sabato 21 novembre 2020

L'ultimo giocatore dell'umanità

Alcuni di noi se l'aspettavano, il gran casino. E quando aspetti tanto una cosa quella prima o poi arriva.

Quando avevo 11 anni mio padre mi iscrisse nei boy scout della parrocchia del nostro quartiere, con Don Stefano. Credo per non avermi fra i piedi durante i weekend, e perchè voleva che imparassi a cavarmela da solo, che aveva già deciso di lasciare me e mia madre.
Sono stato nel gruppo juniores degli esploratori della Chiesa di Nostra Signora della Salute per 4 anni. Ho perso la verginità in una tenda piantata al Colle del Colombardo, con una ragazzina di nome Teresa.

A memoria mia ho sempre avuto un piano. Credo che tutti ne abbiano uno in testa. Chi far soldi. Chi diventare un calciatore famoso. Chi sposare una gran figa di modella.
Il mio era arrivare pronto al gran casino.

A 24 anni ho cominciato a lavorare alla Ferrini Impianti. Giravo col furgone, tiravo cavi elettrici nelle aziende. Col primo stipendio mi sono iscritto a un corso di sopravvivenza. L'istruttore aveva 50 anni ed era un sentierologo. Neanche sapevo che esistesse come mestiere. Registrava i sentieri dei boschi e delle montagne sulle mappe, e se non c'erano li creava lui da zero. Lavorava per non so quale comune o proloco o assessorato al turismo del Piemonte. Scriveva minuscoli libricini sulle montagne, il genere di libricini che si trovano sul bancone dei centri informazione turistici, che tutti prendono e che poi nessuno legge.
Ricordo cosa mi disse una sera, accanto al fuoco, mentre l'acqua e un dado da cucina scaldavano in una gavetta ammaccata: "Magari non succede. Ma se succede è meglio essere pronti".
"Succede cosa?"
.
"Il Gran Casino
".
Così lo chiamava lui, ed è così che ho cominciato a chiamarlo anch'io.


Dopo il primo corso di sopravvivenza mi sono comprato un coltello a lama fissa della Morakniv per far legna, e un Victorinox col seghetto. Dopo il secondo corso, nel quale ho imparato le discese nei crepacci con le corde e i moschettoni, e il soccorso di persone in un fiume, immersi nell'acqua gelida fino al collo, ho fatto incetta di corde paracord, e mi sono comprato un tarp, che sarebbe un telo impermeabile, utile per ripararsi dalla pioggia o per dormirci sopra. Raccoglievo esche per il fuoco e le stipavo in scatolette chiuse con l'elastico: foglie secche, cotone, strisce di fatwood, pezzi di fungo fomes fomentarius essiccato.
Tenevo tutto dentro uno zaino tattico da 45 litri accanto al letto.
L'ho sempre tenuto pronto accanto al letto, lo zaino, anche quando mi sono sposato. A mia moglie non piaceva. Non le importava che stessi spesso via durante i weekend, fra le montagne, con la tenda, il sacco a pelo, la canna da pesca, le trappole per gli uccelli. Ma lo zaino accanto al letto matrimoniale non lo sopportava proprio.
Il giorno che è scoppiato il gran casino, lei era a casa con Petronela, la rumena che veniva a farci i lavori il giovedì. Non poteva saperlo, mia moglie, ma era successo un tafferuglio sull'autobus con un infetto, e Petronela era stata graffiata sul collo. Dovevano tirar giù le tende e lavare tutti i vetri delle camere, quel giorno. Quando sono tornato a casa, uscito dal lavoro, ascoltando all'autoradio tutte le aggressioni e le rivolte che stavano accadendo in Italia e nel mondo, appena entrato ho visto la scala rovesciata per terra e le tende appallottolate e sporche di sangue. C'erano le scarpe di Petronela, vicino al divano, metteva sempre le ciabatte, mentre faceva i lavori da noi. Mi hanno attaccato insieme, mia moglie e Petronela. Ho preso un coltello da cucina e ho fatto quello che dovevo fare.
Poi ho cercato lo zaino. Non era al suo posto, naturalmente, mia moglie l'aveva ritirato nell'armadio con l'anta scorrevole. Ho aggiunto acqua, cibo e un cambio di vestiti, cercando di non appesantirlo troppo.
Per qualche giorno sono rimasto a casa, preparandomi, seguendo i focolai alla televisione prima che saltasse per sempre il segnale. Poi sono uscito. Sapevo che prima o poi sarebbero arrivati gli sciacalli a saccheggiare gli appartamenti.


Nei film di zombie sono sempre tutti armati fino ai denti. Ma nella vita reale non è facile procurarsi un'arma da fuoco, a meno di svaligiare un'armeria, che però sono negozi corazzati proprio per non venir svaligiati, a meno di possedere un carro armato.
L'unica arma da fuoco che ho trovato è stata un fucile. Era nel mobile basso di una farmacia presa d'assalto. Gli scaffali erano tutti vuoti, ho trovato soltanto delle pastiglie di Borocillina per il mal di gola e della magnesia. C'era anche il colluttorio ma non l'ho preso.
Il fucile aveva un grosso lucchetto che ne bloccava il grilletto. Non c'era la chiave, ho controllato anche nelle tasche dei due farmacisti morti sul pavimento. Ho impiegato diverse ore per far saltare il lucchetto, col seghetto. C'era anche una scatola con 6 proiettili. Sono finiti in pochi giorni. Ho lanciato il fucile in un fiume.

Nei film i sopravvissuti ammazzano gli zombie decapitandoli con una katana o con una balestra.
Io uso una piccozza da alpinismo. L'ho presa da Decathlon. E' leggera, affilata, sembra fatta apposta per spaccare un cranio.

Ho imparato delle cose.
Che il freddo, intendo dormire all'aperto, senza un riparo, può debilitarti e farti ammalare, ed essere deboli non è una buona condizione se si vuole sopravvivere.
Che senza medicinali, senza elettricità, energia, gas, benzina, senza le fabbriche che producono, senza gli impianti di distribuzione, senza cibo pronto, le altre persone hanno cominciato a morire.


Sono stato con una donna. Il genere di donna che nella vita normale avrei chiamato "signora" perchè molto più grande di me. L'ho incontrata dietro il bancone di un ufficio postale con le vetrate in frantumi. Stava accanto ad un uomo con la pancia squarciata, vivo ma per ancora per poco. Lei mi teneva a distanza minacciandomi con una grossa pinzatrice in metallo sollevata sopra la testa. Lui mi ha detto di andarmene, che non era rimasto più niente da rubare. Gli ho lanciato una bustina di magnesia. "Serve per il bruciore di stomaco. Magari non funziona" gli ho detto indicando il suo addome. Se l'è sbriciolata in bocca.
Me ne sono andato. Dopo una decina di minuti lei mi ha raggiunto.
"E' morto" mi ha detto prima di chiedermi "Hai una casa?"
Ce l'avevo. Un appartamento che usavo come rifugio. Avevo murato la porta che dava sulle scale, si accedeva all'appartamento scavalcando dal balcone del vicino, ed entrando dalla porta-finestra.
"Non mi conosci neanche" le ho detto
"La bustina di magnesia. Nessuno regala più niente in questo mondo. E se resto qui sono comunque morta"
"Non sembri una destinata a sopravvivere. Sei magra, pulita, non hai uno straccio d'equipaggiamento, non hai cibo nè acqua"
Era una donna pratica. Ci siamo accordati su cosa potesse fare per sdebitarsi, e lei ha sempre rispettato i patti. Abbiamo vissuto insieme qualche mese.
Poi un giorno sono uscito in cerca di cibo e quando sono tornato l'appartamento era sottosopra e lei era sparita. C'erano delle strisce sul pavimento, ho immaginato l'avessero trascinata.

Ho girato da solo incontrando sempre meno gente e sempre meno zombie.
Finchè nel raggio di una decina di chilometri attorno a me, non c'era più nessuno.


Mi sono trasferito in questa casetta alla periferia di Torino.
Ci abitava una coppia senza figli, con due cani. I cani stavano nel giardino recintato. Quando i padroni sono morti i cani si sono sbranati a vicenda per la fame.
Ho cominciato a seminare la verdura, che poi raccolgo in barattoli che metto a bollire.

Manca l'elettricità, l'acqua non esce più dai rubinetti e i telefoni sono muti.
Il nuovo mondo è silenzioso.

Anni fa vidi un film. Si intitolava Io sono leggenda. Era abbastanza vicino a questa nuova realtà. A parte gli zombie, che si son fatti rari pure loro.

Nella soffitta ho trovato alcune cose. Vecchi giocattoli, alcuni romanzi classici come Moby Dick e Il circolo Pickwick, l'album di foto del matrimonio della coppia che c'era prima, una stampella medica, una bacchetta da prestigiatore che fa uscire una fiore di plastica.
E un gioco in scatola.
Sulla scatola c'è scritto SNOW TIME.

Non ho mai giocato ai giochi in scatola. Li ho sempre considerati una perdita di tempo.

Ho spostato il cancello e allargato il giardino. Difficile che qualcuno mi denunci per abusivismo edilizio.
Alcune piante sono molto produttive. Pomodori e cetrioli ad esempio non mancano. Altre piante invece stentano.

Stamattina ho preso la bici e ho girato per la città. Non ho visto nessuno. Nè vivi nè zombie.

Il silenzio rende il tempo più lungo. Quando piove il ticchettio delle gocce sul tetto e sul vetro delle finestre è il suono più dolce del mondo.

L'altra mattina un cane randagio è entrato nel mio cancello, poi mi ha visto ed è scappato. Aveva il pelo marrone, sporco, un bel tartufo di naso nero. Spero che torni.

Ho letto il regolamento di SNOW TIME. La partita dovrebbe durare 30 minuti. E' un gioco per 3-5 persone. Continuo a chiedermi con chi lo giocasse la coppia che viveva qui, che erano soltanto in due, magari ci giocavano con i vicini.

Sono entrato nella casetta dei vicini. Per la verità l'avevo già esplorata e preso quello che mi serviva. Ci viveva una coppia di anziani, lui sulla sedia a rotelle. Avevano anche montato un seggiolino elettrico con la slitta, per salire le scale al piano superiore.
Non ho trovato tracce di giochi da tavolo.

"Siamo di nuovo in quel periodo dell'anno. L'Antico Albero Sacro è ricoperto di enormi e deliziosi frutti. Ciascuno dei cinque villaggi circostanti ha inviato un campione per difendere il proprio onore e ottenere i preziosi frutti, ma questi combattenti si troveranno presto nel bel mezzo di un raccolto molto speciale... una battaglia di palle di neve senza esclusione di colpi. Combatterete per un posto sulla cima dell'albero, o giocherete d'astuzia per tentare di raccogliere la misteriosa energia che luccica tra le sue radici? Che lo spettacolo abbia inizio: è tempo di una spettacolare sfida tra la neve: è lo Snow Time!"



Si tratta di un gioco di carte. E' della casa editrice Asmodee. L'autore è Frank Meyer.
Ogni giocatore ha una mano di 10 carte: 7 numerate e 3 speciali.
Si fanno punti raccogliendo frutti sull'albero sacro, combattendo e scacciando gli avversari dai rami più bassi, e resistendo sul ramo più basso. Sul percorso punti ci sono delle aree che si attivano quando un giocatore vi arriva. Se un giocatore raggiunge un'area combattimento nello stesso turno in cui ha ingaggiato un combattimento, ottiene altri punti. Stessa cosa per i frutti e l'energia.
Le carte si riprendono in mano tramite la carta speciale Guaritore. La carta speciale Osservatore, che serve per scegliere una seconda carta durante il turno simultaneo, e la carta speciale Bufera, che distrugge tutte quelle degli avversari facendo guadagnare dei punti, si possono utilizzare una sola volta in partita. Ad ogni round si aggiungono frutti sull'albero lanciando i dadi. Giocatori sullo stesso ramo si scacciano a vicenda.

Ho provato a giocare a Snow Time, simulando altri due giocatori con i dadi e con il libro Moby Dick: aprendo pagine a caso, guardando i numeri e facendo giocare agli avversari le carte corrispondenti.

Mi sono ferito. E' successo mentre smontavo un mobile per farci legna per il fuoco [preferisco bruciare mobili che non servono rispetto a tagliare alberi che potrebbero essermi utili un domani].
C'era un chiodo sporgente e non l'ho visto. Mi ha bucato il palmo. Disinfetto ogni giorno.

Sono tornato in città a cercare dei farmaci e ho trovato uno zombie in mezzo alla strada. Aveva le scarpe ridotte a brandelli, probabilmente veniva da fuori, aveva camminato a lungo. Gli ho bloccato le braccia con uno pneumatico, l'ho legato a una corda e me lo sono portato a casa.
Gli ho tagliato le mani ed estratto tutti i denti. Lo tengo legato su una sedia, ho consumato 2 rotoli di nastro adesivo americano.
Se trovo un altro zombie posso giocare a Snow Time.

Ho girato la città in lungo in largo ma niente, sembra che siano spariti tutti. O forse ci sono ma si nascondono. Ho appeso un cartello a un semaforo  PER I SOPRAVVISSUTI: CIBO E POSTO SICURO IN CUI DORMIRE e ho lasciato l'indirizzo di casa.
Per attirare gli zombie, invece, ho attaccato al cancello una girandola segnavento legata a una campanella: col vento le pale in movimento colpiscono la campanella, facendola tintinnare. Spero funzioni.

Sono passati quattro giorni e non si è fatto vivo nessuno. Lo zombie legato alla sedia, che ho chiamato Cravatta, perchè appunto indossa una camicia e una cravatta, comincia a essere meno reattivo.

E' tornato il cane ma non sono riuscito a catturarlo. Ho preparato alcune trappole in giardino. Ma per ora è molto diffidente e non si avvicina nonostante il cibo. Potrei utilizzare lui come terzo giocatore, applicando qualche regoletta.


Mi sono tagliato il mignolo delle mano sinistra. E l'ho dato da mangiare a Cravatta, che si è un po' ripreso. Non c'erano grosse alternative, la carne in scatola non la mangia.
Sto prendendo antidolorifici e antibiotici. Disinfetto la ferita. Il buco sull'altra mano è guarito.

Sono tornato in città. Ho controllato il cartello. Era ancora al suo posto.

E' passata una settimana e il cane non si è più visto, comincio a pensare che sia morto.
Anche Cravatta si sta nuovamente spegnendo. Vorrei tagliarmi una fettina di carne e dargliela ma la ferita al dito non si è ancora chiusa e non vorrei rischiare infezioni [oltre al fatto che devo trovare altri farmaci, e i farmaci non sono come il cibo, non posso coltivarli].

Il cane è morto. Oramai ne sono sicuro. Ho lasciato delle scatolette di carne aperte, fuori dal cancello, ma hanno attirato solo corvi e formiche.

Mi sono tagliato una fettina di carne dalla coscia. Cravatta ha mangiato ma dopo due giorni era di nuovo debole. Dovrei dargliene di più, lo so, ma non è facile.
Ho preso solo gli antibiotici, per il dolore cerco di resistere per risparmiarmi i farmaci.

Sto continuando a perlustrare la città, allargando il mio giro alla prima e seconda cintura. Ho appeso cartelli ovunque. Lascio la porta di casa aperta.
Mi manca il terzo giocatore per SNOW TIME.
Intanto ho pensato alle strategie. Mi faccio le partite in testa. Immagino cosa giocheranno loro, e come risponderò io, quali carte metter giù. Quando arriverà il terzo al tavolo, finalmente, quando giocheremo, sarò già un giocatore provetto.

Devo allontanarmi di più, cercare il terzo giocatore. E tenere in vita Cravatta.


Trovate Snow Time
all'avamposto dei sopravvissuti
di Magic Merchant

7 commenti:

  1. Hai ragione Dado, "Tu sei Leggenda"

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  2. Sono quei particolari timidi, quasi lasciati cadere per caso, a dare cifra sitlistica al pezzo. Come il collutorio.

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  3. Mi ricordo di te, alla ditta di impianti. Eri giovane ma volenteroso.

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  4. Ridammi il mio zombie. Cravatta inclusa!

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  5. Mi sa che oltre a Deserto Rosso Sangue devi esserti ispirato anche a La nuit a dévoré le monde: se invece non l'hai visto, complimenti, avresti potuto inventarne la trama!
    Elena P (Infinite Jest)

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  6. Pezzo TOP! Gli zombie che muoiono lentamente non sono una cosa banale.
    Ma non lascerei il cartello per avvisare i sopravvissuti. TWD insegna

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