lunedì 16 maggio 2022

Invece di portare rancore, portate biscotti

La questione era molto semplice. Lo zio Giovanni, zio che per me era stato come un padre, e che negli anni '70 si era girato tutto il nord Italia con un furgone Fiat 238 per vendere vestiti eleganti da uomo e da donna, e che a metà degli anni '80 aveva aperto non uno ma ben due negozi, uno dei quali nella rinomata Via Garibaldi, era infine morto. Per usare le stesse parole del notaio di famiglia: "Si era spento nel sonno senza soffrire per andare in posto migliore" e aveva lasciato a noi congiunti una discreta fortuna.
"Più che discreta" aveva commentato il notaio, leggendo nei nostri occhi più cupidigia che dolore per la tragica scomparsa.
Ci eravamo quindi ritrovati, noi eredi, nella casa in campagna dello zio, per prendere un tè e discutere della ripartizione dell'eredità, ripartizione che sembrava così complicata visto il cospicuo numero di case, proprietà, terreni da frutta, due ville: una grande e una piccola, una scuderia di cavalli, e persino l'immenso bosco nel quale lo zio era solito andare a caccia di pernici e altra selvaggina.

Ritrovandomi un giorno nella dispensa, per riempire fino all'orlo la zuccheriera di zollette per il consueto tè delle cinque, non avevo potuto non notare le scatole di veleno per topi sulla mensola, e avevo ricordato le parole della mia insegnante di matematica delle medie: "Semplificazione, Andrea. Quando in una suddivisione, in un frazionamento, hai a che fare con  calcoli complessi, semplifica sempre, appena ne hai l'occasione".

Ma non dovevo essere stato il solo ad avere avuto quell'idea. C'era stato, il giorno designato, fra i parenti serpenti, un continuo allontanarsi a più riprese dal tavolo del tè accampando scuse a dir poco risibili, come la volontà di recuperare dalla dispensa e porre in mezzo a noi un certo portacenere di cristallo a cui lo zio era tanto affezionato, o controllare lo stato della madre dell'aceto nella botte in fondo alla cantina, o cambiare un piattino di ceramica perchè sbeccato.
Era stato facile quindi intuire che altri avessero ricordato l'anno, non troppo distante, in cui le riserve di sacchi di grano, nel magazzino della tenuta, avevano attirato numerosi topi, e che lo zio aveva dovuto comprare dal droghiere alcune scatole di un potente topicida.
Lo zio si era raccomandato soprattutto di tenere lontani in bambini, perchè quel veleno non soltanto era letale, ma anche zuccherino: aveva un buon sapore, dolce sul palato, e faceva effetto all'improvviso soltanto quando la dose assunta era in grado di fermare il cuore.

Ogni congiunto, quindi, stava con la sua tazza di tè nero, una pregiata varietà dello Sri Lanka di colorazione fra l'ambra e il rosso, e un cucchiaino d'argento del servizio buono e tre zollette di zucchero.
I biscotti ancora caldi stavano al centro del tavolo.
"La cara Ines è stata tutta la mattina ad impastare" aveva commentato Davide, un cugino che negli anni 90 aveva gettato la pietra dello scandalo sulla famiglia per alcune sue frequentazioni maschili, e che poi aveva cercato di mettere maldestramente una pezza con un matrimonio di facciata.
"Ines e le sue sante mani" aveva sospirato Annalisa, la giovane nuora, che negli ultimi anni, ogni volta che sospingeva lo zio Giovanni sulla sua sedia a rotella, trovava sempre il modo di schiacciargli le grosse mammelle sulle spalle.

"La famiglia è sempre la famiglia" aveva sentenziato il genero Enrico, che per ingraziarsi lo zio aveva persino chiamato i propri figli: Giovannino, Giovanna e PierGiovanni.

Il copione era facile da immaginarsi. Molte mani si erano allungate di nascosto sulle scatole di topicida, e avevano spolverato a mo'di zucchero a velo le teglie di biscotti che aveva preparato Ines, la governante della villa.
Ogni invitato, senza sapere che altri avevano avuto la medesima idea, si era preoccupato di lasciar senza veleno UNA varietà di biscotti, fossero maedeleine, danesi, digestive, per poter mangiare senza destare sospetti.

Il primo a crollare a faccia in giù fu proprio Enrico, al terzo mustazzolo.
Non fece in tempo a finire la frase: "Ottimi questi bisco" che la sua fronte cozzò sul tavolino in radica, facendo balzare in aria come tante ballerine i cucchiaini del servizio buono.
A parte un "Forse ha avuto un colpo di sonno", nessuno fiatò e tutti i giuda continuarono a inzuppare i propri biscotti.

Giambattista, il primo genito e secondo molti il preferito, dopo un valzer per la stanza con occhi fuori dalle orbite, aveva provato ad aggrapparsi a una pernice imbalsamata al muro. Era morto stringendo il volatile, proprio lui che aborriva la caccia.

Caddero uno dopo l'altro, persino Annalisa, il cui vestito troppo succinto non riuscì a trattenere le grazie. Morì con un frollino in mezzo ai prosperosi seni.

Finchè attorno a quel tavolo non ci fu più nessuno.
Credo sia il momento di dirvi quanti anni avevo quando accadde tutto questo.
Avevo 13 anni.
Ines, la governante di famiglia, era mia madre, e... beh, credo di avervi detto fin da subito che per me lo zio Giovanni era come un padre.
Fin dal giorno della mia nascita, taciuta al resto della famiglia, io gironzolavo per casa e mi occupavo di piccole faccende, come dar da mangiare ai cani, svuotare il portacenere sulla scrivania o caricare di zollette la zuccheriera.

Alla morte di tutti gli eredi per avvelenamento, mia madre consegnò al notaio un documento, fino a quel momento conservato in un cassetto nascosto, nel quale il defunto raccontava della relazione amorosa e si assumeva l'onere della mia paternità. Come figlio avevo naturalmente diritto alla mia fetta.

Se vi state chiedendo se fui materialmente io ad avvelenare tutti i biscotti, la risposta è no.
Fecero tutto gli altri eredi, da soli.
Il mio unico mio peccato, se vogliamo, fu solo quello di mostrare al parentado il gioco TEA, SCONES AND ARSENIC [della Oliphante]. Spiegai loro per filo e per segno che il tema del gioco era proprio una ricca eredità e gli eredi che si eliminavano mangiando biscotti avvelenati per non dividere con gli altri.
Sono sicuro di avervi anche detto che la semplificazione fu un suggerimento della mia insegnante delle medie, e io infatti ero solo un ragazzino delle medie con una gran passione per i giochi da tavolo.

Trovate Tea, Scones and Arsenic
su MagicMerchant.it
che sostiene questo blog

8 commenti:

  1. E aspettiamo soltanto il prossimo articolo ;)

    RispondiElimina
  2. Mettiamola così: non mi ha fatto impazzire...

    RispondiElimina
  3. Dado, grande Dado, maestro Dado; quando ci parli di Gloomhaven? Io aspetto fervidamente le tue impressioni perchè stà facendo scalpore...
    Continuo ad aspettare.
    Pietro

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Piero. Potrebbe scriverti qualcosa il Vikingo che l'ha consumato in tutti i modi possibili quel gioco. Io l'ho provato solo 2 volte [pur ricchissimo di roba non è il mio genere]
      Ciao e stammi bene.
      Andrea

      Elimina
    2. Gloomhaven è un gioco pazzesco, al punto che, nonostante il suo peso e la sua mole, sono riuscito ad intavolarlo più del “mazzo di carte napoletane”! Con questo record si è guadagnato il primo posto assoluto fra i miei giochi. Cercate il gruppo giusto e vedrete che non riuscirete a staccarvi da quella scatola.

      Viking

      Elimina