Ogni mattina a Torino quando sorge il sole...
Da ragazzini, e parlo degli anni '80, quando si potevano ancora stendere i panni sui fili del balcone e le mamme ti mandavano sotto a raccogliere le mollette che saltavano giù, noi figli del segmento popolare Fiat Panda, si giocava nel cortile condominiale. Era fatto ad "L" e dava sul retro dei negozi (che spesso avevano nel cortile un bagno con la turca, nascosto da una porta in legno), con un'autorimessa interna che parcheggiava a tempo indeterminato bidoni d'olio e cataste di pneumatici.
Il cortile era una distesa di cemento grezzo e ruvido, irto di irregolarità (gli operai che l'avevano colato non dovevano aver pensato ad un uso "terrestre"), e le nostre ginocchia erano mappe topografiche di croste dalle mille sfumature. Ho un ricordo vivo di quelle croste che si susseguivano l'un l'altra.
Le scarpe da tennis ai piedi, le disintegravamo a settimane alterne.
Giocavamo per terra senza alcun pudore e ci arrampicavamo su qualunque cosa capitasse a tiro (io e Alberto, che eravamo i più grandi anagraficamente, eravamo gli incaricati ufficiali del recupero pallone sul tetto dell'officina, tramite la scalata di un muretto e una camminata in bilico su una lamiera catramata che a ripensarci adesso, da papà, mi prende un groppo in gola).
Anche i nostri giochi riflettevano la nostra indole spartana.
Il calcio era estremamente "essenziale", e le molte piegature del regolamento venivano riassunte nell'unica tacita regola: tira la palla nella porta avversaria e impedisci all'avversario di tirare nella tua (con qualunque mezzo).
Scartare l'avversario significava quindi menargli in maniera confusa calci sui polpacci e sulle caviglie, sperando che nella mischia la palla rotolasse via, e perchè un fallo fosse considerato tale, uno dei due ragazzini doveva minimo cascare a terra molto malamente (e dico MOLTO malamente, perchè in verità si continuava a menar colpi anche da terra). Erano naturalmente valide le trattenute per la maglietta, gli spintoni a mano aperta (a mano chiusa venivano considerati pugni e sanzionati verbalmente con "Cazzo fai dai pugni?!"), e anche lo sgomitamento nelle costole era guardato con molta indulgenza.
E credetemi: non c'era un grammo di cattiveria in noi, semplicemente si giocava così, quasi il pallastrada de La Compagnia dei Celestini di Benni.
Le cose prendevano una piega bizzarra quando venivano in visita nel nostro cortile i classici cuginetti.
Mamme e zie si affacciavano al balcone: "Marcooooo sta scendendo anche tuo cugino Alessandro, fatelo giocare con voi".
Molti di quei cuginetti giocavano nel circuito dei tornei "bene" dell'oratorio, e alcuni persino nei circoli sportivi riservati ai figli dei dipendenti Fiat (che si fregiavano, direi a sproposito, del titolo di Vivaio Pulcini Juve \ Vivaio Pulcini Toro).
Ci giocavamo insieme perchè dovevamo, ma non era gran che divertente. Erano fatti di pastafrolla e andavano giù ad ogni contrasto. Crollavano a terra in lacrime, rotolandosi per terra con la gamba destra dolorante, e si lamentavamo per tre quarti della partita, chiedendo continuamente fallo (tipo trenta falli a partita, roba che noi per batterne tre doveva essere morto un bambino).
Un gioco al massacro per loro, una noia mortale per noi.
Tuttavia, quando qualcuna di queste fichette senza croste sulle ginocchia, riusciva a filtrare attraverso i nostri cespugli di calci, lo vedevamo correre verso la nostra porta agile come una gazzella (inseguita da un branco pitbull scoordinati).
E non calciava una puntonata con violenza inaudita mirando ai coglioni del portiere come facevamo noi: cercava l'angolino, il pallonetto, la foglia morta, o andava a scartare il portiere per entrare di corpo in porta.
Quindi, noi che lo sapevamo, avevamo una ragione in più per fargli saltare via le caviglie.
E' il turno di RedBairon scegliere il gioco main event della serata, ed è così emozionato che per una volta tocchi a lui che cambia idea mille volte, come un bambino in una gelateria al quale si dica "Puoi scegliere un gusto e uno soltanto".
Alla fine punta il dito su Tikal 2, barattato di recente con un goblin della Tana.
Passo a prenderlo sotto casa e ci fermiamo a comprare una vaschetta da un chilo di gelato.
"Stasera dovrebbe esserci anche un amico di Viking" mi spiega in macchina RedBairon, "...Carontissimo...mi pare si chiami..."
Arriviamo sotto casa del vichingo e saliamo.
Tikal 2
Gioco di esplorazione e caccia al tesoro, fra le rovine di un antico tempio perduto e poi ritrovato, in chiave german. Da 2 a 4 i giocatori-esploratori, tedeschi in fase di esplorazione e speculum, ma italianissimi quando si tratta di smarrire le chiavi appena recuperate.
Si gioca su un bel tabellone, al centro del quale è raffigurato l'antico tempio sbocconcellato dai secoli.
Solo due le azioni a disposizione: una principale, rappresentata dalla circumnavigazione dell'area a mezzo canoa, con raccolta delle tessere azione\bonus, e una opzionale (opzionale una ciufola!) di esplorazione interna delle stanze del tempio.
L'interno del tempio viene composto attraverso la pesca e il posizionamento degli esagoni, che possono essere attraversati solo per mezzo di chiavi del colore corrispondente. Molte le azioni possibili per far punti: dal pescare tesori e poi rivenderli nel momento migliore tramite una ruota che ne determina il valore corrente, alla conquista delle stanze vergini piazzando la propria bandierina per primi.
Il gioco si articola in due macro turni, in mezzo ai quali si inverte l'ordine di turno dei giocatori.
Attorno al tavolo il sottoscritto, Viking, RedBairon e un inedito Carontissimo direttamente dalla città dell'aceto balsamico, al quale stringo la mano.
"Mi ha detto Viking che sei una pippa assurda" mento facendo un po' di pretattica
"Ma non è vero!" protesta Viking
"Vedremo" sorride un Carontissimo per nulla impressionato.
Per il dopo Tikal dovrebbe raggiungerci Pillow, moglie del vichingo, attualmente impegnata nell'addormentamento del vichingo junior. Il programma della notturna è un "5" a Notre Dame, ma vi anticipo già che come al solito andremo lunghi, e ripiegheremo su un Coloretto a portar via.
Red "Tritaregolamenti" Bairon ci sbobina Tikal come neanche l'autore davanti al suo editore, e cominciamo a scavar la terra del tempio a mani nude.
Sono il quarto a muovere ma la imbrocco giusta, ottenendo dall'intero gruppo l'ammirazione e il rispetto che si deve ai grandi.
"Eh, il Dado, mica è un pizza e fichi qualunque" commenta RedBairon
Il mio gioco e i fatti dimostreranno il contrario.
In pochi turni mi piazzo stabile a fondo gruppo, fanalino di coda fisso, ad assicurarmi che nessuno rimanga indietro.
A tenermi compagnia pochi zompi più avanti Viking, che azzecca le sue giocate al 50%.
A contendersi tesori più succulenti e podio sin dalle prime note, RedBairon e Carontissimo.
Punto tutto su Red che gioca in casa ed è proprietario del gioco.
Dimostrerò di esser un pizza e fichi anche nelle previsioni.
Nel fitto della partita Pillow ci raggiunge in cucina, e decide di spezzare l'aria greve di uomini duri all'odore di cane bagnato, estraendo dal frigo una cheesecake alta quattro dita, e tempestata di frutti di bosco. Come raccontavo alla Giullaressa durante l'incursione a casa loro, io amo le cheesecake (e non mi fido degli uomini che non amano le cheesecake).
Me ne taglia una fettona spessa come Il Signore degli Anelli, e probabilmente ammaliata dal mio fascino di blogger mi riserva i frutti di bosco più grossi.
Viking stappa una bottiglia di KeTo del birrificio del borgo, una porter impegnativa con in infusione foglie di tabacco toscano (nota: la KeTo sta diventando la birra-bordgame, credo sia la quarta bottiglia che replichiamo).
La cheesecake e la keto diluiscono la cupidigia attorno alle rovine del tempio, e il gruppo (guidato dal Leader Critico) si lascia andare a sproloqui di prototipi e filler da inventare (se nei prossimi mesi scriverò un post dal titolo "Ecco il mio prototipo di Zombie Badola!" sappiate che tutto è cominciato con una cheesecake).
Alle porte della mezza riponiamo Tikal 2 nella scatola e meniamo il can per l'aia con un giro a Coloretto.
Davvero interessante, Tikal 2. Colorato, tedesco nelle meccaniche ma senza troppe costrizioni, ben amalgamato e non frammentario, molto gradevole da giocare, buona componentistica e con ciliegina sulla cheesecake di precisi divisori interni nella scatola.
Titolo promosso senza riserve.
A trionfare al gioco degli archeologi, l'esordiente (si fa per dire) Carontissimo, palesemente su un altro pianeta rispetto a noi altri tre muzzuni.
Argento un RedBairon fra il contuso e in confuso, bronzo il vichingo tutto chiacchiere e distintivo, medaglia di legno il fanalino di coda critico.
L'unica nostra speranza di fermarlo era colpirlo fra caviglie e polpacci, gambizzarlo, strappargli il crociato anteriore, falciarlo col nostro gioco ignorante di ragazzini con le croste.
E invece non l'abbiamo marcato stretto, non gli siamo stati addosso con i denti piantati sulla giugulare.
E indovina un po? Scansato il nostro groviglio di calci sgraziati, ha trottato verso la vittoria con l'eleganza di chi sa davvero giocare.....
Ogni mattina a Torino quando sorge il sole, i putbull si svegliano, e sanno che correre non servirà a niente, perchè la gazzella è molto più veloce di loro, e che l'unico modo per fermarla è spezzarle quelle sue flessuose e agili zampe....
Pitbull tutta la vita!
RispondiEliminaMuhuhuhahaha!
Vogliamo troppo giocare a zombie badola!
RispondiEliminagrazie a quelli come te ho imparato a dar via la palla di prima.
RispondiEliminaKentuky Toscano Re Porter....una delle mie preferite....(W il borgo...)
RispondiEliminaio giocavo sempre in porta....ero il piu' pippa di tutti !!!!!
Insieme ai pitbull ricordo il portierevolante, un'altra regola del calcio di strada...
RispondiEliminaQuandi si giocava a pallone tutte il giorno d'estate, si incollavano figurine panini sull'album, ad ogni auto che doveva passare si dovevano spostare i mattoni usati come pali....Quando ancora il calcio era romanticismo...ci si illuminava la domenica tra un passaggio di linea CIOTTI-AMERI....ed i gol li vedevi solo la sera tardi.
RispondiEliminaGrande Andrea
E non si poteva segnare oltre centrocampo.
RispondiEliminaQuasi sempre c'erano 1 o 2 auto parcheggiate in mezzo al campo, per fortuna agli angoli, ma soprattutto su un lato c'era un muro... e da quel lato per noi non c'era fallo laterale, così potevi anche giocare di sponda.
....e a 'sto punto.... le partite ai giardinetti usando panchine come porte e senza portiere fisso.....solo al pensiero sto sudando di Brutto!!!!
RispondiEliminache bei ricordi che mi tornano alla mente... le tedesche che duravano giornate intere, il rigore per mandare fuori chi rimaneva a zero, le panchine come porte... le cicatrici sulle ginocchia.
RispondiEliminami ricordo che stavo sempra a lavorarci sopra e a farmi medicare per ripararle in fretta per la partita del giorno dopo.
Mia madre un giorno mi disse: "quando non avrai più queste croste vorrà dire che sarai diventato grande"... aveva ragione, e come lei oggi lo dico a mio figlio ma con il sorriso di chi quelle gambe così ci godeva ad averle.
pippa o pitbull, gazzella o no, se avevi quei segni indelebili eri uno a posto.
Grazie Dado per questa sana boccata di ricordi.
Alberto-da-Roma :D
Anche ricordare con nostalgia il passato è segno inequivocabile di come gli anni passano. Noi della periferia romana passavamo intere giornate a giocare a tedesca (quando non eravamo occupati ad acchiappare lucertole al parco o a sparare con la cerbottana!!)
RispondiEliminaLa cosa più bella però è che, nonostante gli anni passati, riusciamo ancora a trovare il tempo per sedersi ad un tavolo a giocare! Non importa a cosa ...
(Levia)