Gli altri colleghi arrivati sul posto avevano già messo in sicurezza l'appartamento per l'arrivo della scientifica. Gli inquilini del palazzo erano usciti sulle scale a fare domande.
Passammo sotto il nastro giallo.
L'uomo stava in camera da letto, in piedi sul suo tapis roulant, morto. Qualcuno gli aveva fissato gli avambracci alle maniglie di sostegno con tre giri di filo spinato. Le braccia erano maciullate. I pantaloni del pigiama erano zuppi di sangue.
Due lembi di nastro da pacchi sulla bocca gli avevano impedito di urlare. Il medico legale che fece l'autopsia ci spiegò che l'uomo aveva un pacemaker, e che era morto d'infarto.
Naturalmente nessuno degli altri inquilini aveva visto né sentito nulla.
Il giorno dopo, in un appartamento a pochi chilometri, trovammo il secondo, ma ci volle un po' per ricollegarlo al primo. L'uomo sul tapis roulant si chiamava Enrico Chiozzi, aveva 54 anni e lavorava in fabbrica. Il secondo uomo, che trovammo legato e avvolto da più di 300 kg di catene e lucchetti, con i polmoni schiacciati e il torace sfondato per il peso del metallo, si chiamava Mauro Donati, di anni 29, cameriere in un ristorante.
I pompieri impiegarono più di tre ore a districare il complicato ammasso di catene e lucchetti.
Il mattino seguente i giornali ci andarono a nozze. Scrissero che avevamo un nuovo serial killer a Torino, uno di quelli creativi, da romanzo di Jeffery Deaver. Come da miglior tradizione noi brancolavamo nel buio. Non che Torino si degnasse di darci una mano, taciturna e schiva come sempre.
Arrivò la terza vittima, una donna di 32 anni, Anna Mondini, segretaria. La trovammo morta nel suo appartamento, affogata in una vasca da bagno riempita fino all'orlo di colla. L'assassino aveva usato 14 secchi di colla da tappezzeria in polvere, quella del tipo più comune, che si compra nei colorifici, che si mescola con l'acqua.
La donna sul fondo della vasca sembrava conservata nell'ambra.
Ma questa volta insieme al cadavere trovammo anche qualcos'altro.
Dietro i sanitari, una scritta a pennarello indelebile. La mano sembrava maschile.
PARALISI D'ANALISI.
Chiesi ai miei colleghi di tornare sulle prime scene del delitto e di cercare più a fondo, altre tracce, a costo di smontare tutti i mobili vite per vite e staccare le piastrelle dal pavimento. Di telefonarmi a qualsiasi ora, tanto avevo rinunciato a dormire.
Il giorno successivo non successe nulla.
La sera cenai a casa di Fabrizio. Mi fece conoscere Erika. Erano sposati da due anni. Avevano un gatto a pelo rosso di nome Ruggine, ma sognavano di avere presto un bambino. Lei insegnava in una scuola elementare, ma non era di ruolo. Mi piacevano le sue lentiggini.
Il tiramisù fu interrotto da una telefonata sul mio cellulare.
Avevano trovato il quarto.
Ci recammo in uno stabilimento abbandonato dalle parti dello stadio comunale, una vecchia fabbrica di scarpe chiusa negli anni '90.
Il cadavere dell'uomo stava semplicemente per terra, in mezzo ai calcinacci e ai tondini arrugginiti del cemento armato.
Dovevano averlo pestato con una spranga o una mazza. Aveva tutte le ossa delle braccia e delle gambe fratturate, e il volto tumefatto e irriconoscibile. Mi guardai intorno. C'erano centinaia di impronte di scarpe per terra, probabilmente di notte il luogo era frequentato da tossici e sbandati. C'erano anche dei profilattici usati, che sembravano meduse rinsecchite sulle sabbia.
Su un traliccio, in mezzo a centinaia di scritte dei vandali, ce n'era una che mi sembrava fresca.
BASH THE LEADER.
La fotografai col mio cellulare.
Alla macchina, ci raggiunse un agente, insieme a un civile. Si era presentato un'ora prima al comando di polizia.
Incrociai le dita sperando in un testimone. Non lo era. Ma conosceva tutte le vittime.
Forse abbiamo una pista, pensai.
Ci spostammo in un bar. Io e Fabrizio ordinammo due caffè doppi che ne avevamo bisogno, l'uomo una minerale.
Si chiamava Alessandro, 46 anni, architetto. Aveva riconosciuto le vittime sul giornale. Frequentavano tutte la sua associazione ludica 011GIOCHIAMO, si ritrovavano tutte le settimane il mercoledì e il sabato sera nei locali vuoti di una bocciofila.
Mostrai la foto dell'ultima vittima. Me la strappò di mano. Disse: "Non è possibile, Marco..."
Persone diverse, di età, sesso e lavori diversi.
Finalmente c'era un filo conduttore.
Arrivò la telefonata di un altro collega che collaborava alle indagini. La linea era molto disturbata, dovette ripetermelo tre volte.
Nella casa dell'uomo morto correndo sul tapis roulant, dietro un quadro, avevano ritrovato la scritta a pennarello RUNWAY LEADER.
Il telefono non smetteva di suonare ed erano tutte pessime notizie. C'era un quinto corpo.
La mattanza sembrava non avere fine.
Non c'era tempo di passare dal commissariato, quindi ci portammo dietro il testimone.
La zona era quella degli ex Mercati Generali. Parcheggiammo di fronte. C'era già un capannello di persone, a debita distanza sul marciapiede.
I piedi dell'uomo sbucavano fuori in verticale da un cassonetto dell'immondizia aperto.
Indossammo i guanti e lo tirammo fuori. Poteva avere fra i 40 i 50 anni.
Alessandro lo riconobbe subito. Massimiliano Carvini. Un altro giocatore della sua associazione.
Lo avevano accoltellato al collo, e poi gli avevano inciso qualcosa sulla fronte, nella carne.
"Sembra una lettera" dissi
"Sembrerebbe... un'alpha" disse Fabrizio
E poi fu il cellulare di Alessandro a suonare.
L'uomo dall'altra parte dell'apparecchio si addossava tutti i delitti dell'associazione 011GIOCHIAMO. Chiamava da un appartamento del centro. Voleva farla finita.
Alessandrò riuscì a farsi dare l'indirizzo.
Partimmo a sirene spiegate.
L'appartamento stava al quarto piano di una palazzina tranquilla.
Chiedemmo rinforzi via radio, ma intanto bloccammo le scale. Risalimmo fino al pianerottolo. Sul campanello c'era il cognome TOMMASI.
"E adesso?" chiese Fabrizio.
"E adesso alzate le mani e fate due passi indietro" disse Alessandro puntandomi una pistola sotto l'orecchio.
Nessuno si era preso la briga di perquisirlo.
"Che diavolo stai facendo?" chiese Fabrizio
"Voglio che aspettiate qui sul pianerottolo. Solo dieci minuti. E poi potrete entrare. Nessuno vi sparerà" promise Alessandro.
Senza smettere di tenerci sotto tiro, tirò fuori una chiave dalla tasca, la infilò nella toppa ed entrò, chiudendosi la porta alle spalle.
Aspettammo i rinforzi. Ci misero un' eternità altro che dieci minuti. Sfondammo la porta. Entrammo con le pistole in pugno.
I due gemelli erano al tavolo. Omozigoti. Identici.
Sul tavolo in mezzo c'era una piccola scacchiera. Stavano giocando.
"Quoridor" disse Alessandro, o il suo gemello, "E' un astratto"
Sul pavimento, in una pozzanghera di sangue, stava Erika. Il corpo sembrava raggomitolato su stesso. Le avevano sparato sulla fronte. Alle lentiggini si erano aggiunte goccioline di sangue.
Fabrizio urlò.
"Quoridor è un astratto" ripetè l'Alessandro di destra, "Lo scopo è far arrivare la propria pedina dall'altra parte".
Erano vestiti identici. Impossibili da distinguere.
"Nel tuo turno o muovi la tua pedina di un passo oppure metti una barriera per ostacolare l'avversario. Ma devi sempre lasciargli una via di fuga" disse l'Alessandro di sinistra.
"Semplice, perfetto, spietato. Si spiega in cinque minuti. Gli astratti sono decisamente sottovalutati".
Cercai di calmare Fabrizio, ma mi strattonò via. Continuava a puntare la pistola alla testa dei due gemelli, spostando la canna da una parte all'altra.
"Erano tutti giocatori mediocri, lo specchio di persone insignificanti" spiegò quello di destra, "Che inseguivano tutte le nuove uscite colorate e scintillanti. Giochi pessimi, mal disegnati, meccaniche difettose imbastite da game designer incompetenti ed editori frettolosi".
"Le persone vivono e giocano per tentativi, fanno della mediocrità uno stile di vita, sorridono ai difetti per giustificare i propri fallimenti quotidiani"
Fabrizio urlava
"Getta la pistola, Fabrizio" gli dissi mettendo via la mia "Guarda, rimetto la mia nella fondina"
"Solo uno di noi due ha ucciso Erika" spiegò Alessandro di sinistra, "L'altro gemello è innocente, è stato con voi tutto il giorno"
"Perchè Erika??!?!" gridò Fabrizio. La pistola gli tremava.
"Evidentemente è l'ELIMINAZIONE DEL GIOCATORE il nostro peccato capitale" sorrise Alessandro di destra
"Noooooo, noooooooo"
Continuava a fare su e giù per la stanza.
"Fabrizio ti prego... se lo fai... avranno vinto loro"
"Avanti, agente, spara! Spara all'assassino di Erika!" disse Alessandro di sinistra
"Decidi tu chi vince e chi perde, agente, determina chi vive e chi muore in questo gioco. Trasformati in KINGMAKING"
"Non lo fare, Fabrizio, non farlo..."
"L'assassino l'ha violentata prima di..."
E Fabrizio sparò.
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Non credo serva spiegare a quale film mi sono ispirato per il mio post numero 300.
RispondiEliminaPiù utile, invece, linkarvi la Goblinpedia della Tana sulla quale sono catalogati i più noti difetti dei giochi da tavolo
https://www.goblins.net/phpBB3/topic-t83623.html
Ho spizzicato parecchio per scrivere queste mie righe.
Come sempre: vi ringrazio della compagnia fino a questi 300.
E provate Quoridor, che è un gran bel gioco, anche se nel racconto lo giocano dei mostri.
Complimenti per i 300!
RispondiEliminami prostro. Spettacolo!
RispondiEliminaMi ricorda la famosa scena tagliata in cui Brad Pitt chiede: "Cosa c'è nella scatola?" E Kevin Spacey gli dice: " Vieni, facciamo l'unboxing di Quoridor!
RispondiEliminaper il trecentesimo hai estratto un gran coniglio dal cilindro
RispondiEliminaGrande spettacolo!
RispondiEliminaBravissimo.
Molto bravo, come sempre!
RispondiEliminasolo una cosa, ti è scappato un refuso: si scrive RunAway Leader
Andre complimenti per il raggiungimento di questo traguardo.... sempre stupendi i post! Un piacere averti conosciuto!
RispondiEliminaQuesto post è una perla ! e anche il film a cui si ispira non è affatto male.
RispondiEliminaPoi penso alla canzone Kevin Spacey di Caparezza :D
Dado solo tu!
RispondiEliminaGEA
Dado sei un mago
RispondiEliminaConte
Grazie Dado di avermi terrorizzato, ora posso buttare via uno dei miei giochi preferiti!
RispondiEliminaC'è solo una parola per definire quanto appena letto:
GRANDIOSO!
Chapeau!
RispondiEliminaElena P.
Damn. Gran bel post. Di diritto dovrebbe entrare nell'olimpo dei migliori. Ho immaginato tutta la scena come fosse un corto cinematografico ed è stato particolarmente coinvolgente.
RispondiEliminaQuoridor mi pare di averlo provato, Un astratto impegnativo e stimolante (anche per me che ho dichiarato amori per cubetti, dischetti e qualsiasi altra risorsa creata in legno ^^).
P.S. Sono conscio che la mia cultura cinematografica sia imbarazzante e chiedo ai cinefili di perdonarmi l'eresia ma...non ho colto il film! Qualche anima pia volenterosa di indottrinare questa povera creatura?
P.S.
Seven
EliminaDa ora il titolo del film si aggiorna in: "Dice: Seven" :-)
EliminaGrazie mille! Provvederò a colmare la lacuna il prima possibile!
EliminaKingmaking. Tra due gemelli. Genio.
RispondiEliminaGrazie gamers.
RispondiEliminatroppo lungo.
RispondiEliminacomunque complimenti per i 300
mi è piaciuto più del film a cui è ispirato! :O
RispondiEliminaBravo Dado!
M.