Forse vi ricorderete di me per post come: Corri Tikal corri! , Tikal 2 il principe tutto matto e Il giovane Cuzco colpisce ancora.
Oggi sono qui per raccontarvi di MEXICA, l'ultimo capitolo della trilogia delle maschere di Michael Kiesling e Wolfgang Kramer, e credetemi che non scherzo quando dico che alla fine della partita avevo bisogno di un carro attrezzi.
Questa storia comincia un giovedì umido come un paio di calzini a fine giornata, la settimana successiva il 40esimo compleanno del Vikingo, festeggiato con tutti i crismi con una grigliata alla Stella Polare di Villanova d'Asti e una copia di BlackOut Hong Kong avvolta nella carta del pane.
La serata Mexica con il neo 40enne viene cucita con l'ago e filo del whatsapp.
Il giovedì bersaglio per il capitolo finale delle maschere, comincia di prima mattina con l'sms di mio padre, uomo refrattario al traffico dati, un tempo gran giocatore di scacchi, e politico mancato per un soffio, che da ragazzo raccontavo di lui a scuola: "Minchia raga mio padre sulla libreria ha un cofanetto con 12 libri su Winston Churchill, e li ha pure letti!".
Si fa trovare sotto casa, in quella che oramai è la sua divisa ufficiale: t-shirt e gilet da pescatore con le tasche.
"Dobbiamo passare da Monciccì a dirgli com'era l'anguria che hai preso per la festa, che ci tiene".
Mio padre conosce tutti i mercatari e loro scagnozzi, quasi tutti marocchini mussulmani con nomi incomprensibili arrotondati per difetto in pubblicità, nomi di città e onomatopee.
Per fare un esempio, lui compra frutta e verdura da Monciccì, Sardegna e Uamed.
Ci infiliamo nel mercato.
Seguo il mio vecchio, che sembra conoscere bene le scorciatoie fra i banchi, le pile di cassette e i furgoni parcheggiati ovunque [nota: fra le molte leggende della città di Torino, vi è quella del vigile in servizio fuori sede da un'altra città che non conoscendo gli accordi con la malavita locale multò un camion del mercato parcheggiato su un passo carraio, e fu poi ritrovato cadavere nel fiume Po, all'altezza del parco del Valentino, con numero 4 stampelle per abiti infilate su per il culo].
Arriviamo a un banco di ortofrutta con la rotella del numero. C'è molta gente in coda, ma tanto noi ci infiliamo sul retro.
Monciccì è un africano in carne, con i capelli cotonati e le orecchie a sventola. Ricorda effettivamente Monciccì.
Arriviamo che sta scaricando cassette di pomodori da un furgone, circa un milione di cassette, da fare il sugo per tutta Napoli.
"Allora? Com'era l'anguria?" chiede
"Davvero buona" rispondo
"Dolcissima" risponde mio padre, che neanche c'era alla grigliata di Vik.
Monciccì sorride, rivelando una dentiera d'oro massiccio.
Poi mio padre gli allunga qualcosa, che lui si mette in tasca con aria furtiva.
"Cosa gli hai passato?" gli chiedo una volta allontanati, temendo qualcosa fra l'epinefrina e la polvere d'angelo.
Tira fuori dalla tasca tre torce.
"Sono a led. Le ho prese da Said, 2 euro l'una. Tieni, prenditene una, te la metti in macchina, io a casa ne ho dieci".
Sera.
Arrivo da Vik alle 21.30.
Caffè. Amaro. Tutto come da copione.
Cominciamo MEXICA
Paralisi d'analisi: sì grazie! e alea non pervenuta, in questo titolo di controllo aree e maggioranze ad elevata interazione, per 2-4 giocatori, di Michael Kiesling e Wolfgang Kramer, pubblicato del lontano 2002 e rieditato con materiali di pregio nel 2015 dalla Playagame Edizioni.
Scopo del gioco: realizzare più punti vittoria dell'avversario fondando distretti, costruendoci dentro i propri templi e rivendicando i calpulli [oggetti dei quali tutti ignoravamo l'esistenza e persino il nome, prima di Mexica, come camerlengo prima di leggere il codice da vinci].
Come già in Tikal e Cuzco, il giocatore inizia il proprio turno con un certo numero di punti azione che può spendere per costruire tratti di fiume, ponti, muovere il proprio babacio in giro per la mappa, innalzare templi, fondare un distretto e ottenere uno o due gettoni azione.
Il gioco è diviso in due periodi, al termine di ognuno dei quali si esegue il conteggio dei punti vittoria.
Inizio bene. Come sempre.
Se qualcuno fotografasse ogni volta soltanto i primi 20 minuti delle mie partite con Vik e Red, e appendesse tutte quelle fotografie su un filo con delle mollette per il bucato, la mia personale si intitolerebbe: "Il barba fa il culo agli altri due".
Ma il tempo mi dà sempre torto, o ragione ai soci, ripetendo a quel bambino a riva che non potrà mai svuotare il mare col suo secchiello di capitan america, neanche piangendo in cirillico e rinunciando a tutti i ghiaccioli dell'estate.
Come da manuale conto le caselle, costruisco distretti, rivendico calpulli, non spreco gettoni azione, piazzo ostacoli all'uscita e all'entrata dei ponti per rompere i coglioni, innalzo templi per rafforzare le maggioranze, accetto il braccio di ferro dell'alta interazione.
Ma niente, al conteggio punti vittoria io sto sulla Luna e Vik su Urano, il nuovo 40enne si sbarazza dei miei bastoni fra le ruote come fossero dei Mikado.
"Apprezzo lo sforzo" mi dice "Ma non basta".
Gioca meglio, e soprattutto sul finale i molti gettoni azione extra che ha accumulato, fanno la differenza.
Tempo di rimettere tutto nella scatola e prendere un secondo caffè che si fa l'una.
Prima di andarmene chiedo a Vik di mettere in ordine di preferenza Tikal, Cuzco e Mexica, di dare un sopra e sotto, alla trilogia delle maschere.
"Difficile" risponde "Sono molto simili".
Parte da Tikal. L'uscita randomica delle tessere non lo convince. Cuzco bellissimo. Ma il calcolo delle altezze corteggia la paralisi e lo rende il meno intavolabile dei tre.
Alla fine la sua classifica finale è:
1- Mexica
2- Cuzco
3- Tikal
Invece la mia:
1-Cuzco
2-Tikal
3-Mexica
Concordo con Vik, i tre titoli hanno davvero molto in comune, e farne stare uno sull'altro è questione di dettagli e di quanto questi contino sui gusti di ognuno.
E' l'una e mezza.
Saluto Vik e scendo per tornarmene a casa.
Ma fatti cento metri con la macchina, buco.
La gomma davanti.
Un chiodo grosso come un grissino rubatà.
Vik scende a darmi una mano.
Tiro giù la ruota di scorta e il crick.
Ma i dadi non vengono via.
In 20 minuti di tentativi, imprecazioni e una tanica di sudore, riusciamo a svitarne solo uno.
"Ma chi diavolo te lo fa il cambio gomme, Dado, Lou Ferrigno?" chiede Vik salendo di peso sulla chiave.
"Ce l'hai la chiave a croce?"
"No, però ho una torcia a led"
Va a prendere la chiave a croce in garage.
Ma i bulloni ancora non vengono via. Il metallo sembra saldato, sembra la versione automobilistica de la spada nella roccia: i dadi nella ruota.
Provo a telefonare all'assistenza. La ragazza mi spiega che non ho più diritto al soccorso stradale.
Poi trovo nel baule il gancio traino, riesco a infilarlo nella chiave a croce, e con mezzo metro di leva svito quei fottuti bulloni di merda.
Torno a casa alle 3.00.
Mi infilo in bagno. Francy si alza a far la pipì.
Vede che mi insapono le braccia sporche fino al gomito.
"Che è successo?" chiede allarmata
"Niente, ho bucato. Te lo racconto domani. Buonanotte".
Trovate Mexica e chiave telescopiche su Magic Merchant
Contesto entrambe le classifiche :)
RispondiElimina1) CUZCO
2) MEXICA
3) TIKAL
Bel chiodino!!! :D
Il Dado nella gomma XD
RispondiElimina1)Tikal (giocatelo con l'asta! non tornerete più indietro)
2) Mexica
3) Cuzco
Sirio MB
Tikal.
RispondiEliminaSto bene così.
Dadooooo......quando vai in Abruzzo???
RispondiEliminagrazie Dado
RispondiEliminaNicola