venerdì 5 marzo 2021

365 giorni dopo

365 giorni dopo, avevamo smesso di aspettare il vaccino come si aspetta Godot: la grande gomma che avrebbe finalmente cancellato il grande errore e il grande orrore che affliggeva l'umanità, quella palla chiodata di virus figlio di un pipistrello che morse un pangolino che picchiò il serpente e che si mangiò il topo della fiera dell'est, era finalmente arrivata, con scatole diverse come certi giochi da tavolo furbi nel marketing.
Dodici mesi dopo il vaccino era giunto dal futuro come John Connon per salvarci: "Fatti bucare, se vuoi vivere".
Toccava aspettare il proprio turno, scansando da una parte i testicoli rigonfi e violacei, perchè la fila di persone davanti era lunghissima, quasi quanto quella dell'Apple Store il sabato pomeriggio.
Devastati dai funerali e dalla didattica a distanza, perennemente mascherati effepidue, avevamo almeno uno straccio di piano.
Restavano incrollabili sulle loro posizioni gli antivaccinisti, quelli che scoprivano i complotti mondiali navigando su google col tablet dal divano, che durante i 12 mesi, da buoni sparatori, avevano fatto fuoco su chiunque per aumentare le chance di azzeccarci, ma che stavano finendo le opzioni: secondo le ultime voci il virus era stato inventato da Jean Claude Van Damme e da Amadeus nello stabilimento che produceva il mirto Zedda Piras.

Le giornate si sbucciavano una identica all'altra come arachidi, così piatte da dar ragione ai terrapiattisti, e i weekend non sapevano di niente come il tofu consumato in aereo.
Avevo imparato a gioire di cose piccole, come la coccarda Londra-Parigi sull'app del contapassi, il reggiseno della moglie dimenticato sulla spalliera di una sedia, un tafano sui vasi di piante grasse sul balcone, un pacco Amazon disperso in un limbo di uffici postali che neanche Nyarlatohtep in acido.
Le novità erano poche e io le sostenevo tutte.
L'ultima era l'amica che combatteva la sua crociata per la tassazione degli assorbenti: era pronta a dare il sangue per la causa, e io pur in difetto di genere le davo il mio sostegno. Ne avrebbe feriti più con la sua lingua che con la spada, su facebook, caustica com'era nei suoi commenti al politico di turno [appena un grammo meno della Murgia contro Salvini], ma eoni prima del primo lockdown e delle regioni gialle, rosse e arancio, aveva tirato per anni di scherma due sere la settimana con una delle ragazze delle fiamme gialle qualificate per le olimpiadi, quindi lei ne feriva pure con la spada, così che la sua capacità di offendere con lama e con muscolo della cavità orale era da considerarsi un pareggio.

Era divertente esserle amico, già solo per le sfuriate creative che faceva nei bar - quando erano aperti - per un Aperol Spritz taroccato con l'APPERO'! arancio del Discount, con tavolini che per poco non finivano a gambe all'aria addosso ai rovinati del videopoker. Una fistola anale o un cactus nelle mutande, invece, starle insieme come compagno, svegliarsi accanto alla tigre del bengala la mattina.
Lei, dal canto suo, non indorava mai la pillola, semmai la smerdava, la rendeva più indigesta di quello che era, solo per potertelo poi rinfacciare: Hai visto? Hai montato tutto 'sto quarantotto e poi...
Quello che faceva non era mentire ma alterare la realtà : la smontava e poi la ricostruiva a suo favore, la manipolava come creta, a misura d'uomo, anzi di donna, anzi di strega, anzi di banshee.

Io, dal canto mio [non che insieme io e lei si fosse i Minghi e Mietta del trottolino amoroso, tutt'al più Penny e Sheldon] trovavo straordinari i caffè incastonati come smeraldi fra una zona porpora e una portogallo.
Presi l'ultimo con il DottorX fra un cambio di colore e l'altro del Piemonte, durante una spedizione punitiva in cerca di crocchette per i due felini che aspettavano a casa.
La mia Siberiana continuava a sgranocchiare Optima Chicken&Rice per gatti sterilizzati i giorni feriali, e prosciutto cotto nei festivi e nei weekend. Il suo, un malpelo fulvo che definire vivace era come dare del monello guascone a Pacciani, sembrava mangiare in maniera scostante per il solo gusto di non lasciar intendere i suoi gusti.

Ordinammo due marocchini con panna.
E io, tanto per fare quello che sapevo fare meglio, tirai fuori un gioco dallo zaino.

SHY MONSTERS
Fuga dal castello disseminato di mostri nascosti per 2 giocatori, di Sandro Dall'Aglio, 10-20 minuti circa di durata, del 2019, edito da GateOnGames.
Gioco di bluff asimmetrico e fortuna, in una scatolina pollicina che sta in una mano.
I giocatori si fronteggiano nei panni di:
1- un Eroe senza macchia nè paura, ma un discutibile senso della proprietà privata altrui, con un solo punto vita, e due abilità one-shot: salto e attacco.
2- il Signore Oscuro di un castello che si è visto piombare in casa un Eroe senza invito, e che quindi vorrebbe tanto spiegare al suddetto Eroe che ar signore oscuro nun je devi rompe er c....
Il gioco è diviso in 3 round, e ogni round in 2 fasi: prima quella del Signore Oscuro, che costruisce il castello-dungeon, e poi quella dell'Eroe, che deve uscirvi portando a casa la pelle.
Il Signore Oscuro cerca di occultare nelle tenebre le sue immonde creature: draghi, piovre, gargoyle, insetti giganti e pipistrelli-vampiro, mescolando tessere corridoio e mostro, che hanno tutte il medesimo dorso.
Il Signore Oscuro è libero di costruire il dungeon come diavolo preferisce, ma i mostri attaccano solo e soltanto se a loro agio [le regole di piazzamento sono riportate nel libretto].
L'Eroe dovrà superare 3 livelli.
Nel primo livello prima di cominciare a muoversi potrà rivelare in chiaro due tessere, nel secondo una, e nel terzo nessuna.
A seconda dei mostri già incontrati e della forma del castello, l'Eroe dovrà cercare di intuire quali tessere evitare per raggiungere l'uscita indenne [nota: l'Eroe ha un solo punto ferita, quindi se attaccato: muore all'istante].
Difficilmente l'Eroe saprà con certezza il posizionamento dei mostri nei corridoi: dovrà cercare di intuire, di leggere le giocate dell'avversario, azzardare e sperare.
Il Signore Oscuro può rinunciare all'attivazione di alcuni mostri, piazzandoli in posizioni irregolari [nota: se due mostri sono adiacenti ortogonalmente, il secondo rivelato non si attiva], per confondere l'Eroe, e farlo cadere in trappola.

Gioco tanto piccolo quanto geniale: con sole 11 tessere potrete costruire dungeon letali sempre diversi. L'Eroe si arrovellerà e si spremerà le meningi per cercare di leggere le vostre giocate e i vostri bluff, e a ogni passo su ogni singola piastrella sentirà le gocce di sudore scendergli giù per la schiena fino al solco delle natiche.
Il livello di incertezza è perenne, e il fatto che il Signore Oscuro possa di fatto costruire il castello come gli pare consente giocate davvero luride.

Provate a costruire dungeon dritti o a zig-zag, o esattamente identici per tutti e 3 i round.... oppure annunciate: "Questo round lo faccio completamente al buio" e mescolate e piazzate le tessere senza guardarle, affidandovi completamente al caso per frantumare ogni logica del vostro avversario].

Giochino tascabile e a basso costo, piccolo e perfetto come una rosetta col prosciutto.

9 marzo 2020
365 giorni dopo avevamo smesso di trovare affascinante la parola "resilienza". Alcuni se l'erano anche tatuata sul braccio, in tempi non sospetti, in anni in cui non serviva davvero essere resilienti.
365 giorni dopo non era solo il virus ad essere mutato, lo eravamo anche noi: eravamo diventati varianti avariate di quello che eravamo stati, solo con un cellulare più nuovo di un anno in tasca.
Avevamo trasformato gli applausi agli infermieri e ai dottori sui balconi durante il primo lockdown in meme ridicoli e risibili, eravamo arrivati a temere la didattica a distanza e i figli in casa più del virus per le strade, e a lamentarci dello smartworking perchè ci perdevamo i buoni pasto.
Eravamo diventati caricature non divertenti, che perdevano il loro senso.
Ci eravamo trasformati in virologi ed economisti con tutte le soluzioni in tasca, condividevamo sui social: Invictus, la poesia che aveva ispirato Mandela durante la sua prigionia, e poi di nascosto affrontavamo l'ansia del presente respirando in un sacchetto di carta.

"Dal profondo della notte che mi avvolge,
Nera come un pozzo che va da un polo all'altro,
Ringrazio gli dei qualunque essi siano
Per la mia indomabile anima.
Nella stretta morsa delle avversità
Non mi sono tirato indietro né ho gridato.
Sotto i colpi d'ascia della sorte
Il mio capo è sanguinante, ma indomito.
Oltre questo luogo di collera e lacrime
Incombe solo l'orrore delle ombre.
Eppure la minaccia degli anni
Mi trova, e mi troverà, senza paura.
Non importa quanto stretto sia il passaggio,
Quanto piena di castighi la vita,
Io sono il padrone del mio destino:
Io sono il capitano della mia anima"
https://it.wikipedia.org/wiki/Invictus_(poesia)

Trovate Shy Monsters
su MagicMerchant.it

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