già vinto diversi turni prima, e quale sia il punteggio è affare che non mi interessa. Inizia a togliere meeple dal piano di gioco, e a segnare i punti corrispondenti, ma ad un certo momento sbaglia clamorosamente nella valutazione dei contadini, non accorgendosi che si tratta di un unico dominio: prova a rimettere quelli già tolti nelle loro posizioni originali, e sottrarre i punti già computati, ma sbaglia di nuovo.
Io insorgo come un carbonaro della prima metà dell’ottocento, rammentandogli quali casini abbia fatto prima, e quali altri casini stia facendo ora, e tutto perché aveva voluto lo strappo alla regola. Lui, che l’inglese lo capiva, ma lo parlava poco, anzi quasi niente, prende il foglio del report, barra la casella dove doveva inserire il suo punteggio, firma e va via col report in mano.
Io rimango a braccia conserte fin quando uno degli arbitri/organizzatori, viene al tavolo per comprendere perché il report della partita, gli è stato consegnato senza una delle due firme, e perché manchi il punteggio.
Ecco, ho vinto a tavolino :)
3- Colasante: Carcassonne non offre molti margini per aggirare le regole: il momento dell’assegnazione dei punti è sacro, e in un torneo come quello nazionale si è ben attenti a coinvolgere l’avversario e a non fare errori banali. I partecipanti sono troppo bravi per permettere piazzamenti di tessere non congruenti con quelle circostanti, e se qualcuno dimentica un meeple già contato a terra, è solo dovuto a stanchezza e tensione. Passare da scorretti ai mondiali poi non potrebbe rappresentare onta peggiore, una macchia indelebile anche in patria.
3-
Nuzzaci: Ho poche certezze circa giocatori scorretti, forse perchè in genere ricorrono al barare per supplire all’incapacità di gioco (quindi si battono senza problemi).
In Italia, un unico episodio: all’ultima partita della fase “eliminatoria” della finale nazionale 2011, un giocatore mi propose di “pattare” la partita (lui è un giocatore di magic, ove è consentito concordare il risultato del game). Ho rifiutato l’accordo (pensando, “mi fai schifo”). Verso la fine della partita, ha provato a sostenere che avessimo saltato 1 sua pescata (e, quindi, prender 1 tessera in più): questione risolta contando le 4 o 5 tessere residue, tenendo presente a chi sarebbero toccate e chi avrebbe dovuto finire in base a chi aveva iniziato. Al termine della partita, ha provato confusamente a contestare il conteggio (non mi è, ne era, mai successo): anche qui siamo riusciti a superare la questione ricontando i punti dall’ultima mossa (perse di 1 o 2 punti). Fortunatamente questo “soggetto”, apparso solo nel nazionale 2011, non si è più visto.


4°- Dado: Okay, veniamo al bordo grasso della bistecca. Alea. La maledetta fottuta alea, quell’ultima tessera che può chiudere oppure no l’ultima grande città e decidere le sorti dell’intera partita per un giocatore o per l’altro.
Nel Carcassonne competitivo 1vs1, quanto pesa e incide l’alea?

Nel dettaglio: quanto pesa l’alea in un giocatore che ha vinto un campionato italiano? Il secondo classificato ai campionati italiani, la volta che voi siete arrivati primi, potrebbe sostenere di aver perso la finale “perchè ha girato male una tessera” ?
4- Cataldo: L’alea conta. Dalla prima partita del primo turno fino alla finale. Il cammino per la finale, quest’ultima inclusa, consiste di sette, otto partite nelle quali ci si può permettere di perderne una, ma solo nei primi cinque turni, e su un numero cosi’ elevato di partite, la tessera singola girata o non girata può capitare. Però nello specifico delle finali disputate (5), non ricordo di questioni eclatanti. A Carcassonne ogni tessera, in qualunque momento della partita è decisiva, perché cambierà lo sviluppo della mappa, e le strategie da impiegare per entrambi i giocatori. Ma a mia memoria non è mai accaduto che la sorte di una finale si sia giocata sull’ultima tessera, o coppie di tessere. Le finali vinte, tanto quanto quella persa quest’anno, erano segnate già da tempo.
4- Colasante: Come già detto, 8 partite contro degni avversari non si vincono solo grazie alla propria bravura: a pari livello di capacità, l’alea della pesca “accompagna” le partite, per me è un assunto fondamentale.
Ma è la consapevolezza di questo “ombelico di Carcassonne” a fare la differenza tra un campione e un “pescatore di tessere”, sapere gestire la fortuna e ancor più sapere analizzare in modo obiettivo le oscillazioni dell’alea durante TUTTA la partita, schivando lo stress da agonismo e gli shock post-traumatici da purga-da-ultima-tessera.
4- Nuzzaci: La fortuna altrui è frutto di un proprio errore, nella quasi totalità dei casi (99,99%). E’ errore anche solo piazzar male la prima tessera che peschi, tanto quanto il più palese lasciare 1 tessera all’avversario per completare un gioco.
Ma il “rosicone modello base” non va oltre l’errore palese e sbraita: “eh … ma c’era solo 1 tessera su 30 … come hai fatto a pescarla subito?”.
La mia timidissima spiegazione è: “mi hai lasciato la possibilità di pescare 1 tessera, hai giocato dando per scontato che non la possa prendere (non sarai mica tu che ti affidi alla fortuna?) e quindi perdi perchè non sai giocare”.
Nel 2008 e 2009 tutti i miei amici parlavano di fortuna, ma in realtà non si rendevano nemmeno conto del gioco che gli facevo e dove loro sbagliavano; poi si son adeguati.
Persi la finale nazionale del 2012 con Lorenzo, per aver mal giocato dopo aver iniziato bene; lui giocò molto bene sui campi, separati; nonostante ciò, nelle ultime 5 tessere residue avevo ancora una possibile sequenza di tessere per vincere: me la giocai, ma ebbi “sfortuna” ... :D


5- Dado: Esasperiamo il concetto in una partita immaginaria. Un giocatore scarso ma così fortunato da riuscire sempre a pescare la miglior tessera possibile in quel turno, contro un giocatore bravo ma così sfortunato da riuscire sempre a pescare la peggior tessera possibile in quel turno. Chi vince? 5- Cataldo: Senza esasperare il concetto, sono solito dire che io posso perdere da tutti, ma proprio tutti. E questo è accaduto, e continua ad accadere.
Però sono i grandi numeri che riportano tutto alla normalità. Rigiocando quella stessa partita altre nove volte, probabilmente il giocatore scarso non vincerebbe anche con la stessa sequenza. Aneddoti contro giocatori scarsi (a parte Fabrizio :D ) non ne ho, ma ricordo di essere stato lasciato a zero (0) punti fino all’ultima tessera da un giocatore tedesco, in realtà molto bravo.
5- Colasante: E’ la stessa partita immaginaria che si ripete ogni qualvolta vengo sconfitto! :-) A parte le battute, a Carcassonne è un caso ben poco raro, sono le classiche eccezioni che confermano la regola, ed infatti ogni sconfitta è un aneddoto e una sequenza di pescate e piazzamenti da riferire al proprio “muro del pianto”.
Il massimo sono quegli amici non-giocatori che a distanza di anni si beano ancora di quella vittoria casuale contro di te, di cui loro stessi non ricordano assolutamente nulla, ma avvenuta comunque contro il “campione” del loro immaginario babbano.
[Per rispondere a Fabrizio: da quando ti servono le strade per recuperare un paio di meeples, vinci senza solo se il tuo avversario non fa punti ;-)]
5- Nuzzaci: Vinco io: la fortuna non può in nessun modo influire su 72 tessere. Esiste solo il mio errore o quello altrui, nulla più.
Una volta, durante una partita di un torneo, Lorenzo commentò la mia fortuna con la frase “peschi solo strade” (!!). Io quasi mi misi a ridere: da quando in qua, pescare una serie ininterrotta di strade è fortuna? Il punto è come usi le tessere che peschi: vinsi la partita pescando strade a raffica: lui aveva città e monasteri; io curve ed incroci … per “fortuna” punti facili da chiudere ... ;)
. Online, vinsi un giocatore fortissimo (tale yzemaze), giocando quasi tutta la seconda parte della game senza omini: ti pare che vinci senza seguaci? Alla partita assisteva fardos10 (Pantelis Litsardopulos, attuale vicecampione mondiale ed ex allievo su www.brettspielwelt.de), il quale si stupì della mia vittoria finale.
Mi capitò una seconda volta con un altro mio allievo tedesco (di questa ho e ti invio lo screenshot).
Se è possibile “vincere senza seguaci” ... perchè discutere delle tessere che peschi? :D


6-
Dado: Come si sono evolute o come sono cambiate negli anni le strategie nel Carcassonne competitivo? Ci sono differenti “stili” di gioco oppure giocatori che hanno fatto scuola inventando qualcosa?
6-
Cataldo: Fabrizio continuerà ad autoproclamarsi “colui che ha inventato il gioco a bloccare”, cosa che è notoriamente un falso storico. Io, che sono stato un pioniere nell’affrontare Carcassonne online sulla piattaforma di Brettspielwelt, dove si trova il gotha mondiale, ho appreso ed importato le tecniche del gioco a contrasto, diffondendole nella cerchia ristretta che continua a dire la sua da dieci anni a questa parte. Fabrizio ha avuto il merito di aver estremizzato questa tecnica, sperimentando forme alternative di gioco, quali “congela tutti gli avversari prima della tessera numero x”, piuttosto che “fare meno punti possibile”. Ma in questo ci siamo dati una mano :)
6- Colasante: Anche su questa tema le scuole di pensiero si dividono tra coloro che giocano per far punti e coloro che giocano per non far fare punti all’avversario. E’ superlfuo indicare nella via di mezzo la migliore tecnica di Carcassonne agonistico, unito alla conta scientifica delle tessere uscite e nella gestione mnemonica di quelle ancora in gioco. Poi si può parlare di atteggiamenti o indoli durante un game: troviamo giocatori aggressivi che vogliono fare punti e contemporaneamente attaccano su tutti i fronti l’avversario, investendo tutti o quasi i meeples a disposizione, e quindi dovendo fare i conti anche con la gestione delle poche “risorse” rimaste in mano; oppure giocatori più conservativi, che vanno quasi esclusivamente sui punti sicuri e tendono a lasciare meno meeples possibili sulle tessere, sempre sotto la potenziale minaccia di ritorsioni e attacchi avversari.
6- Nuzzaci: Antonio è in errore sulla mia autoproclamazione, ma ha ragione sul merito che mi attribuisce (scusate, ho letto la risposta che aveva scritto): non ho inventato il gioco a bloccare, già si faceva.
Tuttavia nessuno giocava bloccando in modo persistente e continuo come faccio io: prima ti sfoltisco i seguaci, poi vinco la partita.
Uno dei metodi è cercar di far dipendere da una unica tessera 3 o 4 seguaci avversari: se l’altro ha fortuna”, potrà al massimo salvarne 1 e perderà gli altri.
In sostanza l’avversario deve come minimo aver timore di piazzare un seguace, così come quando gli gioco vicino o aggiungo una tessera al suo gioco: non gli regalo punti, voglio danneggiarlo.
La mia scuola di pensiero è che, per vincere, devi evitare che l’altro abbia più punti di te: quindi non cerco di far “tanti” punti per “sperare” di averne più di te alla fine, pensando per lo più al mio gioco; voglio esser “certo” che ne avrai di meno, avendo continuamente “cura” del tuo gioco.
Una “bella” partita, combattuta, spesso si vince con non più di 55-65 pt.
Antonio e Lorenzo son giocatori metodici, il cui pregio è nella valutazione completa di ogni aspetto della partita (ad es. contando i punti a terra, più di quanto faccia io), ma il cui difetto è (era) lasciare troppe opportunità all’altro.

7-
Dado: Carcassonne viene spesso messo nello stesso recinto a sbranarsi con Catan. Fra i due, voi su chi puntereste? In cosa uno è meglio dell’altro, e perchè TU non sei un pluricampione italiano di Catan invece che di Carcassonne?
7- Cataldo: Catan ha un dado. Il dado è una forma passiva di alea: un’alea che si subisce solamente. Una volta che il numero è estratto, si muove il brigante, e si distribuiscono le carte, e si prosegue. A Carcassonne anche la tessera più inutile, puo’ trasformarsi in una piattaforma di attacco per il turno successivo. Niente deve essere sprecato. Poi si’, ci sono le sequenze infinite, ma è come vincere a Catan puntando tutto su 2, 12 e il porto delle pecore.
E poi, last but not least, Catan è un gioco di diplomazia: si gioca in tre o quattro, ci sono schemi, alleanze nascoste, ci sono piani per tagliare fuori gli avversari, ci sono gli embargo, ci sono giocatori esperti che sanno fiutare la partita e giocano per ricostituire l’equilibrio e quelli meno esperti la cui condotta di gara è bovina e spesso manipolata dai più esperti. Nel 2003 o 2004 arrivai in semifinale al campionato nazionale e non mi qualificai per la miopia di uno degli altri tre, che aveva “deciso” che io fossi il più pericoloso, l’uomo da marcare. Vinse uno degli altri due.
Qualche anno dopo, a Settimo Torinese, dopo una lunga pausa disintossicante, rigiocai Coloni a margine della finale di un campionato nazionale di Carcassonne. Il torneo dava diritto alla selezione per gli Europei di Vienna, ma mi ritrovai ad uno dei due tavoli di finale con tre torinesi della stessa associazione ludica. Ti lascio immaginare l’esito della partita e ti rimbalzo la domanda sul perché uno poi va a giocare a Carcassonne. Almeno ci si rovina con le proprie mani.
7- Colasante: Sono giochi completamente diversi. Catan si gioca in 4, c’è interazione, kingmaking, agnelli contro lupi e polli contro avvoltoi, è un gioco di gestione e “ricostruzione” a ritroso della partita. Carcassonne è un gioco di sequenze e di previsione, di costruzione in avanti invece che indietro. In entrambi bisogna gestire la fortuna, dado o pesca che sia.
Nel 2005 sono stato vice-campione italiano di Coloni di Catan e partecipai anche al mondiale nello stesso anno, ho fatto diversi campionati italiani negli anni successivi, mi piace proprio perchè è un gioco completamente diverso rispetto a Carcassonne.
7-
Nuzzaci: Carcassonne mi piace perchè una partita non sarà mai - assolutamente mai - identica od anche solo simile alle altre; Coloni Di Catan, pur avendo anche esso una mappa componibile, non ha la stessa variabilità.
Carcassonne ha numerosissime espansioni, che arricchiscono e trasformano del tutto il gioco; Coloni ne ha solo un paio.
Carcassonne è fortuna free (salvo quel famoso 0,01% o poco più, per quella singola tessera che potresti davvero non capire a che serva … o dove sia!!); in Coloni, la fortuna va dal tiro del dado ai caratteri ed alle capacità dei giocatori che affronti.
Carcassonne, consente un gioco a contrasto totale anche contro 4 avversari: ad es. ho cercato di vincere bloccando 35 su 35 seguaci (5 giocatori) e ci son riuscito bloccandone 28 su 28 (4 giocatori) (miei inclusi per non far torti a nessuno); a Coloni, “il gioco a contrasto non paga!”

8- Dado: ancora sull’alea e sul 1vs1 (non se ne esce!). Credete che Carcassonne vada bene così o l’adozione ipotetica di qualche home rule capace di ridurre al micron la componente aleatoria potrebbe migliorare il gioco competitivo?
8- Cataldo: La decisione che gli organizzatori (tedeschi) del campionato mondiale abbiano deciso di passare all’assegnazione di quattro punti per le città formate da due tessere, e il conteggio multiplo delle città da parte dei contadini, mi lascia molto perplesso perché aumenta parecchio la componente fortuna rispetto alle regole standard utilizzate anche online, che a mio avviso sono le più equilibrate. Un correttivo potrebbe essere quello di rendere la tessera di partenza “attiva”, ovvero far sì che il primo giocatore piazzi su quella anziché pescare e piazzare. Giocare una tessera in più, con un calcolo fatto a spanne, vale almeno i quattro punti accordabili per una città da due tessere, ma può da sola valere l’intera partita nel momento in cui la disparità delle tessere in gioco (71) permette al primo giocatore di definire una strategia vincente a tre tessere dalla fine, quando, cioè, ha pescato la sua penultima tessera e conosce il contenuto delle due coperte ancora da giocare.
8- Colasante: Sicuramente la disparità delle tessere giocate pesa molto nella valutazione di questo tema: l’unica soluzione percorribile è quella di non far pescare al primo giocatore, che avrebbe a disposizione la tessera iniziale per piazzare, ma la cosa renderebbe assai omogeneo e ripetitivo l’andamento almeno della fase iniziale delle partite. A livello di competizioni, i giocatori apprezzerebbero senza dubbio le sfide al meglio di 3, che ridurebbero di molto le recriminazioni nei confronti dell’alea della pesca, ma a discapito dell’organizzazione e delle tempistiche dei tornei ufficiali
8- Nuzzaci: non parlerei di alea, ma di equilibrio di gioco. Queste le mie modifiche, se fossero adottate anche nel campionato mondiale: 1) nei tornei farei giocare il primo sulla prima tessera (quella inziale), per ridurre lo svantaggio del secondo (che gioca una tessera in meno); 2) ripristinerei la regola dei 2 pt per città composta da 2 tessere; 3) toglierei la regola del conteggio multiplo delle città, dai campi.
Per chiarire definitivamente ogni dubbio circa la fortuna, di norma invito (e son disponibile) a giocare 1vs1, con “36” tessere in mano: ci scegliamo le tessere ma poi, se perdi, pur conoscendo tutte quelle potevi usare, non potrai invocare la fortuna.

9-
Dado: Carcassonne competitivo. Italia vs Resto del Mondo. Ce la giochiamo o siamo indietro? Come si vince un mondiale, con un fuoriclasse solitario che nasce domani fa il vostro stesso percorso ma una volta ai mondiali vince, o ci va una “struttura” dietro, qualcosa di nuovo fra ludoteche, sponsor, società, Tane, gilde?
9- Cataldo: Eravamo piazzati bene. Quarti o quinti, nella classifica per nazioni, poi -purtroppo- l’ultimo mondiale è andato maluccio per noi, mentre le nazioni con cui ci scambiavamo le posizioni si sono rafforzate.
Io sono dell’idea che un mondiale si vince se si gioca tanto (ma tanto) con giocatori abili e spietati. E’ il caso dell’ex campione, attualmente vicecampione mondiale greco, che si è affacciato tardi al gioco ma che, infaustamente allenato anche da me, ma soprattutto da Fabrizio, ha trovato la giusta alchimia per competere ai massimi livelli e con un bagaglio di un paio di migliaia di partite con percentuali di vittoria bulgare è andato a vincere il Mondiale al suo esordio.
La struttura dietro è importante. Nel caso del greco, tutto il movimento ludico in Grecia è cresciuto (contando il numero di giocatori online) e fa sì che i singoli siano diventati competitivi e non ci sia il solo fuoriclasse.
Ma venendo ai casi nostri, il fatto che 10 campionati su 10 siano stati vinti da giocatori di Roma (che 8 siano ad appannaggio dei tre è elemento accidentale) è la riprova che da una buona palestra, e con buoni insegnanti, emergono buoni giocatori. Sui 30 podii disponibili ai Nazionali, 18 sono romani.
Quello che a me sembra mancare nelle “nuove” leve è la costanza e l’applicazione. Se non giochi almeno diverse centinaia di partite all’anno, lo scatto verso l’alto non ci sarà mai, e si rimarrà nel novero dei “buoni” giocatori, che magari in Italia riescono anche a mietere successi, ma poi prendono sonori ceffoni dai “professionisti” del gioco.
Carcassonne è un gioco a meccanica estremamente semplice: basta avere buona memoria per le tessere e una capacità di proiezione visiva e geometrica per giocare ad un livello decente. Il resto lo fa l’esperienza, ma senza quel migliaio e passa di partite sul curriculum, se si vince è più culo che bravura.
9- Colasante: L’espressione “fuoriclasse di Carcassonne” mi fa un po’ sorridere :-)
Ci vuole particolarmente culo, oggi. Qualche anno fa meno perchè il livello generale di gioco era più scarso, ma oggi il mondiale è pura e semplice lotteria, a parità di capacità ovviamente.
Sulla struttura non credo: il campione in carica Carlo Fumaroli è un giocatore nato sull’online, si è formato alla scuola internazionale e solo poco prima di vincere si è affacciato nel live e nel gruppo dei romani “conosciuti”. E’ anche vero che fare parte di un gruppo ludico fortissimo ti garantisce un’asticella di partenza molto più alta della norma: quando il Campione Italiano di Carcassonne sarà un non-romano, i giocatori di tutta Italia stapperanno, finalmente ;-)
9- Nuzzaci: per i primi anni, in Italia, vi erano pochissimi giocatori assidui e di livello abbondantemente superiore agli altri (nel 2006/2007 Antonio vinceva a mani basse; nel 2008-2010 io mi divertivo a qualificarmi in trasferta, fino a Torino, evitando in effetti una più difficile trafila da Roma).Nel 2009/2010, collaborando con Giancarlo Roberto, ho ristrutturato il nostro campionato nazionale affinchè la finale nazionale (ma anche le selezioni) fosse basata su partite 1vs1 (e non 3 o 4 per tavolo) e classifica gestita con una forma di svizzera semplificata; l’idea era di render i giocatori italiani più capaci di affrontare il torneo mondiale (ma anche per superare le critiche di aver vinto “fortunatamente” nel 2008 …). La Board Game League, intervenuta successivamente, ha cercato di mantenere questi standard, introducendo un proprio sistema, allontanandosene solo nel 2014 [fu sperimentata una finale nazionale con troppi partecipanti (37), distribuiti in due gironi da “19” e 18, non omogenei (io, Lorenzo e Antonio finimmo nel girone da 19, insieme ad altri molto forti, eliminandoci l’un l’altro a vantaggio dell’altro girone; Lorenzo vinse la prima partita a tavolino, per effetto del “girone nato dispari”): così nel mondiale 2014 abbiamo ottenuto solo un 32.mo posto].
Tuttavia molto ancora dipende dal singolo, da quanto e con chi gioca.
E sul singolo, nonostante gli sforzi degli amici di altre regioni, tutti i vincitori dei 10 campionati provengono dal medesimo gruppo (Associazione Ludica Il Gufo: pura alea ...).

10-
Dado: chiudiamo col Carcassonne più Family, quello fatto da partite di 4-5-6 giocatori con poco controllo e molto cazzeggio, e le ennemila espansioni di Carcassonne.
Cosa pensi di queste due facce di Carcassonne, quella più competitiva e quella più family? E a proposito delle 1000 espansioni: pensi che ci sia ancora spazio o bisogno di altre tessere nel mosaico? Che i giocatori continueranno a comprare espansioni ancora e ancora?
10- Cataldo: Per quanto mi riguarda, il giuoco con più giocatori o con le espansioni potrebbero chiamarlo anche con un altro nome, basta che non sia Carcassonne.
Le espansioni hanno avuto un senso, anche nella evoluzione del gioco o nella sua declinazione non competitiva, fino alla seconda. Da questa in poi, e con l’introduzione delle mini espansioni piuttosto che delle tessere speciali, è solo un tentativo goffo di rispolverare a livello commerciale un gioco che funziona bene nell’edizione base, ma per cui il mercato è saturo. Invece che ai milioni di pezzi, Hans im Gluck punta a qualche decina di migliaia di accoliti che collezionano espansioni, ma che probabilmente neanche le giocano. Il successo di Carcassonne è nella semplicità e rapidità di gioco, elementi che si perdono all’aumentare del volume di tessere in gioco e alla complessità che ciascuna espansione produce.
10- Colasante: Ritengo che le due facce siano complementari: il successo del Family, la voglia di appassionarsi comprando tutte le espansioni (ma chi le ha giocate davvero tutte?) ha permesso di formarsi quella galassia più o meno agonistica che a sua volta ha potuto far strutturare una torneistica a livello mondiale. La situazione di oggi secondo me cambia anche l’analisi iniziale di Carcassonne come titolo meramente introduttivo. Carcassonne ha delle nicchie ben definite, c’è chi passa oltre, c’è chi torna, ma dovremmo considerare anche una larga fetta di giocatori che piuttosto che variare o “evolvere” (su quali basi di giudizio poi non si sa) preferisce approfondire e discernere un gioco che sente suo, o della sua cerchia di giocatori.
10- Nuzzaci: Carcassonne “base” può offrire una bella sfida competitiva anche in 6: prova a controllare una partita a 6 giocatori, durante la quale hai solo 12 tessere da giocare. Però, almeno qui, direi che la fortuna incide molto (giochi 12 tessere su 72 … e se peschi solo strade … pure per me sarebbe difficile vincere!).
Circa le espansioni (che son ormai troppe), mi piacciono quelle che aggiungono nuovi “seguaci” e regole dipendenti dal piazzamento del “seguace”, non della sola tessera da parte di chi la gioca.
Ad es. le tessere principessa e passaggio magico, ma anche la tessera torre, sbilanciano troppo l’esito della partita senza che il giocatore che ne subisce gli effetti possa farci nulla; la tessera drago, invece,è apprezzabile perchè tutti partecipano a turno nel farlo muovere. No comment sulla catapulta (mi son rifiutato).


Addenda (Cataldo)
Io non sono d’accordo con la tua descrizione di Carcassonne come traghettatore di giochi, dai lidi del Risiko (e qui Lorenzo o mi da ragione, o si incazza, o entrambi) ai giochi dalle meccaniche complesse, e che viene abbandonato per questi ultimi.
E’ vero che la meccanica semplice favorisce l’approccio al gioco da parte di tanti, e che tanti poi si lascino affascinare dalle ambientazioni di altri giochi, o da meccaniche o forme di gioco più interazionale differenti, ma quella descrizione buttata così toglie molto della dignità del gioco stesso, che oltre ad essere uno degli Spiel premiati più longevo, è uno dei pochi per i quali si sia riuscito a realizzare a livello mondiale una struttura torneistica. I giochi a meccanica più complessa, diversamente, perdono smalto rapidamente.
Superato? Mai.
Riparliamone tra dieci anni, quando forse in Italia continueremo a giocare a giochi di cui conosco poco o niente a parte il nome, e per i quali (per sola volontà degli editori degli stessi) si organizzano tornei nazionali che non valgono una cippa di cazzo.
Continuiamo ad avere questo approccio nerd e provincialotto al gioco, e rimarremo nella nostra nicchia, a snobbare i titoli sempreverdi (Puerto Rico, per esempio?) per correre dietro alle sottane dell’ultimo grido, perdendo quindi anche quel potenziale che sarebbe fornito da coloro che, in luogo di eccellere in pochi, rodati titoli, vogliono a tutti i costi sperimentarsi mediocremente in qualsiasi vaccata venga pubblicata.
Carcassonne in parte soffre di ciò, ma il ruolo di colmare il gap che tu dici abbia, secondo me non lo ha più. Il neofita va diritto al gioco da meccanica complessa. In tanti passano da Taboo ad Agricola.
Nel frattempo all’estero continuano a fare campionati mondiali di Diplomacy, tanto per dire un titolo che si riteneva defunto: in Italia si contano poche decine di praticanti. Io sto partecipando ad un campionato mondiale (online) di Advanced Civilization, un altro splendido più che trentenne e (vista anche la complessità e la lunghezza del gioco) non riesco mai a trovare l’occasione per riunire una manciata di giocatori per giocarlo “live”.
Per concludere, a mio avviso, dei giochi premiati a livello internazionale (Spiel des Jahres), ivi inclusi i finalisti non vincitori negli ultimi 10 anni, forse solo 5 resisteranno nel tempo su una trentina di titoli differenti.

Addenda (Fabrizio)
Carcassonne è un gioco introduttivo, per chi si avvicina a giochi da tavola “diversi” (assolutamente diversi) rispetto ai classici Risiko e Monopoli, ma anche per chi non abbia mai giocato “da tavolo”; per i primi si può definire “traghettatore”.
Ma, come Antonio, non penso che possa definirsi “superato”: te lo conferma il numero di letture/download (v. su La Tana dei Goblin) ma anche il mercato.
Pubblicato nel 2000 (15 anni fa), è l’unico dei giochi da tavola c.d. “nuovi” il cui prezzo è aumentato rispetto alla data di sua pubblicazione (nel 2006 lo comprai ad €. 26; oggi il prezzo al pubblico è di €. 29).