venerdì 20 aprile 2018

KEO

Le iniziali dei suoi due nomi + l'iniziale del suo cognome, tipo: Katia + Elisabetta + Obice.
Io la chiamo KEO.

L'ho conosciuta una vita fa. Sul lavoro. Lei era vestita di nero. Con gli anfibi. E una mela in mano.
Per alcuni mesi l'ho vista mangiare solo mele. Praticamente un bruco.
Parlava unix, quello dei vecchi server HP, spostava blocchi di files con lunghe stringhe di codice dall'Italia alla Cina, lanciava calcoli CAE in Messico, in anni in cui io masticavo solo sistemi microsoft.
"Guarda e impara, pivello"
Aveva dita secche e lunghe, che muoveva sulla tastiera con un senso di repulsa, come fosse fatta di carne tritata e lei vegana, e un paio d'occhiali da professoressa di matematica sul naso.
Trattava a pesci in faccia gli utenti.
Mille anni dopo le scrivo su whatsapp.
"Ciao Keo. Come va? :)"
Le spunte di notifica diventano blu.
KEO - online
Vedo che rimane online qualche secondo nella chat, senza scrivere niente. Poi semplicemente esce.

Ho commesso un paio di errori. Il mio curriculum di giocatore parla chiaro: sono uno capace di mandare a puttane un'intera partita con una singola mossa sbagliata. Storicamente mi manca il tempismo, vedi Le rose si regalano dispari e Quelli che inseguono.
Con lei mi sembrava meno complicato, visto che non c'erano di mezzo attrazione nè sesso. Eravamo amici, quel genere di amici che mangiano un panino con la mortadella seduti sul marciapiede mentre le macchine scorrono davanti, e poi finita la birra lanciano la bottiglia vuota verso il cestino [mancandolo] e dicono: "Certo che fa un cazzo di caldo!".
Sembrava meno complicato. Ma per esser coerente e non far torti agli altri, sbagliai anche con KEO. Qualcosa. Che non mi sembrava così importante.
Non ci accorgiamo mai dei nostri errori, e quando ce ne accorgiamo tendiamo a minimizzare.
Poi lei disse qualcosa di brutto, anzi di atroce, qualcosa che mi fece a pezzi. Anche lei sbagliò qualcosa. Che non le sembrava così importante.
Mi chiese: "Ma ti ho ferito?".
Risposi di no. E poco dopo spensi il cellulare. Per cinque anni.

SPIRITS OF THE FOREST
Versione rimasterizzata dallo stesso autore, Michael Schacht, quello di Coloretto e Hansa, che in Italia non si vedeva da un po', dell'oramai introvabile Richelieu [2003].
Richelieu (2003)
Il gioco è stato ripreso da Schacht, che ne ha portato il numero di giocatori da 2 a 2-4 [anche se a mio avviso il titolo dà il suo meglio proprio in 2], con l'aggiunta di un'interessante variante in solitario.
Se le meccaniche sono rimaste le stesse, il gioco è stato invece rivoltato come un calzino nelle illustrazioni [di Natalie Dombois] e nei materiali: le vecchie mini carte di Richelieu, sono state sostituite da robuste tessere in cartoncino; i token, sottili coriandoli monocolore sono stati sostituiti da gemme colorate. Le illustrazioni delle tessere, efficaci ma oggettivamente più spartane di Leonida, sono diventate qualcosa di bello ed evocativo.
Il kickstarter ha avuto un notevole successo, e GateOnGames ne ha curato l'edizione italiana [portandola sugli scaffali all'ottimo prezzo di 15€]. 
Come funziona in due parole.
Scopo del gioco: collezionare quanti più simboli possibile attraverso la raccolta delle tessere. A fine partita la maggioranza di simboli di ogni set colore, consentirà al giocatore di ottenere altrettanti punti vittoria. Le tessere disponibili alla presa, in ogni turno, sono sempre la prima e l'ultima di ogni fila, col vincolo: si può prendere una tessera con 2 simboli o 2 tessere della stessa famiglia con un solo simbolo ciascuna.
Durante il setup su alcune tessere vengono posizionati coperti alcuni token, che aggiungono +1 simbolo, e che rappresentano l'unico vero momento aleatorio del gioco.
Le tessere possono essere prenotate, con l'impiego delle 3 gemme, ma l'avversario potrà raccoglierle lo stesso bruciandone una delle proprie.
Per maggiori dettagli sul regolamento vi invito a dare un'occhiata al sito della GateOnGames.


Spirits of the forest è un gioiellino di ergonomia, con una buona profondità a fronte di pochissime regole, una durata perfetta [20 min], poca alea, tanta cattiveria fra i giocatori [padroneggiando l'uso delle gemme prenotazione imparerete a confezionare chantilly al vaiolo] e con dei materiali strepitosi in una scatolina tascabile al prezzo del volete pure una fettina di culo?
Un giochino cadeau, scoperto un paio d'anni fa a casa di Francesco Testini, sul quale aspettavo solo di riuscire a metter le mani [comprato al volo a PLAY], per giocarlo, naturalmente, e per poterlo tirare fuori al momento giusto insieme ad un amico, insieme ad un bicchierino di genepì o malvasia.
A volte bisogna equipaggiarsi giusti.
Le due verità.
Sul perchè molti anni dopo la nostra chat whatsapp rimane in silenzio, io ho la mia verità e Keo ha la sua.
Probabilmente sono giuste e sbagliate entrambe.
Ma vorrei proporne altre due, assolute.
A volte i giochi giusti sulla mensola ci sono. La malvasia nei bicchierini anche. Ma sono le persone speciali a mancare.
E poi.
Che per quanto doloroso ammetterlo, ogni tanto una persona speciale si allontana dalla nostra vita, e noi non possiamo farci niente, almeno: non più.
E allora non restano che i ricordi. Di quando si mangiava coscia contro coscia seduti sul ciglio della strada respirando tubi di scappamento, e ci si sgolava una Peroni insieme e poi si lanciava la bottiglia verso il cestino.
Mancandolo.
Cazzo di caldo.

Tessere, spiriti, ricordi e frammenti vari su Magic Merchant

4 commenti:

  1. Non sarà la stessa cosa, ma per una birra e un panino lurido ci sono. "Saluto vulcaniano" (cit.) ;)

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  2. E' la vita, a volte capita di perdere di vista qualcuno, anche senza nessuna ragione

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  3. A volte non ci si può far nulla, ed anche la volontà di recuperare serve a poco. Ci si rivede, ma quella ferita è rimasta lì e non si può far finta che non ci sia.
    Tentare però non nuoce, a volte quel pezzo doloroso fa comunque parte del rapporto, che essendo reale non può essere perfetto.

    Questo post è il tuo tentativo? Al pubblico piace il lieto fine! Ad ogni modo, ve lo auguro, che fa già un cazzo di caldo.

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  4. Grazie Dado, grazie.

    N.

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