Come una donna incinta che si svegli nel cuore della notte con un'irrefrenabile voglia di prosciutto crudo e melone, era un po' che Viking manifestava i primi sintomi di quella che sembrava a tutti gli effetti una ludogravidanza isterica, con un'inspiegabile voglia di wargame.
"Vorrei un titolo su cui menarci...ho voglia di qualcosa di bellicoso" sospirava indolente, massaggiandosi l'addome rigonfio di birra.
Visto che l'ultima cosa che volevamo vedere era l'insorgere di macchie a forma di carrarmatino attorno al suo ombelico lanuginoso (che poi avremmo faticato a spiegare a sua moglie, per quanto donna estremamente comprensiva), io e RedBairon siamo scesi in strada, in cerca di un centro giochi aperto di notte.
"Si, ma tornate presto" si era raccomandato Viking sulla soglia, in preda agli ormoni e con labbro tremulo.
Mentre la macchina attraversava una Torino scrosciante pioggia che il tergicristallo faticava a spazzar via dal parabrezza, avevamo cominciato a buttar giù la lista dei papabili.
RedBairon caldeggiava Maria, di cui aveva sentito parlare un gran bene (che a raccontarla così, che cercavamo "Maria", girovagando di notte con la macchina per i controviali, sembrava andassimo in cerca di droga o troie, altro che boardgames).
Io, decisamente a digiuno sul genere, annuivo sui molti titoli di RedBairon al ritmo ciondolante dell'arbre magic appeso al retrovisore.
Alla fine è stato lo stesso Viking a decidere e ad aprire il portafoglio per finanziare Starcraft.
La serata viene pianificata con una novantina di messaggi su whatsapp.
Il gioco è un cinghialazzo robusto, che per scannarlo tutto stimiamo ci vadano almeno 3-4 ore buone, non proprio un'insalatina di sarset.
"Per risparmiare tempo io preparo già il tavolo" ci spiega Viking "Quando arrivate, tempo che si addormenti mio figlio e partiamo".
Pur fiducioso, l'incognita figlio mi spaventa un po', perchè di solito quando io pianifico una serata citu citu con Francy, immancabilmente quella sera mia figlia non vuole saperne di addormentarsi. I figli sembra abbiano un sesto senso, lo capiscono al volo quando cerchi di organizzare qualcosa dopo la loro nanna.
Arriviamo sotto casa di Viking che sono quasi le 22.00. Mentre aspettiamo davanti al portoncino che Viking ci apra (previo sms "Siamo sotto"), RedBairon mi suggerisce di non impugnare la bottiglia di birra come la sto impugnando, perchè sembra una mazza, o peggio ancora una molotov, e in quello stabile abbiamo dei precedenti.
Il portoncino scatta. Saliamo.
Viking ci accoglie sulla soglia: ciabatte, occhiaie tipo panda, visibilmente provato e con uno spiderman di plastica infilato nella cinta dei calzoni.
"Ragazzi è ancora sveglio...voi intanto preparatevi il caffè in cucina".
Il tavolo in cucina è mezzo setuppato e ne approfittiamo per prendere confidenza con le miniature che sono non belle ma bellissime, dettagliate al micron.
Prendo ZERGGGG!!!!, naturalmente, perchè al primo Starcraft ho giocato qualcosa come 1500 partite in rete, tutte da zerg e sono un devoto dello sciame e della regina Kerrigan.
Complice una bottiglia di Old Antonia del birrificio del Borgo, che
dovrebbe essere il Brunello di Montalcino della produzione del Borgo e
che invece lascia qualche perplessità al sottoscritto (troppo liquorosa e
impegnativa con i suoi 11°, invece RedBairon sembra gradire parecchio e la fotografa anche!) e
il test del prototipo che mi hanno portato due settimane fa (ve ne parlerò
prossimamente) tiriamo molto in lungo, troppo per poter poi affrontare il pachiderma della Blizzard.
E' Viking a richiamarci all'ordine, ritirando la ciotola dei pistacchi (su un coro di contrariati "Nooooooooooo"), e attaccando con la spiegazione del gioco.
Nota: questa volta non ci provo neanche ad abbozzarvi le regole di 'sto monolito: vi rimando alla visione dell'ottimo video tutorial di Alkyla, del canale Tocca a Te.
https://www.youtube.com/watch?v=3RDEsbj5-R0
La spiegazione di Viking finisce e possiamo cominciare a giocare.... a mezzanotte.
Mezzanotte, si.
Si comincia già spompatissimi, come corridori che si posizionino sulla linea di partenza dopo una notte brava di Maria (intesa sesso e droga, non il boardgames). Viking sembra il meno provato dei tre e discute a voce alta di una strategia che gli frulla in testa da quando ha comprato il gioco, mentre RedBairon, sguardo vitreo sul tabellone dei pianeti, continua a sbucciare dei pistacchi immaginari.
Io vagamente in limbo come morto in un doppio sogno di Inception, tentenno con le carte in mano e faccio un po' di casino fra quelle pescate, quelle a disposizione e gli scarti.
A dispetto però delle premesse fra il Valium e il rinco, una volta ingranato con i token azione, il gioco comincia ad animarsi e il nostro corpo a produrre caffeina organica nel sangue. Ci svegliamo tutti e tre, dritti come asparagi.
Memore del gioco digitale e confidando nel diktat che lo zerg deve espandersi più velocemente delle altre due razze (Viking prende protoss, RedBairon i fottuti umani), starto buttandomi a pesce chetinoso sul primo pianeta libero, lasciando scoperto il mio e bluffando di avere in mano chissà quali uber-carte difesa.
La prima colonizzazione fila liscia, e conquisto minerale e gas vespene, avvantaggiandomi economicamente sul gruppo.
Il pianeta conquistato non sfugge alla bramosia dei miei soci, che al turno successivo cominciano a distribuire tokens azione molto poco rassicuranti proprio sul mio nuovo pianeta. Richiamo in difesa tutti gli zergling e le hydra che ho a disposizione, lasciando completamente sguarnito l'alveare principale, e mi preparo al contraccolpo.
I primi a entrare sono gli zealot, che come mi ricordavo, pestano come hooligans dopo un gol subito al novantaquattresimo. Schieriamo le prime linee e Viking si gioca pure carte di supporto che gli aumentano la difesa (i valori di attacco sono già sovradimensionati per i miei insettini). Lo scontro è un bagno di sangue a senso unico: a lasciarci chele e carapace il mio intero gruppo di hydra, mentre il protoss praticamente non subisce danni. Il tempo di pentirmi di non aver sacrificato gli economici zergling, che è il turno di RedBairon.
Come spesso succede nei giochi a tre, la miglior strategia è quella di lasciar scannare i due avversari, lasciare che si infliggano più danni possibili e che spendano carte e risorse. I marines e le fenici di RedBairon arrivano a far terra bruciata sul mio pianeta, che io e Viking oramai abbiamo già speso tutto. Le poche unità sopravvissute cadono miseramente: gli zealot cercano inutilmente di fermare la gragnuola di proiettili ma vengono crivellati e stuprati senza pietà, mentre i fragili zergling vengono schiacciati sotto il tacco degli stivali dell'esercito, senza neanche l'onore di una pallottola.
L'apocalisse rossa falcia ogni filo d'erba.
Di comune accordo decidiamo di interrompere la partita che sono quasi le tre di notte.
Abbiamo fatto pochi turni (quattro?) ma è ora di tornare a casa, la mattina è maledettamente vicina e dobbiamo metter nelle ossa almeno tre ore di sonno.
Ci congediamo da Viking, lasciandolo solo a ritirare token e carte, certi che la partita interrotta lo tormenterà tutta la notte.
Qualsiasi commento su Stacraft è prematuro, visto che non siamo riusciti farci neanche una partita intera (premature quindi anche le prime impressioni).
Sicuramente il gioco è tanta roba: è una donna tutta tette&culo però anche appassionata di birra\boardgames\filmhorror\gokart\xbox a cui garba far sesso fra una grigliata di carne e un incontro di wrestling con l'Undertaker: richiede dedizione e un po' di impegno, farci due partite soltanto è un insulto all'abbondanza e a madre natura, oltre che peccato mortale.
Rinvio quindi a bocce ferme (per restare in tema) ogni altra considerazione, a parte il dato oggettivo che la componentistica è da urlo di Munch e l'ambientazione del gioco mi sembra piuttosto fedele all'originale.
Conclusioni
L' inevitabile conclusione è che la vita vera viene comunque prima, e che c'è ancora un briciolo di istinto di sopravvivenza, nelle nostre arterie di giocatori al penultimo stadio.
Lo ammetto: ci era balenata l'idea di tirare ancora, di caricare un'altra caffettiera e portare a termine la maledetta partita (che verosimilmente sarebbe finita fra le 4.00 e le 5.00, visti i nostri tempi biblici), ma alla fine ha prevalso il buon senso (sotto forma di RedBairon: "Andre, non ce la possiamo fare, dai, andiamocene a casa, tu domani ti alzi alle sei").
E' stata dura abbandonare la partita, interromperla così, lasciarla irrisolta e senza poterle dare un senso, proprio nel momento in cui avevamo ingranato bene con le meccaniche, che c'erano scontri da tutte le parti e le basi cominciavano a produrre unità avanzate.
Ma senza far retorica di cui non mi sento proprio alfiere, la vita vera viene prima, e questo è un Regolamento dal quale non si prescinde e che non ammette home rules.
Per il momento quindi Starcraft va nel congelatore, fra il sacchetto dei piselli (utili anche come borsa del ghiaccio quando al bambina ha la febbre) e i mini-tupperware col ragù della mamma.
Visto l'agosto incombente, dubito lo riprenderemo prima di settembre...
giovedì 31 luglio 2014
domenica 27 luglio 2014
Il mio bicchiere mezzo pieno
Quando scrivo non riesco ad avere una vera percezione di quante persone mi leggeranno.
Sono solo io, la notte, il portatile ronzante e una tazzina di caffè.
Spesso mi prendo dei token con cui giocherellare con la mano, mentre scrivo. Mi rilassa.
E' una bella sensazione scrivere in questo modo, romantica a suo modo, intima.
E scrivere il report delle partite giocate la sera prima, riportare gli aneddoti più divertenti (vedi lo spaccaportine), è anche il mio modo per non dimenticarli, per salvarli.
Come quei giocatori, e ho scoperto che sono in tanti a farlo, che si segnano su un quadernetto tutte le partite che giocano, con tanto di appunti sui vari titoli e i punteggi.
Finito il post, lo rileggo una mezza dozzina di volte in cerca di refusi (che immancabilmente mi sfuggono e ritrovo solo il giorno successivo), poi clicco su "pubblica" e vado a dormire.
Il giorno dopo vedo i click che salgono, e mi stupiscono quei post che raggiungono le 500-600 visualizzazioni nel primo giorno. Ma si tratta di click, di un contatore che gira, non riesco a vedere le persone dietro.
Sono i messaggi, le mail, i commenti ai post, a conferire al blog e alle persone la giusta tridimensionalità.
Cerco di rispondere a tutti, anche se non sempre riesco con la dovuta tempestività. Spero comunque di non avere appesi messaggi inevasi (nel qual caso vi invito a riscrivermi e a mettere nell'oggetto: "ABBUZZICONE RISPONNIMI!", dico davvero). Alcune persone che mi scrivono vogliono sapere delle cose su di me... e la cosa un po' mi stupisce, visto che già nel blog di cazzacci miei ne racconto parecchi, ma alcuni sono ugualmente curiosi e mi chiedono dove abito, se ho mai preso delle fregature comprando giochi su ebay, se litigo mai con mia moglie per via dei board games, qual è la mia birra preferita in assoluto, quanto è lunga la mia barba perchè a leggere il blog mi immaginano come uno di quei boscaioli canadesi con la camicia a scacchi...
Alcuni, come Alberto P., roma, mi scrivono per raccontarmi che si ritrovano molto nei miei report e che timidamente anche loro scrivono dei report simili, dopo le serate gioco, report che gironzolano il giorno dopo a mezzo mail fra i giocatori coinvolti, che le leggono dall'ufficio e se la sghignano...
Insomma: tanta roba che naturalmente mi fa piacere.
Nel ringraziarvi per la compagnia (che vi assicuro essere reciproca), approfitto di questi 50.000 non tanto per celebrarli nè celebrarmi, ma per tirare un po' le somme del blog, per commentare i post più significativi e quelli che sono piaciuti più a voi e a me.
I più letti
http://dadocritico.blogspot.it/2014/04/storia-di-una-banconota-e-della.html
Indubbiamente il post più amato. Scritto in occasione della ristampa di Le Havre, e cominciato la sera stessa che ho defustellato il gioco, e assolutamente veritiero nella sua storia, a distanza di mesi mi capita ancora di sentirmi dire "Eh, comunque il post della banconota rimane insuperabile...".
2- Mogli non giocanti
http://dadocritico.blogspot.it/2014/05/mogli-non-giocanti.html
Un post di cui non dovrei prendermi la paternità, perchè ho solo messo in chiaro quello che pensiamo un po' tutti noi mariti sospiranti e rassegnati.
Sicuramente uno dei miei post preferiti e fra quelli che rileggo più volentieri (nota: fra i molti commenti mi ha fatto molto ridere "Lo confesso: sono io quello di Pinerolo").
Mentre lo scrivevo avevo bene in testa tante persone...anche voi, Albo e Vale :)
3- 8X
http://dadocritico.blogspot.it/2014/07/8x.html
Post recentissimo, a mio avviso ricco di spunti, del quale si è parlato parecchio, e che mi ha attirato addosso anche qualche frecciata.
Da segnalare anche una mail anonima a riguardo, che però era così garbata e priva di qualsiasi intenzione di insulto ma semplicemente un "Io la penso diversamente da te" che mi chiedo perchè l'autore non me l'abbia mandata in chiaro.
Per il post ho attinto a V per Vendetta, film che amo molto.
4- 220 Minuti di Rosenberg prima di dormire
http://dadocritico.blogspot.it/2014/06/220-minuti-di-rosenberg-prima-di-dormire.html
Fra i numerosi report post partita, il più cliccato, forse perchè Rosenberg mette d'accordo davvero tutti, patrizi e plebei. Post piuttosto lungo, volutamente corposo come lo sono i titoli raccontati, è un dietro le quinte della vita del giocatore che la mattina si sveglia stanco morto e contento, e cerca l'aiuto di un caffè per affrontare la giornata in ufficio.
Ho conosciuto Viking e RedBairon proprio grazie a questo blog, e sono diventati soci fissi delle mie serate. Finisse anche domani, quindi, chiuderei in attivo.
I miei preferiti (in ordine sparso)
[VIDEO] Perchè i complottisti non dicono la verità su Risiko?
http://dadocritico.blogspot.it/2013/12/perche-i-complottisti-non-dicono-la.html
Uno dei miei pochi video, perchè, mi rendo conto, non sono proprio il mio mestiere. Ma ogni volta che lo riguardo ridacchio. Credo sia venuto simpatico.
nota: SVEGLIAAAAAAAAAAAA!!!
E' il momento di farsi dei nemici
http://dadocritico.blogspot.it/2013/12/e-il-momento-di-farsi-dei-nemici-lotr.html
Uno dei miei preferiti, davvero. La frase chiave del post è: "Ho capito che non ti piace il fantasy, ma il Signore degli Anelli!!".
Nota: ho linkato il post ad alcuni amici Tolkeniani. La maggior parte di loro mi ha risposto "Ehehe, carino il post, mi ha fatto ghignare. Comunque Andre, scherzi a parte, anche se non ti piace il fantasy, davvero, Tolkien non può non piacerti. Secondo me non l'hai letto con la dovuta attenzione".
Niente da fare, non se ne esce.
Serial Killer vende Le Havre
http://dadocritico.blogspot.it/2014/01/serial-killer-vende-le-havre-massima.html
Anche in questo caso. report assolutamente veritiero. Nelle due settimane successive alla pubblicazione mi sono aspettato un sms del tizio (che appunto aveva il mio cellulare), qualcosa del tipo "Maledetto bastardo ho letto su internet che hai inventato delle stronzate tutte balle su di me ti rompo la faccia ti corco di botte". Me l'aspettavo proprio scritto così, senza punteggiatura, tutto d'un fiato, come parlava lui. Non è arrivato nulla. Forse non bazzica forum e community e non sa di me.
O forse li bazzica e sa di me. E attende nell'ombra....
Room 25 fra deliri onirici, finzione e Pinocchio
http://dadocritico.blogspot.it/2013/11/room-25-fra-deliri-onirici-finzione-e.html
La partita raccontata e romanzata sulle note di The Cube è assolutamente vera.
Il più grande bluffatore e faccia di tolla che mi sia capitato di incontrare.
nota: alcuni amici hanno provato Room 25 come semplice cooperativo e l'hanno trovato carino ma niente di speciale.
Modalità con sospetto, amici miei. Questo è l'unico modo per assaporare questo giochino bastardissimo e infame. Provatelo e amatelo.
Stasera trittico di giochi isola
http://dadocritico.blogspot.it/2014/04/stasera-trittico-di-giochi-isola.html
Report di una bellissima serata con ErProsciuttaro e Melonia, amici e compagni di merende al tavolo di gioco da quando è nata questa passione. Bel finale king-iano in cui si scopre il mio lato oscuro, con un sottinteso to be continued..., a evidenziare la continuità della nostra avventura in trio.
Con ErPro si è amici da una mezza vita. Lui è responsabile di un sacco di miei passioni e scivoloni nell'oblio dell'acquisto compulsivo, e per questo mi deve una sporta di soldi, che un giorno spero di riscattare per ritirarmi su un'isoletta del pacifico e passare il resto della vita succhiando cocchi.
...solo gestionali spinti...
Un grazie per la compagnia, per le mail in chiaro e in scuro, per i rimproveri per l'uso smodato di "cazzo", per tutti i pm dei Goblin della Tana, e per tutto il resto.
Andrea
martedì 22 luglio 2014
Paturnia
"Non ho ancora trasformato i giochi da tavolo in una pandemia ma datemi ancora un attimo"
AbracaDado
Giocare da tavolo non fa figo. Ma gnente proprio. Un giorno, e fidatevi di uno che la sa lunga, qualche pubblicitario creativo dirà che Meeple è bello! e che I puzzilli andranno tantissimo questa estate, e allora noi giocatori andremo via come il pane e diventeremo la nuova fantasia erotica delle casalinghe, roba che gli idraulici potranno solo starsene lì a guardare..
Nel frattempo viviamo nel guano dell'anonimato, non rassegnati ma consapevoli, come orgogliosi scarabei stercorari.
E' un mondo quello dei board games, senza luccicanza, che non seduce nè stuzzica il prossimo, e che non innesca neanche quel minimo di curiosità istituzionale che possono innescare attività come la capoeira, la numismatica, il cake design o farsi la bigiotteria con le cialde usate del nespresso.
Quando racconto di questa mia passione a un nuovo amico, la sua reazione di solito è:
"Ah...giochi da tavolo...beh, dai... direi...carino, dai, interessante"
Fra il totalmente disinteressato ma politicamente corretto, e il malcelato "Eccone un altro con la sindrome di Peter Pan".
Il gioco da tavolo è una moda che non sarà mai di moda, e i giocatori sono guardati sempre con un po' di sufficienza e di tolleranza colata dall'alto.
E così noi reietti tendiamo a far branco, a cercare la compagnia dei nostri simili, a radunarci più o meno segretamente per venerare il nostro culto pagano.
Vado dai Giullari direttamente uscito da lavoro, perchè sono di strada e perchè casa mia è nella direzione opposta (quindi non passo neanche a darmi una rinfrescata, chessò: una doccia veloce, una raspata d'ascella).
Non credo serva spendere troppe parole per dirvi chi sono i Giullari: se bazzicate queste pagine probabilmente siete appassionati di giochi da tavolo (e avete ottimi gusti in fatto di uomini) e conoscete quel minimo di fauna locale "celebre" in questo angusto mondo di anti-eroi: Sava, Agzaroth, Pinco11, MaxT, MagoCharlie, ...
Sposati, entrambi giocatori, e giocatori assolutamente hardcore, i Giullari sono probabilmente la coppia di gamers più famosa della Tana dei Goblin (Rozzilla li ha recentemente definiti i Sandra e Raimondo dei board games).
Ed io sono loro devoto fanz.
I giochi della serata sono stati decisi via whatsapp il giorno prima, attraverso lo scambio dei selfie dei nostri rispettivi scaffali.
Per ottimizzare mi accolgono con Suburbia già apparecchiato e setuppato. Mentre la Giullaressa ordina le pizze e prepara al volo una cheesecake, il Giullare Barbuto mi erudisce sul titolo. Gioco di piazzamento tessere con fine ultimo di costruire il quartiere più figo, attirare più cittadini e avere più pecunia. Gli esagoni rappresentano lembi di quartiere acquistabili, con bonus e malus a seconda degli altri esagoni a contatto.
Nonostante le quattro regole e le icone parlanti, ci impiego un po' a ingranare con i piani urbanistici di Suburbia, probabilmente distratto dalla lama di luce strobo che mi arriva dritta sulla faccia dalla finestra aperta (vedi foto). Il Barbuto, nel cono d'ombra alla mia destra, mi sta dietro per i primi turni. In verità come finirà la partita lo si intuisce dal primo turno, quando la Giullaressa ci spiega che cosa sia il carattere spendendosi tutte le monete del setup iniziale per UN singolo esagono. Non ci penso neanche che abbia azzardato troppo, perchè ho visto Madame Feld domare leviatani impazziti senza neanche spezzarsi un unghia. E infatti dal turno due il suo motore prende vita e comincia a scombare con qualsiasi cosa, pur col cane Botolo addormentato sul divano, accumulando monete che la Giullaressa tiene davanti a sè in piccole pilette ordinate, mentre io e il Barbuto raccogliamo le briciole.
L'esagono ultimo turno arriva un po' all'improvviso ed è ora di tirare le somme.
La Giullaressa chiude a 84, il Giullare Barbuto a 79, io a 73.
Arrivano le pizze e arriva RedSkin, compagno di merende dei Giullari e altro brutto ceffo della Tana. Arriva con un' impepata di cozze nello stomaco, una caraffa di sangria nel sangue e una scatola magnum di caramelle crucche sotto braccio.
Durante la cena naturalmente discutiamo di fisica quantistica e massimi sistemi:
RedSkin: "Dado te lo ricordi Colpo Grosso a..."
io: "Certo che me lo ricordo Colpo Grosso: ...Cin Cin ricoprimi di baci...Cin Cin assaggia e poi mi dici..."
RedSkin: "Ahahahah non intendevo il programma di Smaila, intendevo Colpo Grosso a Topolinia"
io (sospirando): "Eh, comuque le ragazze Cin Cin...."
Il Barbuto stappa un paio di Kauss, birre artigianali di un microbirrificio di Piasco, con etichette ignude e senza fronzoli ma birra decisamente di buona fattura (me ne regalerà quattro a fine serata, obbligandomi, moralmente, a programmare a breve una serata a casa mia fra luppolo e boardgames).
La cheesecake della Giullaressa segna la fine di bagordi e baccanali, e torniamo alle cose serie.
Tiro fuori dal mio zaino Tobago.
Questa volta a pestarci i calli siamo in quattro e intuisco subito la pericolosità dell'ultimo arrivato: in qualche modo RedSkin riesce a ipnotizzarmi e a convincermi a ingurgitare quattro etti di caramelle ai gusti di pop corn, lime, burro, marshmallow, succo di pera e marmellata di fragole. Lo smottamento intestinale e l'impennata della curva glicemica mi imperlano la fronte di sudore, ma non mi distraggono dal tesoro di Willy l'Orbo.
Complice l'esperienza, la partita si conclude con il punteggio:
Dado 40 - RedSkin 27 - Giullare Barbuto 22 - Giullaressa 12
In zona limoncello entra sul tavolo il controverso 8X.
Sono l'unico che ci abbia già giocato ma visto il tipo di meccaniche stimo che i soci mi passeggeranno sulle vertebre. Non mi sbaglio.
Quindici minuti e altri due etti di caramelle dopo, la partita si conclude come segue:
Giullare Barbuto 12 - RedSkin 10 - Giullaressa 9 - Dado 8.
Quando lascio casa loro alle porte della mezzanotte, il navigatore segna 70 km per rientrare. E' notte fonda e prima di imboccare la tangenziale mi sparo un'arteria statale tutta dritta che fa a pugni con la stanchezza nelle ossa.
Rientro all'ora delle prostitute.
Mentre parcheggio sotto casa, mi arriva il messaggio del Barbuto "Noi abbiamo appena finito una partita a Whitechapel".
Chapeau, amici miei :)
E grazie della serata.
AbracaDado
Giocare da tavolo non fa figo. Ma gnente proprio. Un giorno, e fidatevi di uno che la sa lunga, qualche pubblicitario creativo dirà che Meeple è bello! e che I puzzilli andranno tantissimo questa estate, e allora noi giocatori andremo via come il pane e diventeremo la nuova fantasia erotica delle casalinghe, roba che gli idraulici potranno solo starsene lì a guardare..
Nel frattempo viviamo nel guano dell'anonimato, non rassegnati ma consapevoli, come orgogliosi scarabei stercorari.
E' un mondo quello dei board games, senza luccicanza, che non seduce nè stuzzica il prossimo, e che non innesca neanche quel minimo di curiosità istituzionale che possono innescare attività come la capoeira, la numismatica, il cake design o farsi la bigiotteria con le cialde usate del nespresso.
Quando racconto di questa mia passione a un nuovo amico, la sua reazione di solito è:
"Ah...giochi da tavolo...beh, dai... direi...carino, dai, interessante"
Fra il totalmente disinteressato ma politicamente corretto, e il malcelato "Eccone un altro con la sindrome di Peter Pan".
Il gioco da tavolo è una moda che non sarà mai di moda, e i giocatori sono guardati sempre con un po' di sufficienza e di tolleranza colata dall'alto.
E così noi reietti tendiamo a far branco, a cercare la compagnia dei nostri simili, a radunarci più o meno segretamente per venerare il nostro culto pagano.
Vado dai Giullari direttamente uscito da lavoro, perchè sono di strada e perchè casa mia è nella direzione opposta (quindi non passo neanche a darmi una rinfrescata, chessò: una doccia veloce, una raspata d'ascella).
Non credo serva spendere troppe parole per dirvi chi sono i Giullari: se bazzicate queste pagine probabilmente siete appassionati di giochi da tavolo (e avete ottimi gusti in fatto di uomini) e conoscete quel minimo di fauna locale "celebre" in questo angusto mondo di anti-eroi: Sava, Agzaroth, Pinco11, MaxT, MagoCharlie, ...
Sposati, entrambi giocatori, e giocatori assolutamente hardcore, i Giullari sono probabilmente la coppia di gamers più famosa della Tana dei Goblin (Rozzilla li ha recentemente definiti i Sandra e Raimondo dei board games).
Ed io sono loro devoto fanz.
I giochi della serata sono stati decisi via whatsapp il giorno prima, attraverso lo scambio dei selfie dei nostri rispettivi scaffali.
Per ottimizzare mi accolgono con Suburbia già apparecchiato e setuppato. Mentre la Giullaressa ordina le pizze e prepara al volo una cheesecake, il Giullare Barbuto mi erudisce sul titolo. Gioco di piazzamento tessere con fine ultimo di costruire il quartiere più figo, attirare più cittadini e avere più pecunia. Gli esagoni rappresentano lembi di quartiere acquistabili, con bonus e malus a seconda degli altri esagoni a contatto.
Nonostante le quattro regole e le icone parlanti, ci impiego un po' a ingranare con i piani urbanistici di Suburbia, probabilmente distratto dalla lama di luce strobo che mi arriva dritta sulla faccia dalla finestra aperta (vedi foto). Il Barbuto, nel cono d'ombra alla mia destra, mi sta dietro per i primi turni. In verità come finirà la partita lo si intuisce dal primo turno, quando la Giullaressa ci spiega che cosa sia il carattere spendendosi tutte le monete del setup iniziale per UN singolo esagono. Non ci penso neanche che abbia azzardato troppo, perchè ho visto Madame Feld domare leviatani impazziti senza neanche spezzarsi un unghia. E infatti dal turno due il suo motore prende vita e comincia a scombare con qualsiasi cosa, pur col cane Botolo addormentato sul divano, accumulando monete che la Giullaressa tiene davanti a sè in piccole pilette ordinate, mentre io e il Barbuto raccogliamo le briciole.
L'esagono ultimo turno arriva un po' all'improvviso ed è ora di tirare le somme.
La Giullaressa chiude a 84, il Giullare Barbuto a 79, io a 73.
Arrivano le pizze e arriva RedSkin, compagno di merende dei Giullari e altro brutto ceffo della Tana. Arriva con un' impepata di cozze nello stomaco, una caraffa di sangria nel sangue e una scatola magnum di caramelle crucche sotto braccio.
Durante la cena naturalmente discutiamo di fisica quantistica e massimi sistemi:
RedSkin: "Dado te lo ricordi Colpo Grosso a..."
io: "Certo che me lo ricordo Colpo Grosso: ...Cin Cin ricoprimi di baci...Cin Cin assaggia e poi mi dici..."
RedSkin: "Ahahahah non intendevo il programma di Smaila, intendevo Colpo Grosso a Topolinia"
io (sospirando): "Eh, comuque le ragazze Cin Cin...."
Il Barbuto stappa un paio di Kauss, birre artigianali di un microbirrificio di Piasco, con etichette ignude e senza fronzoli ma birra decisamente di buona fattura (me ne regalerà quattro a fine serata, obbligandomi, moralmente, a programmare a breve una serata a casa mia fra luppolo e boardgames).
La cheesecake della Giullaressa segna la fine di bagordi e baccanali, e torniamo alle cose serie.
Tiro fuori dal mio zaino Tobago.
Questa volta a pestarci i calli siamo in quattro e intuisco subito la pericolosità dell'ultimo arrivato: in qualche modo RedSkin riesce a ipnotizzarmi e a convincermi a ingurgitare quattro etti di caramelle ai gusti di pop corn, lime, burro, marshmallow, succo di pera e marmellata di fragole. Lo smottamento intestinale e l'impennata della curva glicemica mi imperlano la fronte di sudore, ma non mi distraggono dal tesoro di Willy l'Orbo.
Complice l'esperienza, la partita si conclude con il punteggio:
Dado 40 - RedSkin 27 - Giullare Barbuto 22 - Giullaressa 12
In zona limoncello entra sul tavolo il controverso 8X.
Sono l'unico che ci abbia già giocato ma visto il tipo di meccaniche stimo che i soci mi passeggeranno sulle vertebre. Non mi sbaglio.
Quindici minuti e altri due etti di caramelle dopo, la partita si conclude come segue:
Giullare Barbuto 12 - RedSkin 10 - Giullaressa 9 - Dado 8.
Quando lascio casa loro alle porte della mezzanotte, il navigatore segna 70 km per rientrare. E' notte fonda e prima di imboccare la tangenziale mi sparo un'arteria statale tutta dritta che fa a pugni con la stanchezza nelle ossa.
Rientro all'ora delle prostitute.
Mentre parcheggio sotto casa, mi arriva il messaggio del Barbuto "Noi abbiamo appena finito una partita a Whitechapel".
Chapeau, amici miei :)
E grazie della serata.
venerdì 18 luglio 2014
Mordesse la rotaia con muscoli d'acciaio
Tedesco da 2 a 5 giocatori della durata di un paio d'ore slabbrate fra spruzzi di birra e "Oh, raga, la prossima Cave Troll!", è un gioco del quale si legge piuttosto bene in rete.
Nel villaggio globale degli strapazza puzzilli, i giochi da tavolo si dividono in due grandi famiglie: quelli osannati dai giocatori e quelli massacrati dai medesimi. In mezzo c'è l'anonimato, il calderone della dimenticanza del "Non male ma neanche il gioco della vita" , circa il 90% dei titoli.
Forse al limbo della dimenticanza è quasi meglio il massacro della gogna: nel tempo trovi sempre il giocatore borderline in cerca di sfida "Voglio proprio vedere se 'sto Panic Station è brutto come dicono".
Quando va bene il nerd-alfa piega il regolamento e scova l'home rule che ribalta il gioco, e scrive una lunga e dotta retrospettiva che poi viene condivisa da tutti su facebook, e il gioco vive una seconda giovinezza.
Quando va bene, naturalmente, mica va sempre bene.
Mi incuriosiva molto Snowdonia perchè, a dispetto di tanti commenti positivi, mi sembrava già stato infilato nel cassetto della roba che non va più. Un po' come Quarriors, che quando è uscito ci giocavano cani e porci e oggi non se lo caga più nessuno (a me continua a piacere un sacco).
In Snowdonia i giocatori vestono i fuligginosi panni di imprenditori che lavorano fianco a fianco per la costruzione dello stesso tratto ferroviario. Lavorano insieme ma sono avversari, nella lotta per gli agognati punti vittoria finali.
Il setup porta via un po' di tempo e occorre avere un tavolo abbastanza grande per far stare tutto e non giocare con le carta ammassate sul bordo (e qualche centimetro per i bicchieri vogliamo ritagliarcelo?).
Benchè german, si notano gli sforzi dell'autore per creare un minimo di aderenza fra le meccaniche e l'ambientazione: le carte ferrovia, ad esempio, vengono disposte tutt'intorno al tabellone in un'ipotetica linea ferroviaria che si arrampica sulle pendici della montagna, linea inframezzata da carte stazione. Ogni tratto di binario non ancora costruito è rappresentato da un mucchio di macerie grezze da bonificare, e una volta scavato occorre avere belli e pronti dei binari da posizionare. Per ottenere i binari bisogna raccogliere il ferro e trasformarlo.
Le materie a disposizione sono: ferro, pietra, carbone e macerie.
Due i lavoratori da work-piazzare nelle aree azione, più un terzo reclutabile al pub, in cambio di una risorsa carbone e della promessa di una pinta.
La partita inaugurale vede coinvolti i soliti tre muzzuni del mercoledì sera, anche detti Gli Zombie del Giovedì Mattina. Viking si presenta sulla soglia della Stazione Critica col solito Cave Troll che gli spunta dalla borsa ikea. Saranno sei mesi che si porta dietro 'sto feticcio e non abbiamo ancora capito il perchè, visto che alla fine è sempre il primo a dire "Ma no, dai, Cave Troll no, facciamo un'altra volta". Mistero.
RedBairon scende al capolinea con la MIA copia di Snowdonia sotto braccio. Gli ho chiesto se aveva voglia di studiarsi il regolamento (che oggettivamente poteva essere scritto un po' meglio) e guidare il gruppo nella prima partita ufficiale. RedBairon è un trita-regolamenti. Li legge prima di addormentarsi. E non è che gli conciliano il sonno: lo agitano. Così non dorme e continua a leggere, e più legge più si agita. In loop.
La partita inaugurale comincia tentennante e traballante, come un vecchio Trenitalia regionale degli anni 80 col seggiolino a scomparsa nel corridoio. Poca lubrificazione? Io dico coerenza.
Superati pochi istanti di smarrimento del tipo "Si, ma questa maceria dove me la ficco?" prendiamo velocità, col mostro che divorava la pianura.
Intuiamo subito l'importanza sia del carbone che delle carte contratto e così passiamo i primi turni a far legna, senza spendere niente, delle formichine che non vedono l'ora di sbattere in faccia alla cicala il "Te l'avevo detto".
Il primo a rompere il muro della prudenza sono io, che dopo lunga ponzatura profetizzo "Dunque: se ho fatto bene i miei calcoli dovrei riuscire a ..."
Naturalmente non ho fatto bene i miei calcoli e servo su un piatto d'argento l'ultimo cubo macerie a RedBairon, che ringrazia e va a punti. Viking se la ghigna, ma due turni dopo fa la stessa identica cosa. RedBairon, salomonicamente, ringrazia anche lui.
Mi riprendo dal torpore e gioco oggettivamente meglio. Riesco a far punti alle stazioni fra binari e pietre, e metto in cassa i cubetti per le carte contratto. Il Meteo è ballerino ma non così fastidioso e abbiamo tempo di pianificare sulle lunghe distanze.
La partita finisce due ore dopo (abbondanti, ma come avrete capito noi ce la prendiamo MOLTO comoda).
A trionfare per l'ennesima volta il TritaManuali (122), seguito dal sottoscritto in gran spolvero (112) e da un Viking (103) fanalino di coda che puntualizza che comunque lui era venuto per giocare a Cave Troll.
Sembrava il treno anch'esso un mito di progresso
Prime impressioni da prendere con le dovute precauzioni, perchè al momento non ho giocato altre partite, quindi si tratta appunto di primissime impressioni.
Snowdonia è un buon gioco. Ha a mio avviso qualche difettuccio, come il sacchetto, che trovo poco coerente in un gioco estremamente preciso come questo, e questa meccanica un po' frustrante di dare il punto stazione al giocatore che raccoglie l'ultima maceria.
Ma nel bilancio con i positivi è comunque in attivo.
Mi piace il Meteo che influenza la velocità del gioco, le azioni di conversione materie mi sembrano ben realizzate, e mi piace anche la lunghezza del gioco: nè troppo lungo nè troppo corto: perfetta (noi abbiamo sbragato perchè come al solito abbiamo pasteggiato a birra e ci siamo concessi lunghe divagazioni sul senso della vita).
Soprattutto ho apprezzato molto il tentativo dell'autore di dare una certa coerenza fra ambientazione e azione, cosa che succede molto raramente nei miei gestionali spinti. Un gioco che, se non ci fossero tutti gli altri giochi a distrarmi, riproverei stasera stessa, per approfondire e sviscerare.
Un buon prodotto che non merita di stare nel cassetto.
martedì 15 luglio 2014
Abruzzo toccata e fuga
Lei invece ha molta grazia, dedica alle valigie tutto il tempo necessario, e alla fine non si dimentica neanche il filo interdentale.
L'amore fa sicuramente la sua parte, ma credo che alla fine gli uomini si sposino per una questione di mera sopravvivenza...
Aspettando la consueta irritazione da sabbia nel costume nei giorni più caldi d'agosto, ci siamo ritagliati qualche giorno di mare e frittura di pesce, nella terra dell'arrosticino, del cacio fritto e del "Com' no?".
Per il weekend flash mob, sono finiti in borsa: Fantascatti 2.0 - Radio Londra - Dobble.
La scorsa estate il gioco più popolare fra le amichette di mia figlia che bazzicavano attorno al nostro ombrellone, è stato indubbiamente Dobble. Credo che quelle carte rotonde non siano rimaste un solo giorno nella tasca davanti del mio zaino, appeso all'ombrellone.
Durante questi pochi giorni di vacanza-demo ho cominciato a testare l'indice di gradimento dei tre titoli, fra le bambine della spiaggia e lo strillone del coccobello.
Fantascatti 2.0
Il gioco di destrezza con miniature in legno, vince il premio della critica di Peppa Pig. Lo spiego senza la regola della rana parlante e i bambini lo imparano piuttosto in fretta. Piace, piace, piace. Anche agli adulti, che si avvicinano a curiosare (e con le mani dietro la schiena suggeriscono ai nipoti). L'unico contro è che se capita in mezzo il classico bambino leggermente più grande, gli altri hanno finito tutti di giocare: le carte se le prende tutte lui e gli altri languono in silenzio.
In un pubblico di sole bambine, invece, ho notato anche una certa "generosità": se una bambina non riesce a prendere niente, le altre rallentano e la aiutano.
Radio Londra
Bella entrata a gamba tesa per questo figlio di secondo letto di Dixit, che ronza in casa Dado Critico da oramai un paio di mesi (credo da quando ne ho letto su Pinco11).
Lo propongo ai bambini un po' moddato, perchè non riescono a comprendere fino in fondo il perchè devono far capire le carte ma senza "dirle" e senza essere troppo espliciti perchè c'è un cattivo in ascolto.
Quindi al di là di mia figlia che lo conosce e lo gioca benissimo (con vere perle che manco le macchine Enigma), gli altri costruiscono frasi molto semplici e le carte vengono sempre indovinate al primo colpo.
Il gioco così diventa puro esercizio, ma va bene così: se si divertono -> funziona.
Dobble
C'è sempre, anche quando non lo vuoi, come la fetta di cetriolino nell'hamburger di McDonald.
Speravo di lasciarmelo un po' alle spalle e passare ad altro (magari qualcosa di più complesso), ma il gioco delle carte rotonde continua a mietere consensi fra i ragazzini.
Alla fine, quando le carte saranno ridotte a brandelli, mi toccherà ricomprarlo e metterlo nell'azoto liquido
Se avete qualche titolo valido da giocare sui lettini pieghevoli con bambini\e di 4-6 anni (e che non abbia 5239523 pedine che possono perdersi nella sabbia), scrivetemi e ricambierò con utili dritte su creme protettive con cui spalmarsi la testa rasata.
venerdì 11 luglio 2014
Qui non vince mai nessuno
Sarà perchè sono l'ultimo arrivato alla festa delle medie e voi vi siete già tutti strafogati di fonzies, ma io continuo a trovare affascinanti le molte sfumature di questo posto.
Una delle cose che mi entusiasmano di più, al pari del mio nome scritto sul bicchiere di Fanta e dell'ampio parcheggio, per restare sulle tapparelle e i brufolazzi di Elio, è l'importanza della vittoria. Intendo la non-importanza.
Contrariamente ad altri giochi e più in generale ad altre "attività", nelle quali la vittoria è parte integrante del divertimento, nei board games il concetto di vittoria appare decisamente ridimensionato.
Naturalmente tutti sorridono quando possono segnare un'altra tacca sulla propria cintura, e perculare il prossimo con pesanti allusioni sulle ridotte dimensioni del suo pene, ma vincere non è condicio sine qua non. Vincere è solo uno dei due finali possibili.
Non solo.
I giocatori di board games vengono educati, sin dalle prime partite, alla sconfitta.
E il continuo avvicendarsi di nuovi titoli e il poco tempo che dedichiamo ad ogni singolo gioco, ci impediscono di specializzarci, di approfondire, di diventare sempre più forti e assottigliare le sconfitte.
Programmiamo le serate pensando: "A cosa giochiamo... mhmhmhm, potremmo tirar fuori Caylus, che saranno sei mesi che non ci giochiamo...Caylus è una bumba, dai". Lo tiriamo fuori, ci godiamo la bumba rimproverandoci che dovremmo tirarla fuori più spesso, e finita la serata Caylus torna nell'armadio per altri sei mesi.
Un tagliando, praticamente.
Poi naturalmente ci sono giocatori molto competitivi e sanguigni che se la rosicano alla grande, giocatori che nella notte rielaborano in replay tutta la partita alla cerca degli errori (sì, RedSkin, sto parlando di te), come ce ne sono alcuni (io fra questi) per i quali la vittoria è solo uno scarabocchio sul notes segnapunti del quale dimenticarsi dopo 5 minuti.
Ma credo in generale ci sia una maggior leggerezza nell'affrontare le gioie della vittoria e le pene della sconfitta, nei board games piuttosto che altrove.
Millenovecentonovant
Quand'eravamo molto più giovani e fighi, io e Ste si stava in giro con la macchina tutta la notte.
Uno dei nostri locali preferiti era Da Giau, un circolo Arci situato in un fazzoletto di terra conteso fra Torino e Nichelino.
Da Da Giau c'erano musica e concerti dal vivo, birra a prezzi accessibili, un po' di figa per lucidarsi gli occhi, e un dehor in cui prendere una boccata d'aria d'estate e farsi crivellare le caviglie dalle zanzare.
E poi c'era un calciobalilla.
Un vecchio modello, di quelli da bar, nei quali di solito manca la testa a qualche omino.
Noi non ci avvicinavamo quasi mai.
Nonostante fossimo piuttosto forti e ci piacesse giocare, passavamo volentieri la mano. Troppa gente sempre in coda, troppo da sudare e poi non era mai la serata giusta.
Oltre la coda chilometrica, il maggior deterrente era il meccanismo "chi vince resta" a non piacerci.
I giocatori potevano entrare solo in coppia, sfidando i vincitori della partita precedente. E potevano restare solo se vincevano.
A questo si abbinava il tacito accordo "chi entra buca", ossia: le 200lire della partita le mettevano gli sfidanti.
Una sera non diversa dalle altre che eravamo Da Giau a bighellonare con un paio di birre in corpo e le fighe negli occhi, notammo una folla più numerosa del solito attorno al calciobalilla. C'era un capannello di spettatori, dal quale si levava un discreto tifo.
Ci avvicinammo.
I "campioni", la coppia da battere, dovevano essere zio e nipote, o almeno così pensammo. Il nipote poteva avere la nostra età: jeans e maglietta, pacchetto di sigarette dal quale ne estraeva una a partita, e capelli legati a coda di cavallo a mo'di Fiorello in Karaoke. Lo zio superava i cinquanta: bassino, capelli grigi, baffi grigi, camicia a quadri, faccia da topo.
Erano forti, indiscutibilmente forti. Continuavano a eliminare una coppia dopo l'altra senza grosse difficoltà.
Il nipote, a parte per aspirare nicotina, non apriva bocca, ma lo zio faceva per due. Provocava ogni coppia: "Dovete crederci: ce la possiamo fare, ce la possiamo fare", commentava i goal "Uhuhuhuhu, questa non l'hai proprio vista arrivare, eh amico? Ahahah" e immancabilmente allo scoccare del punto partita canticchiava in falsetto "Sotto a chi toccaaaaaaaaaa".
Era odioso, e lo sapeva. Per contro era anche maledettamente bravo in porta, bisogna riconoscerlo.
Restammo un po' nelle vicinanze ad assistere al massacro di altre coppie.
Al quinto "Sotto a chi toccaaaaaaaaaa" non ne potevamo più.
Odiavamo Faccia di Topo, noi e tutti quelli intorno.
Quando chiesi a Ste se si sentiva carico e incazzato la domanda era pura retorica.
Mi disse "Andre: abbiamo una sola partita. Se non la imbrocchiamo subito andremo avanti e indietro tutta la sera con le monetine in mano. Dobbiamo batterli alla prima". Annuii.
Ci mettemmo in coda e finalmente toccò a noi. Ricordo che ero così agitato e le mie mani così strette attorno alle stecche che non mi accorsi che le palline uscivano dal mio lato, che toccava a me battere.
"Che dici: ne tiri una o aspettiamo che piova giù dal cielo" mi chiese il Topo con un ghigno.
Presi la pallina e la lanciai, come si lancia un sasso piatto per farlo rimbalzare sull'acqua.
E così giocammo. Cazzo se giocammo.
Non ho mai più giocato una partita come quella, e neanche lo Ste. Io e Ste giocammo dando tutto, giocammo dando il cuore. Loro erano più forti, più tecnici, più cattivi, ma noi giocammo davvero al 300%. E vincemmo.
Allo scoccare del sesto goal, nello stesso istante in cui la pallina bucò la loro porta, Ste si voltò verso di me e mi urlò in faccia: "DILLO!!!" e io urlai: "Sotto a chi toccaaaaaaaaaaa".
Ci fu un'esplosione di risate e applausi tutt'intorno.
Il Topo Grigio inchiodò i suoi occhi nei miei. Mi aspettavo dicesse qualcosa (o scavalcasse il biliardino per venirmi a stampare un pugno sui denti) ma non fiatò.
Lui e il nipote lasciarono il tavolo. Io e Ste riprendemmo a respirare mentre mille pacche sulle spalle ci fioccavano addosso. Eravamo stremati.
Dopo di loro affrontammo un'altra coppia decisamente più debole e vincemmo con molta fatica. Poi un'altra, vincendo ancora per il rotto della cuffia. Finchè il Topo e suo nipote ci tornarono davanti e ci massacrarono a dovere.
Ma non disse: "Sotto a chi toccaaaa"
Mi fece un cenno di saluto con la testa, ed io feci altrettanto.
Lasciammo il tavolo, e un'altra coppia prese il nostro posto.
Sushizock
Filler aperitivo di Knizia per 2-5 giocatori, della durata di una decina di minuti, al prezzo metalmeccanico di 15 euro (io l'ho trovato in un mercatino dell'usato a 5 euro, ancora incellofanato).
Nella scatola: 12 tessere sushi - 12 tessere lische - 5 dadi tematici.
A inizio partita si separano le tessere sushi da quelle lische, si mescolano separatamente i due gruppetti e si dispongono su due file (vedi seconda foto).
Scopo del gioco: far più punti degli altri raccogliendo tessere sushi, con il vincolo che per ogni sushi bisogna comunque raccogliere una lisca.
Quindi se raccogliete 4 tessere sushi, dovrete raccogliere anche 4 tessere lische.
Le tessere hanno valori differenti, positivi i sushi e negativi le lische.
Comprensibilmente bisogna cercare di raccogliere i sushi con i valori più alti e le lische con i valori più bassi.
I dadi sono il motore del gioco. Ci sono i canonici tre re-roll possibili, con l'obbligo di bloccare almeno un risultato di dado fra un tiro e l'altro.
A seconda del numero di sushi o lische uscite, si può prendere la corrispondente tessera di una delle due file: con 3 facce sushi e 2 lische, si può prendere o la terza tessera sushi o la seconda tessera lisca.
Le tessere sushi e lische raccolte vengono impilate.
Le facce "bacchette blu" e "bacchette rosse" servono per rubare le tessere agli avversari. Quando ne escono 3 blu è possibile rubare la tessera posta in cima alla pila delle tessere sushi di uno degli avversari. Idem la rossa per le tessere lische.
Nota: con 4 o 5 bacchette dello stesso colore, è possibile sottrarre all'avversario una qualunque tessera della pila corrispondente (senza poterla guardare, però).
Pur legato al continuo lancio di dadi, il gioco è meno banale di quanto possa sembrare.
Il vincolo delle tessere lische obbliga i giocatori a rollare sia per accaparrarsi i bonus che i malus, in un equilibrio non sempre facile da raggiungere. Inoltre il fatto di dover "pareggiare" le pile delle tessere conquistate e scartare i sushi in eccesso (le lische in eccesso invece vengono conteggiate!) insieme alla possibilità di rubare una tessera all'avversario con le bacchette, colora il fillerino di un bel marrone-bastardo. Anche la copertura offerta dal poter impilare le tessere aggiunge una certa dose di tattica: a volte conviene prendere un sushi +1 solo per poter proteggere la tessera sushi +5 conquistata il turno precedente (così l'avversario dovrà riuscire a rollare 4 bacchette invece di 3, per rubarla).
Il gioco ha molti (ma molti) elementi in comune con Il Verme è Tratto, ma a mio avviso ha una mezza marcia in più, e dovessi prenderne uno solo sceglierei sicuramente Sushizok.
Epigolo
Nel momento in cui scrivo queste righe, sono reduce fresco da una serata col Giullare Barbuto e la Giullaressa, il cane Botolo, un grappolo di birre Kauss (fra poco ne stapperò una, probabilmente la bianca, di compagnia alle ultime pagine del bel romanzo Il Sistema Riproduttivo) con RedSkin e le sue rimembranze su Colpo Grosso a Topolinia, a fluidificare le sinapsi.
Quindi tronco un po' a metà il post, senza un vero finale.
Sono stato molto preso questa settimana, ho macinato circa milleottocento chilometri, sono stato in abruzzo, ho preso 4 treni, mangiato un numero spropositato di rustelle a casa del vigile, spaccato vasi cinesi con Viking, collegato i quartieri esagonali di Suburbia, non ancora strappato il cellophane a Notre Dame (finalmente l'ho preso!), e tanta altra roba.
A presto.
Una delle cose che mi entusiasmano di più, al pari del mio nome scritto sul bicchiere di Fanta e dell'ampio parcheggio, per restare sulle tapparelle e i brufolazzi di Elio, è l'importanza della vittoria. Intendo la non-importanza.
Contrariamente ad altri giochi e più in generale ad altre "attività", nelle quali la vittoria è parte integrante del divertimento, nei board games il concetto di vittoria appare decisamente ridimensionato.
Naturalmente tutti sorridono quando possono segnare un'altra tacca sulla propria cintura, e perculare il prossimo con pesanti allusioni sulle ridotte dimensioni del suo pene, ma vincere non è condicio sine qua non. Vincere è solo uno dei due finali possibili.
Non solo.
I giocatori di board games vengono educati, sin dalle prime partite, alla sconfitta.
E il continuo avvicendarsi di nuovi titoli e il poco tempo che dedichiamo ad ogni singolo gioco, ci impediscono di specializzarci, di approfondire, di diventare sempre più forti e assottigliare le sconfitte.
Programmiamo le serate pensando: "A cosa giochiamo... mhmhmhm, potremmo tirar fuori Caylus, che saranno sei mesi che non ci giochiamo...Caylus è una bumba, dai". Lo tiriamo fuori, ci godiamo la bumba rimproverandoci che dovremmo tirarla fuori più spesso, e finita la serata Caylus torna nell'armadio per altri sei mesi.
Un tagliando, praticamente.
Poi naturalmente ci sono giocatori molto competitivi e sanguigni che se la rosicano alla grande, giocatori che nella notte rielaborano in replay tutta la partita alla cerca degli errori (sì, RedSkin, sto parlando di te), come ce ne sono alcuni (io fra questi) per i quali la vittoria è solo uno scarabocchio sul notes segnapunti del quale dimenticarsi dopo 5 minuti.
Ma credo in generale ci sia una maggior leggerezza nell'affrontare le gioie della vittoria e le pene della sconfitta, nei board games piuttosto che altrove.
Millenovecentonovant
Quand'eravamo molto più giovani e fighi, io e Ste si stava in giro con la macchina tutta la notte.
Uno dei nostri locali preferiti era Da Giau, un circolo Arci situato in un fazzoletto di terra conteso fra Torino e Nichelino.
Da Da Giau c'erano musica e concerti dal vivo, birra a prezzi accessibili, un po' di figa per lucidarsi gli occhi, e un dehor in cui prendere una boccata d'aria d'estate e farsi crivellare le caviglie dalle zanzare.
E poi c'era un calciobalilla.
Un vecchio modello, di quelli da bar, nei quali di solito manca la testa a qualche omino.
Noi non ci avvicinavamo quasi mai.
Nonostante fossimo piuttosto forti e ci piacesse giocare, passavamo volentieri la mano. Troppa gente sempre in coda, troppo da sudare e poi non era mai la serata giusta.
Oltre la coda chilometrica, il maggior deterrente era il meccanismo "chi vince resta" a non piacerci.
I giocatori potevano entrare solo in coppia, sfidando i vincitori della partita precedente. E potevano restare solo se vincevano.
A questo si abbinava il tacito accordo "chi entra buca", ossia: le 200lire della partita le mettevano gli sfidanti.
Una sera non diversa dalle altre che eravamo Da Giau a bighellonare con un paio di birre in corpo e le fighe negli occhi, notammo una folla più numerosa del solito attorno al calciobalilla. C'era un capannello di spettatori, dal quale si levava un discreto tifo.
Ci avvicinammo.
I "campioni", la coppia da battere, dovevano essere zio e nipote, o almeno così pensammo. Il nipote poteva avere la nostra età: jeans e maglietta, pacchetto di sigarette dal quale ne estraeva una a partita, e capelli legati a coda di cavallo a mo'di Fiorello in Karaoke. Lo zio superava i cinquanta: bassino, capelli grigi, baffi grigi, camicia a quadri, faccia da topo.
Erano forti, indiscutibilmente forti. Continuavano a eliminare una coppia dopo l'altra senza grosse difficoltà.
Il nipote, a parte per aspirare nicotina, non apriva bocca, ma lo zio faceva per due. Provocava ogni coppia: "Dovete crederci: ce la possiamo fare, ce la possiamo fare", commentava i goal "Uhuhuhuhu, questa non l'hai proprio vista arrivare, eh amico? Ahahah" e immancabilmente allo scoccare del punto partita canticchiava in falsetto "Sotto a chi toccaaaaaaaaaa".
Era odioso, e lo sapeva. Per contro era anche maledettamente bravo in porta, bisogna riconoscerlo.
Restammo un po' nelle vicinanze ad assistere al massacro di altre coppie.
Al quinto "Sotto a chi toccaaaaaaaaaa" non ne potevamo più.
Odiavamo Faccia di Topo, noi e tutti quelli intorno.
Quando chiesi a Ste se si sentiva carico e incazzato la domanda era pura retorica.
Mi disse "Andre: abbiamo una sola partita. Se non la imbrocchiamo subito andremo avanti e indietro tutta la sera con le monetine in mano. Dobbiamo batterli alla prima". Annuii.
Ci mettemmo in coda e finalmente toccò a noi. Ricordo che ero così agitato e le mie mani così strette attorno alle stecche che non mi accorsi che le palline uscivano dal mio lato, che toccava a me battere.
"Che dici: ne tiri una o aspettiamo che piova giù dal cielo" mi chiese il Topo con un ghigno.
Presi la pallina e la lanciai, come si lancia un sasso piatto per farlo rimbalzare sull'acqua.
E così giocammo. Cazzo se giocammo.
Non ho mai più giocato una partita come quella, e neanche lo Ste. Io e Ste giocammo dando tutto, giocammo dando il cuore. Loro erano più forti, più tecnici, più cattivi, ma noi giocammo davvero al 300%. E vincemmo.
Allo scoccare del sesto goal, nello stesso istante in cui la pallina bucò la loro porta, Ste si voltò verso di me e mi urlò in faccia: "DILLO!!!" e io urlai: "Sotto a chi toccaaaaaaaaaaa".
Ci fu un'esplosione di risate e applausi tutt'intorno.
Il Topo Grigio inchiodò i suoi occhi nei miei. Mi aspettavo dicesse qualcosa (o scavalcasse il biliardino per venirmi a stampare un pugno sui denti) ma non fiatò.
Lui e il nipote lasciarono il tavolo. Io e Ste riprendemmo a respirare mentre mille pacche sulle spalle ci fioccavano addosso. Eravamo stremati.
Dopo di loro affrontammo un'altra coppia decisamente più debole e vincemmo con molta fatica. Poi un'altra, vincendo ancora per il rotto della cuffia. Finchè il Topo e suo nipote ci tornarono davanti e ci massacrarono a dovere.
Ma non disse: "Sotto a chi toccaaaa"
Mi fece un cenno di saluto con la testa, ed io feci altrettanto.
Lasciammo il tavolo, e un'altra coppia prese il nostro posto.
Sushizock
Filler aperitivo di Knizia per 2-5 giocatori, della durata di una decina di minuti, al prezzo metalmeccanico di 15 euro (io l'ho trovato in un mercatino dell'usato a 5 euro, ancora incellofanato).
Nella scatola: 12 tessere sushi - 12 tessere lische - 5 dadi tematici.
A inizio partita si separano le tessere sushi da quelle lische, si mescolano separatamente i due gruppetti e si dispongono su due file (vedi seconda foto).
Scopo del gioco: far più punti degli altri raccogliendo tessere sushi, con il vincolo che per ogni sushi bisogna comunque raccogliere una lisca.
Quindi se raccogliete 4 tessere sushi, dovrete raccogliere anche 4 tessere lische.
Le tessere hanno valori differenti, positivi i sushi e negativi le lische.
Comprensibilmente bisogna cercare di raccogliere i sushi con i valori più alti e le lische con i valori più bassi.
I dadi sono il motore del gioco. Ci sono i canonici tre re-roll possibili, con l'obbligo di bloccare almeno un risultato di dado fra un tiro e l'altro.
A seconda del numero di sushi o lische uscite, si può prendere la corrispondente tessera di una delle due file: con 3 facce sushi e 2 lische, si può prendere o la terza tessera sushi o la seconda tessera lisca.
Le tessere sushi e lische raccolte vengono impilate.
Le facce "bacchette blu" e "bacchette rosse" servono per rubare le tessere agli avversari. Quando ne escono 3 blu è possibile rubare la tessera posta in cima alla pila delle tessere sushi di uno degli avversari. Idem la rossa per le tessere lische.
Nota: con 4 o 5 bacchette dello stesso colore, è possibile sottrarre all'avversario una qualunque tessera della pila corrispondente (senza poterla guardare, però).
Pur legato al continuo lancio di dadi, il gioco è meno banale di quanto possa sembrare.
Il vincolo delle tessere lische obbliga i giocatori a rollare sia per accaparrarsi i bonus che i malus, in un equilibrio non sempre facile da raggiungere. Inoltre il fatto di dover "pareggiare" le pile delle tessere conquistate e scartare i sushi in eccesso (le lische in eccesso invece vengono conteggiate!) insieme alla possibilità di rubare una tessera all'avversario con le bacchette, colora il fillerino di un bel marrone-bastardo. Anche la copertura offerta dal poter impilare le tessere aggiunge una certa dose di tattica: a volte conviene prendere un sushi +1 solo per poter proteggere la tessera sushi +5 conquistata il turno precedente (così l'avversario dovrà riuscire a rollare 4 bacchette invece di 3, per rubarla).
Il gioco ha molti (ma molti) elementi in comune con Il Verme è Tratto, ma a mio avviso ha una mezza marcia in più, e dovessi prenderne uno solo sceglierei sicuramente Sushizok.
Epigolo
Nel momento in cui scrivo queste righe, sono reduce fresco da una serata col Giullare Barbuto e la Giullaressa, il cane Botolo, un grappolo di birre Kauss (fra poco ne stapperò una, probabilmente la bianca, di compagnia alle ultime pagine del bel romanzo Il Sistema Riproduttivo) con RedSkin e le sue rimembranze su Colpo Grosso a Topolinia, a fluidificare le sinapsi.
Quindi tronco un po' a metà il post, senza un vero finale.
Sono stato molto preso questa settimana, ho macinato circa milleottocento chilometri, sono stato in abruzzo, ho preso 4 treni, mangiato un numero spropositato di rustelle a casa del vigile, spaccato vasi cinesi con Viking, collegato i quartieri esagonali di Suburbia, non ancora strappato il cellophane a Notre Dame (finalmente l'ho preso!), e tanta altra roba.
A presto.
giovedì 3 luglio 2014
8X
Ricorda per sempre l'8 ottobre, il giorno della congiura dei giocatori.
Un simbolo si distrugge in due modi: con un dubbio e con un altro simbolo.
Noi dovremo usarli entrambi.
Meglio essere sicuri.
Per evitare la solita caccia alle streghe è bene ripeterlo per l'ennesima volta: RisiKo è un gioco. Come ogni gioco ha i suoi pregi e i suoi difetti, e al pari della grigliata di pesceratto può piacere o non piacere, ma non ha "colpe".
Il problema non è RisiKo.
Ma il simbolo che è diventato.
Buona parte delle persone che frequento nella nutrita cerchia dei non-giocatori, conosce RisiKo. Molti di loro ci hanno giocato da ragazzi, ai tempi dell'università o qualche capodanno all'indietro nel tempo in una sperduta baita in montagna. Si ricordano i carrarmatini colorati, le carte obiettivo e qualcuno persino le immagini sul coperchio della scatola. Soprattutto ricordano le partite che sembravano non finire mai.
Ma nessuno ci gioca più. E non hanno progetti di riprenderlo in mano.
In sintesi: è un capitolo chiuso.
RisiKo è solo un ricordo nella loro testa.
Indelebile.
RisiKo è, per queste persone, il simbolo stesso dei giochi da tavolo, il gioco da tavolo tipo, anzi: RisiKo è tutti i giochi da tavolo.
Si tratta di un'immagine oramai superata e poco rappresentativa dell' attuale panorama di titoli che oggi si spintonano sugli scaffali dei centri giochi, ma quella polaroid scattata 30 anni fa è la sola cosa che c'è.
E noi dobbiamo partire da quello.
Noi giocatori cerchiamo di divulgare il verbo. Non lo facciamo perchè siamo dei buoni sammaritani e vogliamo salvare il nostro prossimo dalle fiamme dell'inferno : lo facciamo fondamentalmente per nostro tornaconto: vorremmo avere più amici con i quali giocare. Niente di male, eh, solo per essere chiari.
Quindi cerchiamo di coinvolgere e tirare per la manica amici e conoscenti.
In realtà in questa nostra crociata noi procediamo a spanne, per tentativi, senza alcun metodo, senza un piano preciso. Siamo decisamente fallibili.
I molti sforzi di divulgazione dei giochi "moderni" e il coinvolgimento del prossimo, sono sicuramente azioni ammirevoli ma al lato pratico molto dispersive. Credo che alle mille micro azioni individuali, scostanti, empiriche e a volte disastrose (estremizzo prendendo come esempio un giocatore che proponga Twilight Imperium a un completo novizio) sia preferibile un'azione collettiva.
Le nostre voci si sovrappongono, i nostri sforzi si accavallano l'un l'altro, ostacolandosi come operai ai quattro angoli di un armadio a muro: due che spingono due che tirano.
E così quando qualcuno si presenta su un forum e scrive "Ciao, sono nuovo del mondo dei giochi da tavolo, mi consigliate qualche bel titolo?" fioccano decine e decine di titoli diversi, una selva di nomi incomprensibili e generi molto diversi fra loro, che non aiutano ma confondono. Alcuni suggeriscono giochi fortemente ambientati, altri cooperativi, molti sostengono che sia meglio partire dai classici Carcassonne e Catan, altri di guardare le recensioni di vlogger tipo TeoOh e partire da lì. Qualcuno suggerisce Agricola esibendo il palmares dei premi vinti.
Siamo scioperanti davanti a una fabbrica che urlano ognuno uno slogan diverso, col risultato finale di "IAMOHEUADIRIQUANTA", siamo un'orchestra senza direttore in cui ogni elemento suona ascoltando solo se stesso.
Gli sforzi non sono finalizzati e il messaggio è debole.
Per riuscire a spingere i nostri amici oltre quella polaroid scattata 30 fa, occorre un piano preciso.
Come ho scritto sopra: per sconfiggere un simbolo dobbiamo instillare il dubbio. E poi offrire un nuovo simbolo.
Instillare un Dubbio
Non denigrare. Mai. Non attaccare RisiKo, ma racconta quanto è vecchia e oramai poco attinente alla realtà quella famosa polaroid.
"RisiKo è stato indubbiamente un ottimo gioco, un capolavoro per quegli anni. Ma giusto per avere qualche coordinata temporale: è stato pubblicato da Editrice Giochi nel 1977. Lo stesso anno in cui la Rai cominciò a trasmettere per la prima volta i programmi a colori. Nelle case degli italiani c'erano i televisori in bianco e nero, con l'antenna col baffo. Negli stessi anni per telefonare fuori casa si andava nelle cabine telefoniche, e si infilavano nella feritoia i gettoni, te li ricordi i gettoni in ottone, quelli con la doppia scanalatura? Ecco. Nel 1977 quei gettoni avevano un valore di ben... 50 lire. Adesso: RisiKo è stato una pietra miliare dei giochi da tavolo. Ma pensare che RisiKo rappresenti i giochi da tavolo oggi, è come immaginare che quei vecchi tubi catodici in bianco e nero rappresentino la televisione di oggi. O che quelle cabine a gettoni rappresentino la telefonia mobile"
Un nuovo simbolo
Il primo passo dovrebbe essere quello di scegliere un gioco.
Il gioco destinato a diventare simbolo, dovrebbe avere, a mio avviso, questi requisiti
1-poche regole da memorizzare
2-una bella meccanica, semplice e immediata, accattivante e non banale
3-durata della partita molto contenuta (sui 20 minuti)
4-giocabile da 2 a 4 giocatori
5-prezzo contenuto
L'immediatezza delle regole e la bontà di una meccanica intelligente sono imprescindibili, ma anche la durata della partita è fattore importante da tenere a mente per evitare quelle reminescenze di "polpettone", così come la possibilità di poterci giocare con un paio di amici o anche solo in due insieme alla moglie. Un prezzo contenuto è infine la differenza fra comprare il gioco il giorno successivo o comprarlo "più avanti" (vedi anche "non comprarlo mai")
Il gioco che mi sembra soddisfare meglio i cinque requisiti sopra è 8 minuti per un impero
Le regole si spiegano in 5 minuti, il setup dura altrettanto. La meccanica è semplice (compri una carta e la giochi attivandone l'effetto) ma le giocate possibili in ogni turno sono diverse. La durata è molto contenuta e tutto il meccanismo orbita attorno al concetto "cerca di ottenere il meglio dalle poche mosse che hai a tua disposizione". Gira bene in 2 come in 4, ed al prezzo di 22 euro circa è un gioco alla portata di tutti.
Ah: piccolo disclaimer: poichè non ho alcuna partecipazione nè quota sulle vendite di 8 minuti, vi invito tranquillamente a suggerirmi altri titoli pari requisiti, se li ritenete più validi.
Per trasformare il gioco in un'icona serve una massiccia operazione di marketing e faccia di tolla.
Nella fase Instillare un Dubbio ho scritto di non attaccare, di essere propositivi, "buoni".
Qui invece occorre tirar fuori le unghie.
Durante l'opera quotidiana di divulgazione presso amici e ludoteche, noi tendiamo a essere melensi e accondiscendenti. Perchè a conti fatti non stiamo vendendo niente: stiamo solo invitando qualcuno a provare un gioco, a cazzeggiare con noi.
Ecco: questo approccio è da appallottolare e lanciare in un cestino.
Noi dobbiamo vendere.
Vendere il nuovo simbolo. Questa è la nostra mission! (sono entrato nella parte)
I pubblicitari sanno che per vendere un prodotto bisogna creare un bisogno e far sentire le persone infelici.
Vi copio\incollo un pezzo dell'ottimo libro 29.600 di Frederic Beigbeder:
"Sono un pubblicitario: ebbene sì, inquino l’universo. Io sono quello che vi vende tutta quella merda. Quello che vi fa sognare cose che non avrete mai. Cielo sempre blu, ragazze sempre belle, una felicità perfetta, ritoccata in photoshop. Immagini leccate, musiche nel vento. Quando, a forza di risparmi, voi riuscite a pagarvi l’auto dei vostri sogni, quella che ho lanciato nella mia ultima campagna, io l’avrò già fatta passare di moda. Sarò già tre tendenze più avanti, riuscendo così a farvi sentire sempre più insoddisfatti. Il Glamour è il paese dove non si arriva mai. Io vi drogo di novità e il vantaggio della novità è che non resta mai nuova. C’è sempre una novità più nuova che fa invecchiare la precedente. Farvi sbavare è la mia missione. Nel mio mestiere nessuno desidera la vostra felicità, perché la gente felice non consuma.."
Dobbiamo tirare fuori la cattiveria, passare da resistenza silenziosa a falange armata (di token), e vergare almeno virtualmente 8X sui muri delle nostre città.
Ecco quello che succede quando proponete un gioco a un vostro amico (un non-giocatore)
"Ti va di provare un gioco da tavolo?"
"Mhmhm un gioco, dici?.. veramente io non ...cioè i giochi da tavolo non mi hanno mai attirato un gran che..."
"Dai, te ne faccio provare fichissimo, semplice, divertente" (mostrando la scatola)
"Lo so, sembra divertente, non metto in dubbio che sia divertente, è che io proprio i giochi da tavolo..."
Dopo dieci minuti di "Eddai, prova", probabilmente l'amico prova il gioco. Lo prova per farci contenti. E il suo atteggiamento mentale è comunque di chiusura.
Ecco come dovremmo fare
"...Fabry l'ultima volta che l'ho sentito lavorava alla Britox, vicino Milano. Tra l'altro sta con una pertica di figa... Con Albo invece ci vediamo tutte le settimane: tutti i giovedì ci troviamo con altri amici per 8X, poi almeno una volta al mese cerchiamo di..."
"Eh? 8X? E che è?"
"Come che è 8X? 8X!"
"...non mi viene in mente...cosa sarebbe?"
"8 minuti per un impero! Il gioco? Dai!!!"
"Davvero, non lo conosco"
"Scusa ma sei serio o mi stai pigliando per il culo?"
"No, che non ti piglio per il culo. E' che a me i giochi proprio non..."
"Ho capito che non ti interessano i giochi, ma è impossibile che tu non l'abbia mai neanche sentito nominare, non ci posso credere. Almeno sentito nominare, dai, è impossibile..."
"Beh...molto...molto vagamente..."
"Cioè fammi capire: o sei stato sulla Luna nell'ultimo anno o vivi in una bolla di sapone, non c'è altra spiegazione. Cioè: non hai MAI sentito parlare di 8X!?!?!?? Cazzo ma la televisione ce l'hai ? Il cavo antenna arriva nel tuo appartamento" (ridendo)
"Non guardo molta televisione..."
"Ma neanche su internet? Sulle riviste? Dai, non ci credo. Nell'ultimo anno non si è parlato d'altro. Cioè avrà venduto cento miliardi di copie, ci giocano tutti, fanno i campionati italiani, ci giocano i ragazzini a ogni angolo, nelle università, sta diventando più famoso delle parole crociate e tu non lo conosci?"
"Sì, ma non intendevo che...l'ho sentito nominare...il nome non mi è nuovo..."
"Tenuto presente che sono ancora convinto che tu mi stia perculando. SE VUOI te lo faccio provare. Ce l'ho di là. La partita dura 10 minuti, velocissimo, strategia pura condensata in 10 minuti, tipo prendi gli scacchi e li zippi con winzip, ma mille molto più leggero. SE VUOI te lo faccio vedere, giusto per riportarti sul pianeta Terra".
Andateci giù pesanti, fatelo sentire l'unico pirla a non conoscere il gioco, fatelo sentire infelice.
E sparatele grosse. Ma grosse.
"Ci hanno fatto uno speciale un paio di mesi fa, mi pare GIOCO INTELLIGENTE E NUOVE DROGHE, non mi ricordo se da Mentana o da Vespa, che c'era quel matematico, quello scienziato italiano che adesso lavora al Cern. Che poi è finita con Sgarbi che gli dava del coglione incompetente e lui ha lasciato lo studio tirandogli addosso il microfono. Dai, l'avranno fatto vedere un milione di volte a Blob"
Esagerate.
Finalmente tirate fuori il gioco. Enfatizzate al massimo il setup soffermandovi a raccontare di 5 anni di playtest e bilanciamento del gioco, e una volta in partita farcite con dotte supercazzole "Il gioco si basa sull'algoritmo di Agar-Agar" [alga giapponese] "ed è forse l'espressione più estrema del concetto di slot multipli di Gimax" [noleggio furgoni].
La partita terminerà velocemente, fra lo stupore del vostro amico.
"Ma come? Già finita?"
"Ma certo! Il gioco è supercondensato. Poche pochissime scelte, ridottissimo margine di errore e ricerca della partita perfetta. Pura poesia!"
Come si sconfigge un simbolo.
Non credo sia così alla portata, far capitolare il granitico gioco dei carrarmatini, d'altra parte a dispetto di tante piccole vittorie individuali siamo ancora ben lontani da una vera e propria apertura verso i nuovi giochi.
Ma un macro piano, seppur abbozzato in questa sede, ci potrebbe aiutare, così come muoverci tutti in un'unica direzione.
"...Oggi ho cercato di porre fine a questo silenzio. Ieri sera io ho distrutto la mia copia di RisiKo, per ricordare a questo paese quello che ha dimenticato. Più di 30 anni fa, un grande gioco ha cambiato la storia dei giochi da tavolo, ed è giusto celebrare quel gioco trovandogli un successore, imprimendo per sempre nella nostra memoria l'8 ottore. La mia speranza, quella di ricordare al mondo che worker placement, living card games, cooperativi, family games, sono più che parole: sono prospettive. Quindi, se non avete visto niente, se i crimini di questo silenzio vi rimangono ignoti, vi consiglio di lasciar passare inosservato l'8 ottobre.
Ma se vedete ciò che vedo io, se la pensate come la penso io, e se siete alla ricerca come lo sono io, vi chiedo di mettervi al mio fianco, a pochi mesi da questa notte, e dare un nuovo simbolo ai giochi da tavolo. E insieme offriremo loro un 8 ottobre che non verrà mai più dimenticato..."
Un simbolo si distrugge in due modi: con un dubbio e con un altro simbolo.
Noi dovremo usarli entrambi.
Meglio essere sicuri.
Per evitare la solita caccia alle streghe è bene ripeterlo per l'ennesima volta: RisiKo è un gioco. Come ogni gioco ha i suoi pregi e i suoi difetti, e al pari della grigliata di pesceratto può piacere o non piacere, ma non ha "colpe".
Il problema non è RisiKo.
Ma il simbolo che è diventato.
Buona parte delle persone che frequento nella nutrita cerchia dei non-giocatori, conosce RisiKo. Molti di loro ci hanno giocato da ragazzi, ai tempi dell'università o qualche capodanno all'indietro nel tempo in una sperduta baita in montagna. Si ricordano i carrarmatini colorati, le carte obiettivo e qualcuno persino le immagini sul coperchio della scatola. Soprattutto ricordano le partite che sembravano non finire mai.
Ma nessuno ci gioca più. E non hanno progetti di riprenderlo in mano.
In sintesi: è un capitolo chiuso.
RisiKo è solo un ricordo nella loro testa.
Indelebile.
RisiKo è, per queste persone, il simbolo stesso dei giochi da tavolo, il gioco da tavolo tipo, anzi: RisiKo è tutti i giochi da tavolo.
Si tratta di un'immagine oramai superata e poco rappresentativa dell' attuale panorama di titoli che oggi si spintonano sugli scaffali dei centri giochi, ma quella polaroid scattata 30 anni fa è la sola cosa che c'è.
E noi dobbiamo partire da quello.
Noi giocatori cerchiamo di divulgare il verbo. Non lo facciamo perchè siamo dei buoni sammaritani e vogliamo salvare il nostro prossimo dalle fiamme dell'inferno : lo facciamo fondamentalmente per nostro tornaconto: vorremmo avere più amici con i quali giocare. Niente di male, eh, solo per essere chiari.
Quindi cerchiamo di coinvolgere e tirare per la manica amici e conoscenti.
In realtà in questa nostra crociata noi procediamo a spanne, per tentativi, senza alcun metodo, senza un piano preciso. Siamo decisamente fallibili.
I molti sforzi di divulgazione dei giochi "moderni" e il coinvolgimento del prossimo, sono sicuramente azioni ammirevoli ma al lato pratico molto dispersive. Credo che alle mille micro azioni individuali, scostanti, empiriche e a volte disastrose (estremizzo prendendo come esempio un giocatore che proponga Twilight Imperium a un completo novizio) sia preferibile un'azione collettiva.
Le nostre voci si sovrappongono, i nostri sforzi si accavallano l'un l'altro, ostacolandosi come operai ai quattro angoli di un armadio a muro: due che spingono due che tirano.
E così quando qualcuno si presenta su un forum e scrive "Ciao, sono nuovo del mondo dei giochi da tavolo, mi consigliate qualche bel titolo?" fioccano decine e decine di titoli diversi, una selva di nomi incomprensibili e generi molto diversi fra loro, che non aiutano ma confondono. Alcuni suggeriscono giochi fortemente ambientati, altri cooperativi, molti sostengono che sia meglio partire dai classici Carcassonne e Catan, altri di guardare le recensioni di vlogger tipo TeoOh e partire da lì. Qualcuno suggerisce Agricola esibendo il palmares dei premi vinti.
Siamo scioperanti davanti a una fabbrica che urlano ognuno uno slogan diverso, col risultato finale di "IAMOHEUADIRIQUANTA", siamo un'orchestra senza direttore in cui ogni elemento suona ascoltando solo se stesso.
Gli sforzi non sono finalizzati e il messaggio è debole.
Per riuscire a spingere i nostri amici oltre quella polaroid scattata 30 fa, occorre un piano preciso.
Come ho scritto sopra: per sconfiggere un simbolo dobbiamo instillare il dubbio. E poi offrire un nuovo simbolo.
Instillare un Dubbio
Non denigrare. Mai. Non attaccare RisiKo, ma racconta quanto è vecchia e oramai poco attinente alla realtà quella famosa polaroid.
"RisiKo è stato indubbiamente un ottimo gioco, un capolavoro per quegli anni. Ma giusto per avere qualche coordinata temporale: è stato pubblicato da Editrice Giochi nel 1977. Lo stesso anno in cui la Rai cominciò a trasmettere per la prima volta i programmi a colori. Nelle case degli italiani c'erano i televisori in bianco e nero, con l'antenna col baffo. Negli stessi anni per telefonare fuori casa si andava nelle cabine telefoniche, e si infilavano nella feritoia i gettoni, te li ricordi i gettoni in ottone, quelli con la doppia scanalatura? Ecco. Nel 1977 quei gettoni avevano un valore di ben... 50 lire. Adesso: RisiKo è stato una pietra miliare dei giochi da tavolo. Ma pensare che RisiKo rappresenti i giochi da tavolo oggi, è come immaginare che quei vecchi tubi catodici in bianco e nero rappresentino la televisione di oggi. O che quelle cabine a gettoni rappresentino la telefonia mobile"
Un nuovo simbolo
Il primo passo dovrebbe essere quello di scegliere un gioco.
Il gioco destinato a diventare simbolo, dovrebbe avere, a mio avviso, questi requisiti
1-poche regole da memorizzare
2-una bella meccanica, semplice e immediata, accattivante e non banale
3-durata della partita molto contenuta (sui 20 minuti)
4-giocabile da 2 a 4 giocatori
5-prezzo contenuto
L'immediatezza delle regole e la bontà di una meccanica intelligente sono imprescindibili, ma anche la durata della partita è fattore importante da tenere a mente per evitare quelle reminescenze di "polpettone", così come la possibilità di poterci giocare con un paio di amici o anche solo in due insieme alla moglie. Un prezzo contenuto è infine la differenza fra comprare il gioco il giorno successivo o comprarlo "più avanti" (vedi anche "non comprarlo mai")
Il gioco che mi sembra soddisfare meglio i cinque requisiti sopra è 8 minuti per un impero
Le regole si spiegano in 5 minuti, il setup dura altrettanto. La meccanica è semplice (compri una carta e la giochi attivandone l'effetto) ma le giocate possibili in ogni turno sono diverse. La durata è molto contenuta e tutto il meccanismo orbita attorno al concetto "cerca di ottenere il meglio dalle poche mosse che hai a tua disposizione". Gira bene in 2 come in 4, ed al prezzo di 22 euro circa è un gioco alla portata di tutti.
Ah: piccolo disclaimer: poichè non ho alcuna partecipazione nè quota sulle vendite di 8 minuti, vi invito tranquillamente a suggerirmi altri titoli pari requisiti, se li ritenete più validi.
Per trasformare il gioco in un'icona serve una massiccia operazione di marketing e faccia di tolla.
Nella fase Instillare un Dubbio ho scritto di non attaccare, di essere propositivi, "buoni".
Qui invece occorre tirar fuori le unghie.
Durante l'opera quotidiana di divulgazione presso amici e ludoteche, noi tendiamo a essere melensi e accondiscendenti. Perchè a conti fatti non stiamo vendendo niente: stiamo solo invitando qualcuno a provare un gioco, a cazzeggiare con noi.
Ecco: questo approccio è da appallottolare e lanciare in un cestino.
Noi dobbiamo vendere.
Vendere il nuovo simbolo. Questa è la nostra mission! (sono entrato nella parte)
I pubblicitari sanno che per vendere un prodotto bisogna creare un bisogno e far sentire le persone infelici.
Vi copio\incollo un pezzo dell'ottimo libro 29.600 di Frederic Beigbeder:
"Sono un pubblicitario: ebbene sì, inquino l’universo. Io sono quello che vi vende tutta quella merda. Quello che vi fa sognare cose che non avrete mai. Cielo sempre blu, ragazze sempre belle, una felicità perfetta, ritoccata in photoshop. Immagini leccate, musiche nel vento. Quando, a forza di risparmi, voi riuscite a pagarvi l’auto dei vostri sogni, quella che ho lanciato nella mia ultima campagna, io l’avrò già fatta passare di moda. Sarò già tre tendenze più avanti, riuscendo così a farvi sentire sempre più insoddisfatti. Il Glamour è il paese dove non si arriva mai. Io vi drogo di novità e il vantaggio della novità è che non resta mai nuova. C’è sempre una novità più nuova che fa invecchiare la precedente. Farvi sbavare è la mia missione. Nel mio mestiere nessuno desidera la vostra felicità, perché la gente felice non consuma.."
Dobbiamo tirare fuori la cattiveria, passare da resistenza silenziosa a falange armata (di token), e vergare almeno virtualmente 8X sui muri delle nostre città.
Ecco quello che succede quando proponete un gioco a un vostro amico (un non-giocatore)
"Ti va di provare un gioco da tavolo?"
"Mhmhm un gioco, dici?.. veramente io non ...cioè i giochi da tavolo non mi hanno mai attirato un gran che..."
"Dai, te ne faccio provare fichissimo, semplice, divertente" (mostrando la scatola)
"Lo so, sembra divertente, non metto in dubbio che sia divertente, è che io proprio i giochi da tavolo..."
Dopo dieci minuti di "Eddai, prova", probabilmente l'amico prova il gioco. Lo prova per farci contenti. E il suo atteggiamento mentale è comunque di chiusura.
Ecco come dovremmo fare
"...Fabry l'ultima volta che l'ho sentito lavorava alla Britox, vicino Milano. Tra l'altro sta con una pertica di figa... Con Albo invece ci vediamo tutte le settimane: tutti i giovedì ci troviamo con altri amici per 8X, poi almeno una volta al mese cerchiamo di..."
"Eh? 8X? E che è?"
"Come che è 8X? 8X!"
"...non mi viene in mente...cosa sarebbe?"
"8 minuti per un impero! Il gioco? Dai!!!"
"Davvero, non lo conosco"
"Scusa ma sei serio o mi stai pigliando per il culo?"
"No, che non ti piglio per il culo. E' che a me i giochi proprio non..."
"Ho capito che non ti interessano i giochi, ma è impossibile che tu non l'abbia mai neanche sentito nominare, non ci posso credere. Almeno sentito nominare, dai, è impossibile..."
"Beh...molto...molto vagamente..."
"Cioè fammi capire: o sei stato sulla Luna nell'ultimo anno o vivi in una bolla di sapone, non c'è altra spiegazione. Cioè: non hai MAI sentito parlare di 8X!?!?!?? Cazzo ma la televisione ce l'hai ? Il cavo antenna arriva nel tuo appartamento" (ridendo)
"Non guardo molta televisione..."
"Ma neanche su internet? Sulle riviste? Dai, non ci credo. Nell'ultimo anno non si è parlato d'altro. Cioè avrà venduto cento miliardi di copie, ci giocano tutti, fanno i campionati italiani, ci giocano i ragazzini a ogni angolo, nelle università, sta diventando più famoso delle parole crociate e tu non lo conosci?"
"Sì, ma non intendevo che...l'ho sentito nominare...il nome non mi è nuovo..."
"Tenuto presente che sono ancora convinto che tu mi stia perculando. SE VUOI te lo faccio provare. Ce l'ho di là. La partita dura 10 minuti, velocissimo, strategia pura condensata in 10 minuti, tipo prendi gli scacchi e li zippi con winzip, ma mille molto più leggero. SE VUOI te lo faccio vedere, giusto per riportarti sul pianeta Terra".
Andateci giù pesanti, fatelo sentire l'unico pirla a non conoscere il gioco, fatelo sentire infelice.
E sparatele grosse. Ma grosse.
"Ci hanno fatto uno speciale un paio di mesi fa, mi pare GIOCO INTELLIGENTE E NUOVE DROGHE, non mi ricordo se da Mentana o da Vespa, che c'era quel matematico, quello scienziato italiano che adesso lavora al Cern. Che poi è finita con Sgarbi che gli dava del coglione incompetente e lui ha lasciato lo studio tirandogli addosso il microfono. Dai, l'avranno fatto vedere un milione di volte a Blob"
Esagerate.
Finalmente tirate fuori il gioco. Enfatizzate al massimo il setup soffermandovi a raccontare di 5 anni di playtest e bilanciamento del gioco, e una volta in partita farcite con dotte supercazzole "Il gioco si basa sull'algoritmo di Agar-Agar" [alga giapponese] "ed è forse l'espressione più estrema del concetto di slot multipli di Gimax" [noleggio furgoni].
La partita terminerà velocemente, fra lo stupore del vostro amico.
"Ma come? Già finita?"
"Ma certo! Il gioco è supercondensato. Poche pochissime scelte, ridottissimo margine di errore e ricerca della partita perfetta. Pura poesia!"
Come si sconfigge un simbolo.
Non credo sia così alla portata, far capitolare il granitico gioco dei carrarmatini, d'altra parte a dispetto di tante piccole vittorie individuali siamo ancora ben lontani da una vera e propria apertura verso i nuovi giochi.
Ma un macro piano, seppur abbozzato in questa sede, ci potrebbe aiutare, così come muoverci tutti in un'unica direzione.
"...Oggi ho cercato di porre fine a questo silenzio. Ieri sera io ho distrutto la mia copia di RisiKo, per ricordare a questo paese quello che ha dimenticato. Più di 30 anni fa, un grande gioco ha cambiato la storia dei giochi da tavolo, ed è giusto celebrare quel gioco trovandogli un successore, imprimendo per sempre nella nostra memoria l'8 ottore. La mia speranza, quella di ricordare al mondo che worker placement, living card games, cooperativi, family games, sono più che parole: sono prospettive. Quindi, se non avete visto niente, se i crimini di questo silenzio vi rimangono ignoti, vi consiglio di lasciar passare inosservato l'8 ottobre.
Ma se vedete ciò che vedo io, se la pensate come la penso io, e se siete alla ricerca come lo sono io, vi chiedo di mettervi al mio fianco, a pochi mesi da questa notte, e dare un nuovo simbolo ai giochi da tavolo. E insieme offriremo loro un 8 ottobre che non verrà mai più dimenticato..."
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