venerdì 27 marzo 2020

Ho deciso di uccidere Giulia

Ho deciso di uccidere Giulia. Non fate caso all'immagine qui accanto, non userò un coltello, mica sono un mostro. Non sono neanche un santo, ma con quello ci faccio i conti tutti i giorni, quando sento mia moglie e mia figlia al telefono. Sono solo uno che pensava di spassarsela nel weekend con una donna conosciuta su Facebook.

Non sto cercando giustificazioni, racconto solo quello che è successo.
Non era la prima volta, con Giulia abbiamo provato diversi letti, di solito lei prenotava un appartamento e io inventavo una scusa di lavoro per star fuori.
Giulia ha le accortezze classiche dell'amante: è sempre truccata e vestita in modo perfetto, indossa le autoreggenti, e manda sul telefono quel genere di messaggini che piacciono a noi uomini. E mia moglie è la classica donna dopo 15 anni di matrimonio, 20 di lavoro e una figlia da tirar su: stanca di svegliarsi tutte le mattine alle 6.00, che si trucca e si veste bene solo per andare a lavoro, e in casa si lega i capelli col mollettone e sta con la tuta.
Ripeto: non sto cercando attenuanti, voglio solo che capiate com'è andata.
Quel giorno Giulia mi ha mandato un messaggio. Conteneva anche una foto. Di lei. Potete immaginare il genere di foto, vi posso dire che era molto creativa.
E io ho trovato una scusa con mia moglie, ho preso la borsa col computer portatile del lavoro, e il trolley con un paio di camicie, spazzolino, dentifricio, deodorante. Nel trolley ho nascosto anche un blister di viagra. Non ho quel tipo di problemi, molti altri uomini prendono il viagra per dare il massimo in una determinata serata, per divertirsi di più, probabilmente lo fate anche voi ma non lo dite.
Ho messo nel trolley anche un gioco di carte. In ufficio, con Paola C. delle risorse umane, organizzo lavori di gruppo con i white collar, giochi cooperativi, progetti che rafforzano il concetto di team. Contavo di preparare il materiale didattico il mattino seguente, durante la colazione, mentre Giulia faceva la doccia.
La sera abbiamo cenato fuori e quando siamo tornati a casa abbiamo fatto l'amore, tre volte. Poi la notte ci siamo svegliati e l'abbiamo fatto ancora. Non male per un quarantasettenne.
L'ultima volta che ho controllato il cellulare andava tutto bene, o quasi, insomma, c'erano già state delle avvisaglie ma come tutti pensavo fosse solo un'influenza.
Poi la notte è scattata la zona rossa, non ci si poteva più muovere, non si poteva più tornare nelle proprie città.
E io sono rimasto bloccato in quell'appartamento in affitto con Giulia.
Abbiamo riempito il frigo facendo la spesa online con la mia carta di credito.
L'appartamento aveva il wifi e io riuscivo a lavorare e a sentire mia moglie e mia figlia con la webcam del portatile. Ho dovuto raccontare altre bugie a mia moglie. Le bugie sono come le sigarette: se cominci poi non riesci a fumarne solo una o due al giorno.
Giulia si è messa in mutua o in cassa integrazione, non lo so di preciso, ma non lavorava, stava solo sul divano a guardare la televisione e a scrivere sul cellulare.

I primi giorni è stata una specie di vacanza. Con Giulia facevamo l'amore tutti i giorni, mi capitava di stare in videoconferenza con i colleghi di lavoro a condividere file Excel, e cinque minuti dopo ero sopra di lei, senza neanche togliermi la camicia Ralph Lauren, con i bottoni che le graffiavano la schiena nuda.
Poi le cose sono andate come vanno sempre in questi casi. Abbiamo cominciato a litigare per le piccole cose, a far di meno l'amore, a rinfacciarci cose stupide, a scoprire piccole bugie che aveva raccontato l'uno all'altro.
E' incredibile come vanno veloci queste cose.
Gli amanti sono come Venezia: splendida ma non per viverci.

Non avevo libri con me e ho cominciato a trovare fastidioso condividere gli spazi e i momenti quotidiani insieme con Giulia.
Vivevamo come due studenti universitari lontani da casa nello stesso bilocale per risparmiare le spese. Ci tolleravamo aspettando che finisse.
Ma le settimane si allungavano.

Ogni tanto la sera facevamo l'amore.
Era l'unico contatto e si limitava all'incastro genitale, non c'erano più carezze, baci, sorrisi. Lo facevamo in silenzio, e poi ognuno si girava dal suo lato del letto e si metteva a dormire.

Mi sono concentrato sul lavoro e sul materiale didattico, portandomi avanti nei progetti.
Avevo questo gioco di carte con me.
Decktective - Rose rosso sangue. L'ho giocato e rigiocato decine di volte, anche se in teoria è un gioco one shot. L'ho rigiocato per impegnare la mente, per allontanarmi da Giulia che stava sul divano accanto, e così ho cercato di scoprire tutti i dettagli del gioco, come fossi un game designer e volessi carpirne i segreti.
Decktective Rose rosso sangue è un gioco cooperativo e investigativo, per 1-6 giocatori, della durata di 60 minuti circa. L'hanno anche candidato a un premio di settore, Efesto o Efeso, un nome greco.
Gli autori sono Martino Chiacchiera e Silvano Sorrentino, due italiani. Anche la casa editrice è italiana: DvGiochi, di Perugia, a 80 chilometri da Terni, dove è nato mio padre, e dove ha passato l'infanzia. Mi manca mio padre. Se n'è andato una decina d'anni fa. Diceva sempre una cosa in dialetto ternano, sui maiali e sui sospiri, ma non riesco a ricordarmela.
In Decktective i giocatori devono risolvere un delitto [o un suicidio?] attraverso una serie di carte indizio.
Si tratta di un giallo alla Agatha Christie, sia nella narrazione che nella risoluzione. Ed è un giallo onesto: gli indizi ci sono tutti e si risolve escludendo ciò che non quadra ("Quando hai escluso l'impossibile, ciò che resta, per quanto improbabile, è la verità" Sherlock Holmes).
Ma non voglio dirvi altro.

Dentro la scatola del gioco ci sono 50 carte, 5 delle quali si montano per realizzare una sorta di plastico 3D della casa della vittima, e 7 clip di plastica rossa. Le clip servono sul finale, per indicare chi, come, cosa.
A fine partita si deve rispondere ad alcune domande, che danno dei punti sulla soluzione del caso.

Ho realizzato delle nuove carte, ancora per tenere impegnata la mente. Le ho disegnate sui fogli di un block notes, incollandole sulla copertina di alcune riviste da donna trovate in bagno e ritagliandole della stessa dimensione delle carte originali. Ho creato un finale alternativo del gioco, con differente movente e assassino.
Non è perfetto, io non sono un game designer, ma lavorandoci sopra credo potrebbe funzionare.
Ho mandato la mia variante agli autori del gioco via mail, ma non mi hanno ancora risposto. Chissà. Magari diventerà un'espansione.

E una mattina, dopo essermi alzato, aver fatto la doccia ed essermi rasato con una lametta che tagliava poco, sono uscito dal bagno e ho visto Giulia sul divano. Si era appena tolta lo smalto col cotone e l'acetone, e stava tagliando le unghie dei piedi. Le mezzelune rimbalzavano sul tavolino e per terra.
E in quel momento ho capito di odiarla.
Essere segregati in un ambiente ristretto mette le persone a dura prova, anche quelle affiatate, ma non era quello il punto.
La odiavo perchè era più facile odiare lei che me stesso.
E odiavo di lei ogni centimetro di pelle, quelle gambe che avevo baciato, quei suoi capelli fra il biondo e il castano, i suoi seni che avevo sentito schiacciarsi sul mio petto mi disgustavano.
"Che c'è?" mi ha chiesto, notando che la fissavo.
"Niente".

Alcune sere dopo guardavano la televisione insieme dal divano.
In uno speciale sul virus c'era un dottore che raccontava che con l'epidemia ci sono gli ospedali pieni, e ci sono talmente tanti morti che non fanno in tempo a fare tutte le autopsie.
Ed è così che mi è venuta l'idea.

Il picco è previsto per questo fine settimana.
Ho già preparato la finta lettera di addio, copiando la calligrafia di Giulia: non credo che in questo periodo la polizia perderà tempo per consultare un grafologo, anche il grafologo sarà a casa sua in quarantena.
Nella lettera parlo del virus e di alcuni ricordi dell'infanzia di Giulia che lei mi ha raccontato: le estati a Paola, in Calabria, insieme al suo cane Billo, e sua madre Maria che stendeva i panni sul terrazzo catramato.
La strangolerò con la cintura dell'accappatoio e poi la impiccherò al lampadario con la stessa cintura.
Mi metterò mascherina e guanti e andrò al supermercato a fare la spesa: si può uscire per i beni di prima necessità. Devo portarmi dietro le borse e la lista. Starò via una mezzora, e comprerò anche prodotti per lei: assorbenti e l'Oki per i dolori mestruali in farmacia.
Poi tornerò a casa e chiamerò la polizia.
Naturalmente avrò tutto in bella vista sul tavolo: spesa, Oki e scontrini.

Mi fingerò disperato per il suicidio di Giulia, e racconterò che lei piangeva tutti i giorni e che era terrorizzata dal virus.
La polizia porterà via il corpo. Naturalmente verrò interrogato, ma confido che in questo periodo di emergenza mondiale le indagini non siano troppo accurate, e con un po' di fortuna passerò il resto della quarantena qui, da solo.

Oggi è il giorno del picco e c'è stata una svolta inaspettata.

Avevo già pronta la lettera del suicidio e la cintura dell'accappatoio, avevo pensato di bloccare Giulia sul letto sotto il mio peso.
Ma Giulia stamattina mi ha detto che se ne sarebbe andata. Ha preso in affitto un appartamento a cinque minuti da qui, ecco cosa faceva sempre al cellulare. Mi ha detto che non mi sopporta più, che mi detesta, che odia il mio odore, il mio russare nel sonno, i miei peli nel lavandino, che ha persino immaginato di evirarmi nel sonno con uno dei coltelli in cucina, o di sciogliermi nel caffelatte tutte le sue pastiglie di sonnifero (altra cosa che non sapevo di lei: non riesce a dormire senza).
Si è vestita e ha preparato la borsa velocemente.
Quando l'ho vista sulla porta, con la sua roba, le ho chiesto se volesse fare l'amore un'ultima volta, per dirci addio, ma lei mi ha risposto: "Piuttosto lo farei con un cane"
E se n'è andata, sbattendo la porta, la mascherina se l'è messa sul pianerottolo.
E' scesa in strada durante il picco del virus, pur di non condividere più un solo minuto con me.

Trovate Decktective - Rose rosso sangue
senza la mia variante
su Magic Merchant

11 commenti:

  1. Ti apprezzo anche se il ritratto delle mogli dopo 15 anni di matrimonio è impietoso :D
    Elena P (Infinite Jest)

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    1. Solo perchè non ho scritto in che condizione versano invece i mariti, dopo 15 anni di matrimonio.
      Non c'è bisogno di scriverlo...

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  2. Che dire; ca22o che storia Andrea...

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  3. Siamo sempre al TOPPP. Dai Dado, poche ciance: entro fine quarantena esci 'sta raccolta di racconti digitale. Checcevo'? :D

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  4. "Gli amanti sono come Venezia: splendida ma non per viverci."
    In ogni tuo scritto una perla, potrei raccogliere tutte o potresti fare tu una sezione a parte 👍

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  5. Grandissimo Dado: ancora i miei complimenti!

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  6. Come ti dico sempre, tu fai letteratura, e che letteratura!
    Dal primo giorno che ho letto un tuo articolo mi hai fatto innamorare (della tua scrittura, non di te... senza nulla togliere alla tua accogliente barbona da nano tolkeniano). Un grazie di cuore per tutte le emozioni che mi hai regalato.

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