Il mattino dopo Essen, esistono solo due tipi di giocatori: quelli che ci sono stati e quelli che sono rimasti a casa a mangiarsi il fegato, senza nè le fave nè il buon Chianti. Io appartengo alla seconda categoria, unicamente per mere questioni di soldi, che in quest'ultimo periodo non riesco proprio a stampare.
E rafforzativo dell'aver mancato l'evento, il fatto che il resto del mondo sembra invece esserci stato, e non parlo dei giocatori, che quello sarebbe il minimo sindacale, ma di persone insospettabili come un collega brizzolato e con vaghe rimembranze dello spot di Atmosfear su Italia1, o un tizio del palazzo di fronte che incontrato sull'aiola pisciando il topo-cane, mi spiega che lui poi mica voleva andarci a Essen, manco sapeva che fosse Essen, ci ha solo accompagnato un cugino, uno infognatissimo col gioco di carte del Trono di Spade, che comunque alla fine, dai, non è stato malaccio, si è divertito, dovresti provarlo una volta, Andre.
Così quando i Giullari mi hanno scritto per dirmi che il Jolly Joker organizzava una Serata Essen a base di wurstel, crauti, birra Paulaner e anteprime giochi, per dar la possibilità ai noi quattro sfigati segnati sulla fronte col marchio dell'infamia, di sentirci un po' meno sfigati e un po' meno segnati, ho cavato fuori dalla mia bocca caina e blasfema l'unica risposta possibile: "Ci vediamo lì"
Al mio fianco nell'uscita in notturna, il solito fedele Kato-Bairon, al quale ho di recente dato istruzioni, per tenermi in costante allenamento, di attaccarmi a sorpresa con un board game. Sospetto che proprio in questo momento sia nascosto in casa mia, magari rinchiuso in qualche armadio o in questa stessa stonza.
Mi ritrovo così al tavolo del JJ con Kato, con il Giullare Barbuto e Madame Feld, celebre coppia della Tana diventata oramai icona dell'invidia e del "Perchè io no?", con guarnizione di Giovanni, loro amico sofferente di una rara forma di paralisi d'analisi acuta in stadio terminale (meglio conosciuta come sindrome della statua di sale).
Pandemic Contagion
Titolo competitivo da 2 a 5 giocatori, della durata di una trentina di minuti a sentir la scatola, prezzato 25 euro, in inglese (parzialmente dipendente dalla lingua) e con minima componente di fortuna legata alla pesca delle carte città e degli eventi infausti.
Interessante l'ambientazione, con i ruoli del bene e del male invertiti: i giocatori sono virus letali in cerca di corpi caldi in cui andare ad abitare, espandendo la propria area di contagio e facendo collassare intere città.
Dato l'assunto che ogni ceppo è bello all'infezione sua, i giocatori gestiscono le caratteristiche delle proprie malattie sulle proprie plance incubatrici, attraverso tre parametri incrementabili:
1- velocità del contagio (numero di carte città pescabili)
2- intensità del contagio (numero di cubetti contagio piazzabili al momento dell'infezione)
3- resistenza del virus
Al centro del tavolo vengono posizionate le carte città, che riportano sia il valore di punti vittoria (ogni città può essere infettata con diverse malattie) sia il valore di collasso. Le città possono essere infettate spendendo carte dello stesso colore, o +1 carta se non si possiede il colore corrispondente.
Il gioco termina quando tutto il mazzo degli eventi si esaurisce, o se rimangono in piedi soltanto più due città.
Finto filler che promette 30 minuti ma che ne dura il doppio e che saccheggia a piene mani da Pandemia.
Divertente l'ambientazione dal punto di vista del virus, ed eccezionale la plancia giocatore, che oltre ad essere estremamente intuitiva e funzionale, con quel vetrino porta cubetti che fa tanto laboratorio analisi, aggiunge spessore 3D al virus.
La partita è durata un'ora abbondante, quasi un'ora e mezza, grazie al fatto che eravamo in 5 a contenderci le città e che ogni tanto dovevamo mettere uno specchietto sotto al naso a Giovanni, per verificarne la stato in vita.
Il premio "Ceppo Letale" è andato al Giullare Barbuto, che ha inseguito il Dado Sfittico in fuga sui 40 punti senza mai mollarlo un secondo, per superarlo al giro di tabellone rimarcando il sorpasso con "Dado io quasi quasi farei che andare...piuttosto facciamo che ci vediamo lì davanti". Vibrione d'argento il Dado e il fedele Kato, provati nei succhi gastrici dalla lenta piastratura delle salsicce in cucina al JJ, un filo più indietro Madame Feld, barcollante sui tacchi a causa della troppa leggerezza del titolo, e Giovanni, che a partita finita ancora calcolava la mossa migliore per il terzo turno.
Prime impressioni buone, Contagion è piaciuto agli altri soci al tavolo, lasciando qualche perplessità solo all'uomo la cui barba è fatta di crauti.
Tendo sempre a essere un po' più critico con quei titoli che si giocano la carta del "nome grosso" sulla scatola, come non mi fido di quei libri horror che portano la fascetta "Nella miglior tradizione di Stephen King!".
Quando scrivi il nome grosso ti porti dietro delle aspettative e un inevitabile giudizio sulle somiglianze, da parte di quelle persone che hanno comprato proprio perchè.
Il gioco quindi sarebbe bello, fatto e finito, se il suo nome fosse solo Contagion.
Ma il suffisso Pandemia sul coperchio della scatola, obbliga il giocatore e tutti i fan di Pandemia, dei quali mi sento capo curva spirituale, a fare almeno qualche considerazione.
Contagion raccoglie il pesante fardello del nome del padre per l'ambientazione (con ciliegina di una delle plance più suggestive e a tema che abbia mai visto), per le meccaniche delle carte città e per parte della componentistica, ma a mio discutibilissimo avviso manca proprio di quello che è il cuore pulsante di Pandemia: la sensazione di pandemia viva. In Pandemia i virus si moltiplicano in modo estremamente realistico, propagandosi e allargandosi a macchia d'olio alle città confinanti, e le reazioni a catena, l'esplosività dei focolai, lasciano al giocatore una costante sensazione di "Potremmo non riuscire a contenerlo".
In Contagion i cubetti non si moltiplicano: si piazzano. Non sono vivi, il contagio non si sparge: la malattia è inerte.
Non vorrei che queste righe sembrassero più dure di quello che sono: il gioco è indubbiamente valido e appartiene anche a quella fascia di prezzo alla quale difficilmente riesco a dire di no, è solo il suffisso Pandemia a non lasciarmi così entusiasta.
Nota a margine: un ringraziamento doveroso a Paoletta del Giocatorino per la disponibilità, la pazienza con noi duri di comprendonio, e per aver anche mangiato in piedi, pur di spiegarcelo e pur di starci dietro durante l'infinita partita.
Dopo avermi detto "Mizzica il Dado stasera fa il rompicoglioni" per le riflessioni su Contagion, Red ha proposto una pausa tattica per birra e siga, e per capire se potevamo buttare via qualche altro soldo con i titoli sulla rastrelliera.
Guardiamo, spizziamo e quasi compriamo. Quasi.
Resistiamo. Non so come.
El Gaucho
"Ragazzi: non mi piace ripetere quindi cercate di stare attenti finchè lo spiego".
Cambio all'angolo: esce Paoletta ed entra Simone, per farci da tutor con El Gaucho.
Gioco di piazzamento con dadi, da 2 a 4 giocatori, d'ambientazione mandriana di Carrù ed emiliano non tradisce, gringo.
El Gaucho si gioca su un tabellone pastello suddiviso in 3 aree:
1-area recinto, che serve unicamente per rollare i dadi
2-area tessere mucca (nella quale vengono posizionate le tessere mucca su 4 file)
3-area azioni (nella quale vengono piazzati i meeples, in perfetto stile worker placement)
Molto in breve: ogni giocatore-mandriano colleziona davanti a sè file di tessere mucca, e guadagna punti a seconda dalla lunghezza della fila (con alcune restrizioni) e dei punti riportati. Vince chi fa più punti.
Primo giocatore ancora il Giullare Barbuto, seriamente intenzionato a
dimostrare che la vittoria a Contagion non è stata un caso. Tira giù una
bella manata di dadi, ne sceglie due e apre le danze. Nonostante i dadi El Gaucho si
rivela sin dai primi turni un buon german, strutturato in modo tale da consentire anche all'ultimo giocatore di turno e col pool più basso, di non
sprecare azioni e investire per il turno successivo.
Il Barbuto tenta subito la fuga, ma Madame Feld gli si incolla alla nuca, stretta e soffocante come una sciarpa a ferragosto. Kato-Bairon, spiazzato dal ritmo sostenuto, passa al furto aggravato delle tessere avversarie, nel tentativo di piantare un legno nella ruota ai saltimbanchi, mentre il Dado, il più lento ad assimilare le meccaniche, si attacca al petto il cartellino "Fanalino di coda" e insegue con la flemma di don Abbondio.
La partita entra nel vivo, il tabellone sembra rimpicciolirsi e si sgomita l'un l'altro per starci tutti. Salgono la tensione e l'interazione secca.
Io riesco a piazzare un paio di buone giocate, Kato adotta la strategia "compra e vendi in fretta" , il Barbuto sembra prediligere pochi set ma lunghi, mentre Giovanni suggerisce a Madame Feld di infettare Tokyo.
La partita si conclude un'oretta dopo, con la riconferma del Giullare Barbuto uomo della serata e il Dado a sparecchiare il tavolo e a fare la differenziata fra bicchierini di plastica, cartoni della pizza e tranci di torta spappolati.
Tempo di ringraziare Bobbio per la serata e di scambiare due parole con Chiarvesio mentre agli altri tavoli si divorano il suo Hyperborea, e si esce in strada.
La serata al Jolly Joker non alleggerisce il carico sul fegato per il mancato Essen, ma almeno ne sdogana i titoli, ce li avvicina a casa, mette un bel punto e a capo all'evento.
Bella serata e un abbraccio ai Giullari: sempre bello giocare con voi, ragazzi, davvero.
Grazie1000
Questo post è per voi.
Buonanotte.
Qualche commento in più su El Gaucho?
RispondiEliminaIl prossimo anno ci rifaremo Dado, garantito al limone.... anzi al crauto.
RispondiEliminaPandemic Contagion non mi è dispiaciuto, credo che in mezz'ora si possa anche giocare. El gaucho .... mah, non male, ma affonda di fronte a mostri sacri dalle meccaniche simili. Bella serata e bella compagnia.
redBairon
Povero Giovanni! Avete controllato che non sia ancora là? :D
RispondiEliminaDomozimurgo
bene, sarà un anno di pressione dura per farvi venire ad Essen l'anno prossimo ;)
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