lunedì 28 settembre 2020

Il primo passo

La notizia della scomparsa di C. arriva via mail. Devo rileggere più volte per mettere a fuoco. Controllo nome, cognome, cerco su internet. Cristo santo no, no, no! penso mentre le mie mani scolpiscono il suo nome sulla tastiera.
E invece sì. E' lei.

"E' incredibile quante persone si perdono quando smetti di fare il primo passo".

Questa è l'ultima cosa che scrive su facebook.

Sotto la sua foto profilo: decine di commenti. Vorrei scrivere due parole anch'io. Vorrei raccontare a tutti che mi ha aiutato. E l'ha fatto quando ero un perfetto estraneo.
E questo probabilmente fa la differenza fra lei e il 99% del resto del mondo.
Aiutare gli amici e le persone a cui vuoi bene è abbastanza semplice. Sono buoni tutti.
Lei mi hai aiutato quando ero solo uno dei tanti in fila davanti alla sua porta.
Mi mancherà.

Il weekend nel bosco con lo strizzacervelli arriva al momento giusto, a levarmi un po' di brutti pensieri dalla testa.
Decidiamo di festeggiare i 40 anni della nostra amicizia passando due giorni [e una notte] nei boschi, iscrivendoci ad un corso di sopravvivenza.
Non ce lo diciamo apertamente ma c'è qualcosa di profondamente simbolico nel voler passare due giorni così, sopravvivendo, qualcosa che ha il sapore dei calci in culo delle scuole medie in Via Artom.

I due giorni si rivelano più duri del previsto. A fine settembre la temperatura si è abbassata, siamo vicini a un fiume che ricopre di muschio tutti gli alberi, il bosco è molto umido e accendere un fuoco con le scintille di un acciarino tutt'altro che semplice [ma ce la facciamo!].
La notte è terribile, soprattutto per il freddo.
Dormiamo su un telo di plastica, coperti da un altro telo che fa da tetto. Il bosco di notte è completamente buio, così buio che non vedo neanche lo Strizza, sdraiato accanto. Quando verso le due accendo la torcia per infilarmi un secondo paio di calzini che ho i piedi ghiacciati, trovo un tagliaforbice nero, delle dimensioni di un dito, che si sta arrampicando sul mio sacco a pelo. Lo ammazzo con lo scarpone [con una decina di colpi di scarpone]. Lo so, Carla non approverebbe. Ma è stato un brutto risveglio, credetemi.
Delle mille cose che abbiamo fatto, compresi ponti tibetani vari, la discesa nel crepaccio imbragati con le corde, il primo soccorso, e le barelle costruite coi tronchi, credo che 3 o 4 rimarranno scolpite per sempre nella mia memoria.
La notte al freddo, naturalmente, con l'alba che non arrivava mai, indimenticabile. Quando le guide ci hanno lasciati soli e lo strizzacervelli ha sfrondato mezzo bosco a colpi di machete per preparare i letti, mentre io cercavo disperatamente di accendere il fuoco grattando scintille su legnetti umidi prima che facesse buio. E quando finito di cenare, lo Strizza con una scatola di fagioli e io con una scatoletta di Simmenthal, abbiamo preparato il caffè sul fuoco nelle lattine vuote [sporche, perchè l'acqua andava razionata]. Quel caffè solubile con le briciole di carne che galleggiavano sopra, ecco, credo che me lo ricorderò sempre. Giuro che era buono.

La lattina di Simmenthal l'ho conservata.
La userò come porta matite sulla scrivania in ufficio.
Rientriamo. Ci fermiamo sotto casa mia. Ci passiamo gli zaini con i tappetini arrotolati da un bagagliaio all'altro.
"Ciao Ste"
"Ciao Andre"

Negli anni ci siamo mandati a quel paese più volte, naturalmente. E siamo molto diversi, io e lui, ecco, prendi i giochi da tavolo, lui manco se glieli regalo ci gioca.
Ma non abbiamo mai mollato.
Uno dei due ha sempre fatto il primo passo.

Hai sempre avuto ragione, C.

Little Towns
Piazzamento tessere e lavoratori di taglio family-introduttivo, per 2-4 giocatori, di Shun e Aya Taguchi, 30-60 minuti di durata, edito in Italia da Mancalamaro.
Scopo del gioco: raccogliere risorse, piazzando lavoratori sulla mappa, costruire edifici e combinarne gli effetti per ottenere più punti vittoria degli avversari [arrotondando il gruzzolo con gli obiettivi personali di inizio partita]
Le risorse sono di quattro tipi: pietre, legno, pesce, grano, e una volta acquisite consentono di costruire le 29 tessere edificio. Gli edifici hanno un valore di punti vittoria, ed effetti da combinare per ottenere altri punti [ad esempio: ottieni 2 monete -> converti 2 monete in 2 pietre -> trasformi 2 pietre in 5 punti vittoria].
Alla fine di ogni turno bisogna pagare il mantenimento dei propri lavoratori [attraverso le risorse pesce].

Little Town è un piccolo gestionale che però ha tutto, come quei camper che in pochi metri cubi riescono a far stare un intero appartamento, bagno e cucina compresi.
Ha la raccolta e la gestione delle risorse [con conversioni varie], spazi esclusivi per il piazzamento dei lavoratori, la costruzione degli edifici, la possibilità di utilizzare non solo i propri edifici ma anche quelli degli avversari attraverso il pagamento in monete, gli effetti degli edifici che si incastrano in combo micidiali, la spada di damocle del mantenimento dei lavoratori, gli obiettivi personali diversi da giocatore a giocatore, e la coperta corta dei 4 turni.
Il tutto: in un regolamento che si spiega in pochi minuti.

La prima parola che mi viene in mente è: intuitivo. Ogni cosa scorre in Little Town in maniera fluida, naturale, senza forzature.
Pur nella sua semplicità il gioco ha tuttavia una buona profondità: bisogna cercare di accaparrarsi gli edifici migliori, costruire e innescare combo, e bloccare quelle degli avversari.
Il tempo rema contro, si gioca su pochi turni, e il dazio del mantenimento dei lavoratori costringe a giocare concentrati.
La mappa in 2 è un po' larga: Little Town dà in suo meglio in 3-4.
Un bel giochillo davvero.

Torno alla mia vita. A mia moglie e mia figlia [che mi accolgono in casa con un percorso guidato verso la vasca da bagno: "Butta tutto lì dentro, vestiti, zaino, scarpe, tutto, che non escano insetti per casa, facciamo bollire tutto a 90 gradi"] ai computer con i quali pago le bollette, e alle notti seduto davanti al portatile a scrivere di giochi da tavolo.

Vorremmo sempre che tutto fosse perfetto.
Ma non lo è mai. Di qui, forse, parte un po' della nostra l'infelicità. Il non saper star bene anche nell'imperfezione quotidiana, nei rapporti aggiustati, nelle giornate storte raddrizzate ingoiando qualche rospo.
Non serve una tazzina di ceramica per bere un caffè.
Quando hai freddo e poca acqua, puoi usare anche la lattina sporca di una simmenthal.
E persino riderne, se sei col tuo migliore amico.

Mi mancherà C.
Non era proprio mia amica. Lo siamo diventati, un poco, quando sono andato a chiederle aiuto.
Era una donna sfuggente, attenta al prossimo, alle persone sofferenti, alle ingiustizie.
Non riesco a ricordare l'ultima volta che l'ho vista, non riesco a ricordare di cosa abbiamo parlato.
So solo che il mondo è diventato un po' più povero.

Trovate Little Town
su Magic Merchant
che sostiene questo blog

5 commenti:

  1. Grazie Andrea dei momenti che condividi con noi, un abbraccio.

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  2. "Vorremmo sempre che tutto fosse perfetto. Ma non lo è mai. Di qui, forse, parte un po' della nostra l'infelicità."
    Senza forse.
    Quanto bella è la noia: un lusso di cui percepisci il valore solo dopo aver perso il privilegio di provarla.

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  3. Dado, grazie mille davvero, per le parole inziali, quelle finali e il prezioso giochillo in mezzo.

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  4. Mi dispiace per la tua perdita; doveva essere veramente una persona davvero speciale.
    "... Vorrei raccontare a tutti che mi ha aiutato. E l'ha fatto quando ero un perfetto estraneo.
    E questo probabilmente fa la differenza fra lei e il 99% del resto del mondo.
    Aiutare gli amici e le persone a cui vuoi bene è abbastanza semplice. Sono buoni tutti" Non è vero, non sono "Buoni Tutti", non te lo aspettare, non darlo mai per scontato. :-(

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  5. "Nessun uomo è un’isola, completo in se stesso; ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto. Se anche solo una zolla venisse lavata via dal mare, l’Europa ne sarebbe diminuita, come se le mancasse un promontorio, come se venisse a mancare una dimora di amici tuoi, o la tua stessa casa. La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce, perché io sono parte dell’umanità. E dunque non chiedere mai per chi suona la campana: suona per te". (John Donne)

    Grazie per aver condiviso il ricordo di C. e l'esperienza estrema nel bosco.
    Elena P (Infinite Jest)

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