domenica 24 novembre 2019

Non avrai altro dado [2 di 3]

Secondo il mio commercialista, mi stava costando più la salsa che l'arrosto.
Con le ore di consulenza che l'Arma dei Carabinieri mi riconosceva, una volta pagate le tasse, potevo andare a mangiarmi una pizza e a guardare un film al cinema. Ma senza popcorn.
Non rientravano nel conteggio delle ore i miei spostamenti, i pranzi fuori, le telefonate a qualunque ora del giorno e della notte, e i pomeriggi al Comando, nell'ufficio con Panzarasa, a guardare il computer, leggere vecchi dossier e campare in aria ipotesi.
Quel che rimaneva erano le briciole.
Panzarasa, che aveva fatto un paio di telefonate senza cavarne un centesimo di più, mi aveva proposto sottobanco un extra in biglietti d'ingresso per i concerti e per le partite di calcio.
"A noi li regalano. Se li rivendi qualche soldo lo fai".
Non era perfettamente legale. Ma per Panzarasa neanche lavorare a prezzo di costo lo era.

A Torino risultavano cinque Antonio Ciriello. Panzarasa riuscì a contattarne quattro.
Secondo l'operatore telefonico, lo smartphone dell'ultimo, Antonio Ciriello, 38 anni, agente immobiliare, residente in via Genova 140, era spento da due giorni.

martedì 19 novembre 2019

Non avrai altro dado [1 di 3]

Panzarasa si era messo le manette da solo, risolvendo il caso del serial killer di Dixit [vedi IoGioco n°3 e n°4].
Con i quotidiani che parlavano della sua indagine e una sua foto in divisa mentre riceveva la stretta di mano del sindaco, dall'Arma avevano fatto orecchie da mercante alla sua richiesta di rientro a Pescara.
Lella, la sua fidanzata storica, l'aveva raggiunto a Torino. Per qualche mese avevano vissuto insieme, e lui non aveva più dovuto mangiare spaghetti conditi col tonno in scatola. Poi a lei era venuta la malinconia e se n'era tornata, con la promessa: "Ti aspetto giù, intanto metto a posto casa".
I genitori di lei avevano una cascina con qualche ettaro di terreno, che sarebbe finita a loro dopo il matrimonio.
Panzarasa contava di ristrutturarla e ricavarci una casetta per vivere e un negozietto in cui Lella avrebbe venduto uova e frutta: nulla da farci soldi veri, ma un modo per occuparla.
Intanto lui se ne stava a Torino, a risolvere gli accoltellamenti da macchinette videopoker di giorno e a guardare serie Netflix e a giocare a carte con me di notte.
Ci eravamo conosciuti col caso del tizio che mandava pacchi bomba alle case editrici.
Panzarasa aveva cercato un consulente di giochi da tavolo.

martedì 12 novembre 2019

Anche a un elefante basta un solo giorno per morire

Perdition's Mouth: Abyssal Rift, dungeon crawler con rotella delle azioni alla Gerds, arrivò nella mia vita con straordinario tempismo, come un piede di porco in un film di zombie.
Ero uscito da lavoro mezzora prima per arrivare dal dottore in tempo per l'orario di visita.
Entrai nella sala d'aspetto e presi il numero. Ne avevo undici davanti. C'era la solita signora-totem, che oramai consideravo parte del mobilio della sala d'aspetto, alla stregua del tavolino e del portariviste, e l'immancabile rumeno che giocava a Clash of Clans sul cellulare col volume alto.
Il Vikingo, che si era occupato di studiare il regolamento di PM,  scrisse nella nostra chat che saremmo morti parecchio, di prepararci mentalmente, che in quel gioco morire era fisiologico come mangiare pop corn e incastrarsene uno fra i denti.
Red commentò sotto che probabilmente avrebbe tardato perchè era ancora da Norauto per la batteria della macchina della moglie, e che avrebbe cenato tardi.
Undici persone dopo, il dottore mi disse: "Abbiamo una bella bronchite, eh sì".
Quella settimana, dopo la partita vinta al 5° set contro i magnaciliegie di pecetto, ero andato con la squadra a festeggiare in birreria, sudato marcio e senza doccia, e il mio corpo mi stava presentando il conto.
Tornando a casa mi fermai a prendere 3 cannoli siciliani e l'antibiotico.

sabato 2 novembre 2019

La volta che provammo a fermare la lava coi pugni

Nell'estate del 2019, io e il DottorX cercavamo di fermare il caldo come da adolescenti avevamo cercato di tenere la mano ferma davanti al nostro primo reggiseno: con scarsissimi risultati. Jabbaleno aveva dato forfait alla serata a casa dell'uno o dell'altro, adducendo stanchezza per i molti esami di guida sostenuti con i ragazzi dell'autoscuola, e lasciando intendere, ma senza parole precise, che avrebbe affrontato l'umidità di quei giorni a Torino con un paio di boxer a righe e una Paulaner ghiacciata stretta nel pugno.
Torino era come Circe: stupenda e abbastanza calda da metterti prima in ginocchio e poi a quattro zampe.