La chiamata al cellulare mi aveva costretto a mollare panettone e albero di Natale, e a saltare in macchina. Ero entrato nel Pronto Soccorso dell'Ospedale Molinette alle 16.30, e mi ero messo ad aspettare accanto alla barella dove stava mio padre. Il tempo si era inceppato. Con l'arrivo della sera il corridoio davanti alla chirurgia d'emergenza si era trasformato nel solito girone dantesco di malati, feriti, supplizianti, prostitute, senza tetto e varie creature strisciate fuori dalle cripte. I dottori e gli infermieri che al sorteggio di quel turno avevano pescato il bastoncino più corto e per questo ancora tiravano cristi, sbracciavano e annaspavano per rimanere a galla fra emergenze di vari colori.
Le feste in ospedale avevano fragranze insolite. Non sapevano di zenzero, canditi, anice stellato e mandarino. Odoravano di piscio, merda, vestiti sudati, piedi sporchi, acetone e disinfettante.
Mio padre stava male come era stato molte altre volte. Ma ogni volta stava un po' peggio. E io non riuscivo a prepararmi a quel prevedibile finale di partita.
Aspettavamo in corridoio, scansando lettini e sedie a rotelle con la stecca della flebo.
Crescendo avevo imparato a rinchiudere i pensieri brutti nei cassetti. Non risolveva il problema, perché potevo solo stiparli per un po', ma era un modo per riprendere fiato. Decisi di concentrarmi su un pensiero felice.
Qualche sera prima avevo giocato a Terraforming Mars: The Dice Game, con i soliti bravi ragazzi.
Avevo comprato il gioco per un malinteso: il Vescovo mi aveva assicurato che era molto bello, salvo ritrattare nell'istante stesso che mi ero presentato a casa sua con la scatola sotto braccio: «Dado, io intendevo Terraforming Mars: Ares Expedition, questo coi dadi chi lo conosce?!»
E grazie al ca... Ares Expedition già lo possedevo!
Come succede sempre in questi casi avevamo ingaggiato un braccio di ferro fra «Ti sei espresso male» contro «No, sei tu che hai capito Roma per Toma», finché RedBairon come un antico Salomone, prima aveva proposto di mettere il gioco in mezzo a noi due e tirarlo per un braccio fino a strapparlo, e poi aveva sentenziato: «Oramai siamo qui e si gioca».
Il gioco, per 2-4 giocatori, di Jacob e Daniel Fryxelius, della durata di 45-60 minuti circa, ed edito da Ghenos Games, prevedeva due macro scelte: Produzione oppure Azioni.
Durante la fase di Produzione venivano rollati i dadi per generare risorse e pescate carte. Durante la fase Azioni, venivano spesi i dadi per metter le carte in gioco, trasformare risorse e terraformare.
L'obiettivo era quello di sempre: trasformare Marte per renderlo un luogo simile alla Terra, abitabile, in modo che un domani l'uomo potesse trasferirsi, prosciugarne tutte le risorse e portare anche lì le guerre, l'inquinamento, le bombe nucleari e quelle merde che parcheggiano nel posto dei disabili.
Era stata una bella serata. The Dice Game non era Ares Expedition, ma si era rivelato simpatico.
Ad un certo punto della serata il Vescovo aveva anche portato al tavolo un tetrapak di vino bianco da 3 libri, col rubinetto. Avevo ripiegato su altro ma il distributore di passato d'uva mi aveva messo allegria.
Il dottore del Pronto Soccorso, invece, mi disse che non c'era da stare allegri.
Mentre gli infermieri spogliavano mio padre e gli attaccavano vari tubi in ogni centimetro del corpo, pensai che avevo già visto quell'immagine altre volte, troppe volte nell'ultimo anno. Ma che faceva sempre male. Che non ci si poteva abituare a certe cose.
Il dottore del Pronto Soccorso mi prospettò due scelte. Toccava a me decidere. Erano entrambe pessime.
Glielo feci notare. Lui mi rispose che stava a me.
Pensai all'asino di Buridano, che indeciso fra due mucchi di fieno, incapace di prendere una decisione, si era lasciato morire di fame.
Io stavo in mezzo a due scelte orribili. E avevo l'onore della scelta. Sarei stato io quello a firmare, in un caso o nell'altro. Ci sarebbe stato il mio nome, sopra.
Ma non potevo non scegliere.
Firmai e ricoverarono mio padre.
Tornai a casa alle 04.00 del mattino.
Pensai che la volta che avevo fatto più tardi, giocando da tavolo con i miei amici, era stato con Patchistory.
Sorrisi.
Cerco di andare a trovare mio padre ogni giorno ma non sempre ci riesco perché la vita è complicata.
A volte lui sta meglio, a volte sta peggio, a volte mi telefona dieci volte nel cuore della notte, a volte...
Penso che non torneremo più indietro.
Che non sarà più come prima.
E che farà sempre più male.
Qualche giorno dopo dovevo mangiare da mia suocera. Se avessi ascoltato il mio cuore non sarei neanche uscito di casa. Francy mi aveva chiesto di sforzarmi, che mi avrebbe fatto bene, e di portare un giochino divertente da fare coi cognati. Mi sono portato dietro Tokyo Train.
Abbiamo giocato e ... ho riso.
C'era una voce nella mia testa che ripeteva: «Come puoi divertirti mentre tuo padre è in queste condizioni?» ma ho cercato di non darle retta.
Ho riso e per qualche minuto sono stato bene. Al pomeriggio ho scritto a Walter Obert, l'autore del gioco e l'ho ringraziato, perché quel suo giochino mi aveva fatto star bene. Stare bene per un po'.
I giochi sono anche questo. Pensieri felici. Piccole cose che aiutano a riprendere fiato.
Fra una visita e l'altra.
Quando la vita non va come avevamo previsto.
MagicMerchant.it
è un sito amico
sì, sponsorizza questo blog
ma è soprattutto un amico
Vorrei augurarti un anno migliore.
RispondiEliminaMa ho paura delle implicazioni.
Un abbraccio.
Grazie dell'abbraccio Kobayashi.
EliminaSempre un piacere risentirti.
Andrea
"Penso che non torneremo più indietro.
RispondiEliminaChe non sarà più come prima.
E che farà sempre più male."
Dettaglio piu', dettaglio meno, stiamo vivendo una situazione similare con mio padre. Si spera in miracoli per tutti.
Un abbraccio.
Come si dice: facciamo quello che possiamo, per i miracoli ci stiamo ancora attrezzando.
EliminaGrazie1000
In bocca al lupo per tuo padre.
Un abbraccio
Andrea
Ti leggo da tanti anni e non ti ho mai scritto, credo sia giunto il momento. Un abbraccio per questo momento così difficile.
RispondiEliminaGrazie per il tuo blog, Dado.
Grazie NeuroDave.
EliminaSe mi vedi in qualche evento ludico, fatti vivo.
Andrea
Non mi sento di augurarti nulla; solo un fortissimo abbraccio!
RispondiEliminaUn abbraccio anche da parte mia!
RispondiEliminaTullaris
Ciao Kukri. Stringiamo i denti come sempre.
EliminaGrazie della compagnia.
Ciao
Andrea
❤️
RispondiElimina❤️
EliminaUn abbraccio IMMENSO e... sì, i giochi hanno questo potere magico di darti la carica di un sorriso per affrontare la dura vita.
RispondiEliminaElena Infinite Jest
Ricambio l'abbraccio a te e ai tuoi cari, Elena.
EliminaCiao
Andrea