mercoledì 11 novembre 2020

Tu hai aperto la scatola. Tu hai chiamato. E noi siamo venuti.

Ero di nuovo io, per l'ennesima volta, circondato dai soliti bastardi senza alea, il Vikingo e RedBairon, sufficientemente armati con un bicchiere di grappa a testa, a questionare che il diavolo fa le scatole con i coperchi, perchè l'unboxing, il contratto capestro e caprino, di vendere l'anima al tavolo, ed edificare maestose cattedrali di librerie di scatole in minuscoli appartamenti, fin quasi a divorziare, deve essere un atto volontario: devi SCEGLIERE di giocare, di accumulare titoli per altre tre vite, si chiama libero arbitrio.
"Chiedete e vi sarà dado. Scoutate e troverete. Imbustate e vi sarà aperto".
dalla Nemesis, da Ezechiele 25 17, e dal Levitico del ferro vecio dela mecanica de precision.

La sera dei lunghi coltelli, quindi, si stava imbustati e sotto vuoto anche noi, fra una perla di saggezza e un commento memorabile, dietro mascherine chirurgiche protettive, per non rovinare i materiali e poterci rivendere un domani, usati sì ma perfettamente funzionanti, minimi segni di usura alla prostata, peli nelle orecchie rigorosamente originali e mai tagliati, per foto o info chiedete pure [non scambio].

Ci eravamo imposti di non parlare del gran bastardo, che come nei migliori film horror non era morto davvero, anche se ad agosto sembrava. A settembre il maniaco del sistema respiratorio aveva riaperto gli occhi e ci aveva afferrato la caviglia. Così era tornato redivivo, figlio del pipistrello come Dracula, più cattivo di prima, per completare il suo scellerato massacro.

Avevamo concordato di non parlare di lui, anzi, di parlare della concorrenza, dei suoi competitors, di fare un po' di pubblicità agli assassini quelli onesti, che non si nascondevano nei polmoni, che uccidevano sotto la doccia e non in un letto d'ospedale, e che soprattutto duravano solo un'ora e quaranta: il tempo di una pellicola.
Preparando La Casa per il massacro texano del giovedì sera, avevo messo nel frigorifero tre birre crude, e di sottofondo, sul 50 pollici amputati col trinciapollo, il blu-ray di Freddy contro Jason, un pot pourri di rasoiate di origine protetta e controllata da far resuscitare i morti, e sul tavolo Tales of Evil, l'ultimo gioco da tavolo di Antonio Ferrara, un'autorità italiana nel campo dei giochi horror, capace di inzuppare nel caffelatte del delirio ogni cosa, compresa la Pimpa e il trenino Thomas.

TALES OF EVIL
Il titolo del sanguinario Ferrara, che forse per una combinazione - ma non lo credevo davvero - portava lo stesso cognome del famoso regista Abel, che aveva esordito nel cinema con The Driller Killer ["storia di un pittore che impazzisce e inizia ad uccidere con un trapano alcuni barboni" da Wikipedia] era un cooperativo per 1-6 giocatori, con una durata di 60 minuti a capitolo, edito da Escape Studios.
La storia principale, ma la scatola ne conteneva altre tre, orbitava attorno all'avventura "Il Mistero della Burattinaia Demoniaca", titolo che sembrava uscito dalla serie Piccoli Brividi di Stine. I protagonisti, invece, gli adolescenti dei Pizza & Investigation, erano i perdenti dei Goonies, di IT e del sottosopra di Stranger Things.
Iniziammo a giocare.
Tales of Evil era un libro game travestito da gioco da tavolo: le azioni possibili erano circoscritte fra le pagine, e le imprese dei ragazzi che prendevano a fiondate i maniaci armati di piccone, e inciampavano le gambe del mostro appena prima della rampa di scale, per farlo ruzzolare di testa, erano mero pretesto per raccontare una bella storia horror della vecchia scuola.
Non rollavamo i dadi per sopravvivere, quindi, non pettinavamo i mannari mentre le mummie si fasciavano la testa ancora prima di, ma giocavamo per avere il pretesto di rivedere i cenobiti di PinHead, per far mangiare la pizza fritta con provola e ciccioli ai Gremlins all'una di notte, per riavvolgere le nostre VHS mentali delle notti horror degli anni '80.
Giocavamo, insomma, per cavar fuori i ricordi dalla formaldeide, per rivangare e trapassare il passato di pomodoro usato al posto del sangue.
Le citazioni in Tales of Evil erano abbondanti, copiose come Bad Taste e Splatters Gli Schizzacervelli, adeguate ai nostri appetiti da Mr Creosote.

Tales of Evil tirava un cordone ombelicale fra giocatori e personaggi, come nella Storia Infinita ma più grand guignolesco.
Era facile indentificarsi.
I ragazzini che penetravano nelle ville abbandonate per affrontare i Mostri, armati solo con una torcia e un Liquidator, eravamo noi, noi che scavalcavamo muretti irti di cocci di bottiglie solo per recuperare un pallone Super Tele, che costruivamo fortini e castelli nei cantieri, fra spuntoni e tondini di cemento armato, appena gli operai tornavano a casa, che avevamo strati di croste sulle ginocchia che si sovrapponevano come zolle tettoniche.

La scatola era zeppa di materiale: oltre 150 segnalini in cartoncino, più di 200 carte, 6 plance, 7 schede investigatore, 7 sagome investigatore, miniature varie, libri d'avventure, 1 clessidra, 1 costume di Ralph Super Maxi Eroe, 1 lenzuolo del set cinematografico di Suspiria, 1 ragazza cinese con gli occhi verdi, 1 bonsai appartenuto a Pat Morita.

Le azioni degli investigatori, degli imberbi membri dei Pizza & Investigations, riguardavano la capacità di scegliere, fra quanto chiesto dal libro della storia e dalle carte evento [comunque eventi infausti], muoversi, attaccare, eseguire un tiro caratteristica, usare un oggetto, eseguire un rito, ricercare, organizzarsi, vendere e comprare oggetti.
Le plance componevano un dungeon stile Le Case della Follia. I dadi conferivano un'incertezza di successo anche con vento a favore perfettamente tematica.

Giocammo. Immergendo le labbra nella grappa di moscato e la testa nelle pieghe della storia della Burattinaia Demoniaca.
Le cerniere e il velcro che spuntavano sui costumi a basso costo dei mostri erano rassicuranti. Anche i Notturni che si strappavano via la faccia in Cabal di Clive Barker, non facevano così paura.
Le macellerie mobili di mezzanotte erano una ninna nanna.
Nessuno avrebbe scritto all'amministratore per il fotocane che ululava la notte ad una falce di luna.

Ma il gran bastardo tornò presto.
Sapevamo di avere il tempo contato, nonostante ad agosto avessimo ben protetto i gomiti con le mascherine.
Che presto avremmo sprangato le porte per tenere fuori il cattivo quello vero.

E così venne il buio.

Il gran bastardo aveva svuotato le strade.
L'Italia era una cartina di regioni colorate dal giallo al rosso che sembrava un termometro per la febbre.

Ero di nuovo solo. In cucina. Con il lavandino  che gocciolava scandendo la mia insonnia.

Il tavolo era gelido. La grappa sapeva improvvisamente di disinfettante, dell'amuchina che mi strofinavo sulle mani.

Ma potevo completare Tales of Evil in solitaria. Il gioco lo prevedeva. Potevo finire la storia. Salvare il ragazzino rapito e tutto il club dei perdenti.
Potevo salvarli tutti, Clarice compresa.
Potevo salvare quegli innocenti.
Almeno nella finzione.
Almeno loro.
Non sentirli più urlare.



Trovate Tales of Evil e mannaie di tutte le misure
su Magic Merchant
che supporta questo blog

2 commenti:

  1. Cavoli Dado, mi sono proprio divertita a scovare tutte le citazioni con cui hai farcito questo post.
    Mi hai fatto anche venire voglia di rivedere i miei 3 Ferrara preferiti: The Addiction, L'angelo della vendetta e Fratelli.
    Elena P (Infinite Jest)

    RispondiElimina
  2. E si Dado, questo COVID ci ha proprio sfrangiato le gonadi! :-(

    RispondiElimina