La parola "Tentacoli" ha per me diversi significati. Un vecchio film credo anni 80 (mi viene in aiuto wikipedia: è del 1977), in cui una piovra gigante miete vittime fra bagnanti e surfisti (e nello scontro finale viene sconfitta da due orche ammaestrate). Poi i gasteropodi innominabili e indicibili di Cthulhu, il sushi di polipo con salsa di soia e wasabi, la serie televisiva La Piovra con Michele Placido e una storia assolutamente ai confini della realtà raccontatami da un ex collega anni fa ("Un giorno mio fratello stava nuotando verso gli scogli quando ha sentito qualcosa che gli si avvinghiava attorno alla caviglia e lo tirava sott'acqua...fortunatamente aveva con sè il coltello da sub ed è riuscito a tagliare...oh, vi dico solo che quando è venuto fuori dall'acqua aveva un pezzo di tentacolo grosso così attorno alla caviglia, roba che abbiamo mangiato insalata di polipo per due settimane!" mi cascasse un occhio nel buco del lavandino se me la sto inventando).
Comunque. Da qualche sera "Tentacoli" ha assunto anche un altro significato: The Isle of Doctor Necreaux.
Serata da Raistlin. Ci sentiamo per telefono e lui mi dice "Stasera stiamo sul leggero, Andre, ti faccio provare un fillerino...non ti anticipo il titolo, ti faccio una sorpresa...non aspettarti un giocone, eh, sia chiaro, è solo un fillerino leggero, però dovrebbe piacerti". Gli rispondo che come al solito mi fido dello chef e gli raccomando di tenere alta la fiamma, perchè mi piace un sacco la crosticina sopra.
Mentre mi preparo per uscire di casa decido di provare a fare il mentalista, con un vecchio trucco di una puntata del Tenente Colombo.
Scrivo su un bigliettino "Ciao Raistlin, la mia previsione è che stasera mi farai provare Krosmaster Arena.". Piego il bigliettino e me lo infilo nel portafogli.
Poi ne scrivo un secondo: "Ciao Raistlin, la mia previsione è che stasera mi farai provare The Island" piego e metto nella tasca del giubbotto, e un terzo con "Ciao Raistlin, la mia previsione è che stasera mi farai provare Cyclades", che metto nella tasca dei jeans. Se sarà uno dei tre, dirò che avevo previsto il tal gioco ed estrarrò il bigliettino corrispondente.
Una volta a casa del monarca assoluto di Magic the Gatherig, scopro che il gioco è The Isle of Doctor Necreaux: non lo conosco, e naturalmente non tiro fuori i fogliettini (Raistlin lo scoprirà leggendo questo post).
Al tavolo un altro losco individuo: RedBairon, col quale stappo una birra che dovrebbe essere da antologia e invece si rivela troppo complessa per essere ingaggiata così alla viva il parroco, aspettando il setup del gioco. Ok, stasera non ne infilo una dritta. Sta bene. Cominciamo.
Componentistica: 110 carte, 3 dadi, una plancia segna turni, un pugno di dischetti-segnalini.
Gioco cooperativo di fantascienza, con colori e illustrazioni che ricordano le
copertine della storica rivista Amazing Stories (oppure provate a scrivere fantascienza anni 50 su google immagini).
I giocatori fanno parte di una squadra di recupero impegnata nell’ingrato
compito di infiltrarsi nell’isola del malvagio dottor Necreaux, salvare gli
scienziati imprigionati e fuggire via con un improbabile razzo vintage. A scompigliare
i fili una serie di malus: le trappole e le mutazioni
genetiche create dal perverso dottor Necreaux, e i pochi turni a disposizione
(perchè gli scienziati prima di essere catturati hanno innescato una bomba nel vulcano
che domina l’isola, bomba che raderà al suolo l'intero atollo, e per la cronaca il countdown è già cominciato!!!.... dei veri geni, 'sti scienziati).
Il gioco comincia con un draft delle carte che delineano i nostri profili e le nostre abilità. Ce ne toccano tre a testa e io riesco a imbroccarne inutili due su tre. Fortunatamente Raistling e RedBairon draftano bene. Le carte profilo prevedono delle abilità, statiche o di attivazione tramite segnalini "carica".
Il meccanismo del gioco è piuttosto semplice: dobbiamo macinarci il mazzo, tutto o quasi tutto. Il mazzo è composto da carte trappola (malus), creature (malus), equipaggiamenti (bonus), e dagli obiettivi: la carta SCIENZIATI e la carta RAZZO. Ogni assalto al mazzo viene pianificato: quante carte giriamo? Poichè ogni assalto ci costa un'azione e ci fa andare avanti di una tacca sul tabellone che rappresenta il countdown, non possiamo fare assalti corti, ma dobbiamo scalare almeno 6-7-8 carte insieme. L'idea è quella di alternare assalti a turni di riposo per recuperare punti vita.
Il mio profilo personaggio, costituito come ho detto da due carte inutili e una sola buona (una carta che fixa parte delle trappole) rallenta tutto il gruppo, tanto che i miei soci sono continuamente costretti a curarmi e ad applicare modificatori sul mio tiro del dado. Ah, si: quando escono carte creatura (tutte diverse, dai ratti ai tentacoli gelatinosi, dai parassiti simbiotici agli zombie) bisogna affrontarle, e naturalmente hanno punti vita e tipi di attacco diversi.
Cominciamo prudenti ma sul finale siamo costretti a spingere sull'acceleratore e a lanciarci in "run" di 10-12 carte, naturalmente incontrando lungo il cammino trappole che penalizzano le run lunghe.
Ogni girata di carte è scandita da puntuali preview di Raistling, che riconoscendo le creature prima di leggerne l'effetto ci anticipa che "Ahia, ragazzi, questa ci farà malissimo". SEMPRE.
Sulle note finali ci areniamo su un boss cattivo cattivo. Siamo piuttosto malconci ma non possiamo permetterci turni a leccarci le ferite. Facciamo il calcolo dei danni inferti dal boss e vediamo che proprio non ci stiamo, non se ne esce. Finchè Raistlin spiega "Andre: incassali tutti tu. Tu muori ma noi uccidiamo la creatura. E al prossimo turno io e RedBairon vinciamo. Tanto il gioco prevede anche che uno dei tre possa morire".
Un po' perplesso (di solito nei cooperativi se crepa uno dei giocatori fallisce tutto il gruppo) accetto il sacrificio immolandomi per la causa. Incasso i danni e rivolto tutte le mie carte profilo, da un lato sollevato di non rallentare più i miei soci.
Raistlin e RedBairon affrontano le ultimissime carte, salvano gli scienziati, e zompano sul razzo un istante prima dell'esplosione.
Vittoria! Parziale, vista la mia morte..
Bella serata, come sempre. Ho sfottuto Raistling per i suoi "Raga questa ci farà malissimo" ad ogni santo turno (non sto dicendo che è un portatore di disgrazie, dico solo che se dovessi farmi accompagnare da qualcuno per andare a ritirare delle analisi in ospedale non sceglierei lui), ed ho fatto la conoscenza di RedBairon che: 1-abita a 100 metri da casa mia, tanto che se esco sul balcone col telecomando posso mettergli a tradimento Il Grande Fratello sul suo Samsung 2-nel momento in cui scrivo questo post ci siamo già ribeccati per una serata a casa di Viking con The Castles of Burgundy.
The Isle of Doctor Necreaux mi ha lasciato controverse sensazioni. Curatissime le illustrazioni delle carte che rendono perfettamente l'ambientazione sci-fi e ho apprezzato molto anche la scarna componentistica: mi piacciono i giochi composti solo da un mazzo di carte e qualche token. Ma il gioco ha due cose che non mi garbano:
1-ruota tutto attorno al dado. Gli abomini del dottor Necreaux hanno 3 punti ferita (in 3 giocatori) e un valore che bisogna superare col tiro di dado per poter applicare il danno. Un esempio: per far fuori un Totano Gigante con valore 4 tutti i giocatori dovranno rollare il proprio dado: con 3 risultati 4+ il danno viene applicato e il Totano muore. Se non muore (ad esempio escono 5-5-1 e con i modificatori non si riesce a trasformare l'1 in 4) è il turno del Totano attaccare, e serve un secondo turno per ucciderlo.
Tutto è quindi in balia del dado...troppo per i miei gusti.
2-si tratta di un gioco “testuale”. Tanto testo da leggere (in
inglese) che rallenta e spezza il ritmo del gioco. Sicuramente questo aspetto si assottiglia giocando più partite e imparando a riconoscere le carte, ma ... non so. Fluido non mi sembra una parola che potrebbe essere usata per descrivere questo gioco.
Insomma: a questo giro non compro, il portafogli rimane ficcato in tasca....ah: devo ricordarmi di togliere il fogliettino con "Ciao Raistlin, la mia previsione è che stasera mi farai provare Krosmaster Arena."
giovedì 24 aprile 2014
giovedì 17 aprile 2014
Cosa fare al Torino Comics 2014 se non sei un cosplayer
La metropolitana per arrivare al Lingotto si rivela un'ottima scelta perchè:
A- non devo cercar parcheggio
b- 'sta metro noi torinesi l'abbiamo aspettata così tanto che adesso la prendiamo anche solo per pisciare il cane
C- la metro funziona così bene che il semplice atto di prendere un mezzo pubblico diventa un momento piacevole e introspettivo, e non la triste rappresentazione delle tante cose che non funzionano in Italia.
Memore delle code leviatane degli scorsi To-Comics, faccio in modo di essere davanti alle casse al momento dell'apertura. Tempo 10 minuti e una dozzina di cosplayer di Naruto davanti e sono dentro.
Parentesi sul prezzo del biglietto: 12 euro a cucuzza sono davvero tanti. Troppi, a mio avviso (con le dovute proporzioni il biglietto per Play Modena dovrebbe costarne 50).
Nel 2012 il biglietto d'ingresso per Torino Comics costava 10 euro, il che significa un aumento del 20% in 2 anni, che non sono bruscolini.
Cosa fare al Torino Comics se NON sei un cosplayer.
Beh, puoi sederti a un tavolo e giocare.
Grazie ad associazioni che non ci guadagnano una fava se non qualche nuovo amico col quale passare una bella serata, quali Una Mole di Dadi, GiocaTorino, Gilda del Grifone, era quasi impossibile entrare in prossimità di un tavolo senza venir fermati ed invitati a rollare dadi.
Ecco i titoli provati.
AUGUSTUS
Ho riflettuto molto su questo gioco, nello spogliatoio del dopo partita, e ... a mio avviso Augustus ha un baco. Pian piano ci arrivo. Gioco ambientato nell'impero romano fra Cesare e Catullo, perfettamente illustrato e con materiali di ottima fattura. A inizio turno vengono distribuiti gli obiettivi e posizionati al centro tavolo bonus e moltiplicatori per gli obiettivi raggiunti. Il gioco ruota attorno all'estrazione casuale di gettoni tematici da un sacchetto: quando esce il gettone gladio ogni giocatore copre un settore gladio su un suo obiettivo, quando esce la biga si copre la biga, e via così. Una volta completato l'obiettivo se ne prende un altro. Al settimo obiettivo si contano i punti obiettivo e i bonus.
Avevo grandi aspettative per Augustus, sia per le recenti nomination e i premi vinti, che per il tam tam su forum e per il nome dell'autore. Ma terminata la partita mi son detto "Beh?! Tutto qua?".
Augustus ha un baco. Comunicativo.
Il gioco è una tombola, una tombola ben ambientata e leggermente più articolata, ma nella quale il giocatore fa di fatto molto poco. Non c'è praticamente interazione con l'avversario, le scelte possibili sono pochissime e non parliamo di strategia.
Il problema di Augustus è "il vestito": è un gioco per famiglie confezionato nel packaging come un titolo per giocatori navigati. Il nome dell'uber-autore, il titolo del gioco, l'ambientazione "romana", sembrano promettere sarkazzo strategie, worker placement e germanate varie... e inevitabilmente si rimane delusi.
Augustus è un buon titolo introduttivo, per neofiti, per famiglie, da giocare genitori e figli.
Con un'altra veste grafica e un'altra ambientazione (non so: Pizzeria! estrai gli ingredienti dal sacchetto e componi le tue pizze, bonus sulle tavolate che riesci a completare) sarebbe un perfetto family-game. Così com'è lascia ai giocatori una sensazione di "c'è qualcosa che non mi torna". Se leggete sui forum e i blog in giro per la rete (e leggete bene fra le righe) troverete riscontro.
TAKENOKO
Ma come: non avevi ancora provato Takenoko? Esatto: non l'avevo provato.
Ed eccolo qui il gioco per famiglie ambientato con tutti i crismi. Takenoko, ovvero il gioco del Panda poco kung fu e molto bambù.
A inizio partita vengono distribuite delle carte obiettivo (ad esempio raccogli tre pezzi di bambù rosa, posiziona vicini tre esagoni gialli, costruisci un sistema di irrigazione lungo tre esagoni). Al proprio turno il giocatore può scegliere due azioni fra: posizionare tessere terreno, irrigare il terreno, far mangiare il bambù al Pandaren Brewmaster, spostare il giardiniere (che fa crescere più velocemente il bambù), pescare altre carte obiettivo, ottenere una terza azione aggiuntiva col dado dadoso.
Molto semplice: si eseguono due azioni a turno per completare le carte obiettivo in mano.
Carino, introduttivo e da quello che leggo piace molto alle ragazze, quindi può essere una versione rivisitata della classica scusa della collezione di farfalle: "Che ne dici di venire a casa mia a dar da mangiare al Panda?".
Per quanto mi riguarda dubito fortemente che lo comprerò per me, però potrebbe essere un interessante idea regalo.
SPYRIUM
PM:"Ci vediamo al Torino Comics?"
PM: "Andata! Il mio numero di cellulare è..."
Mi becco con Il Giullare Barbuto e La Giullaressa della Tana dei Goblin, e passo con loro il resto della giornata: seduti al tavolo a macinare un gioco dietro l'altro. Memori di un mio post sulla Tana, si portano dietro Spyrium, del padre di Caylus, apposta per farmelo provare (ed io piciu neanche offro loro un caffè: ragazzi per quel progetto "Maratona Le Havre" dei viveri me ne occupo io). Prima di iniziare a giocare a Spyrium confido al Barbuto che una parte di me spera che il gioco sia intrinsecamente brutto perchè se è bello non potrò fare a meno di comprarlo (ed ho già virtualmente speso il mio stipendio di giugno).
Gioco di piazzamento e trasformazione delle risorse, con intuibili contaminazioni di diversi titoli (uno su tutti: Keyflower). Il gioco è relativamente veloce: ad ogni turno entrano in gioco nove carte e i giocatori posizionano i propri meeples nelle intersezioni. Più meeples stanno attorno ad una carta più il costo della carta aumenta. Le carte acquistate hanno effetti di manipolazione soldi, punti e spyrium. Scopo del gioco: guadagnare punti, attraverso la produzione e la lavorazione dello Spyrium.
L'ambientazione steampunk non centra una cifola ma il gioco mi è piaciuto un sacco e ahimè: lo prenderò sicuro. A piacermi, lo ammetto, anche una certa snellezza: è un gioco impegnativo ma non monumentale, tecnico ma non stressante, di quelli che ci puoi fare anche 2-3 partite a sera.
Il migliore dei sei provati.
DIE SPEICHERSTADT
Pensavo di conoscere (almeno di nome) tutti i titoli di Stefan Feld e invece sto Speichestadt non l'avevo mai neanche sentito nominare.
Gioco di aste e maggioranze, d'ambientazione portuale-commerciale.
Ogni giocatore ha a disposizione TRE babaci, con cui puntare (a turno) per le carte merci e nave che entrano via via in gioco. Il primo giocatore che posiziona il babacio davanti a una carta decide se acquistarla o passare oltre (il prezzo della carta sale di prezzo +1 per ogni babacio della fila). Le carte acquistate permettono la lavorazione delle merci (thè, caffè, stoffa, zucchero) con le solite conversioni o in denaro o in punti vittoria. Fra le variabili anche una serie di incendi nei magazzini, ai quali far fronte tramite l'acquisto di apposite carte pompiere (quattro incendi fissi per ogni partita, sono un botto di punti in meno a non estinguere le fiamme).
Nei primi 2-3 turni il gioco non mi ha detto gran che, mi sembrava molto lineare, e invece si è rivelato molto più articolato del previsto, con giocate molto caute e varie ponzature sul finale. Il meccanismo del "più cippette ci sono più la carta ti costa" porta a giocate aggressive e giocate di copertura, bluff e azzardi con un occhio fisso sulle monete avversarie, in un contesto di coperta corta di sole tre cippette a testa.
Molto carino, è piaciuto a tutta la compagnia briscola.
VILLAGE
Era un po' che volevo provarlo e il ToCo mi ha fatto un'alzata a filo di rete che manco Mila di Mila e Shiro. Gioco di piazzamento piuttosto famoso e oramai al limite del classico, è caratterizzato dall'uso dei segnalini clessidra. Ogni azione costa uno o più segnalini clessidra e ad ogni giro completo, uno degli omini ci rimane secco. Letteralmente. Il gioco prevede la morte dei propri omini, con la peculiarità che la morte è solo un altro modo per far punti: bisogna saper morire, nel settore giusto e al momento giusto. Tedescone di piazzamento, potenzialmente interessante e graficamente ben curato, ma a mio avviso troppo frammentario. Ci sono tante cose da fare, ma le azioni sono tutte slegate fra loro, una serie di mini-giochi che centrano poco niente l'uno con l'altro. Alcuni passaggi mi sembrano macchinosi, come la Chiesa e l'estrazione dei monaci dal sacchetto, altri poco divertenti (la lenta avanzata nella Camera del Consiglio), in una sensazione generale di "poco lubrificato".
E' l'unico gioco che non abbiamo portato al termine per sopraggiunta noia e sbadiglio selvaggio: ad un certo punto della partita, visto che ci eravamo spenti tutti e tre, ho detto ai Giullari: "Oh, raga, sto gioco ci sta ammazzando il morale".
Da riprovare per offrirgli una seconda possibilità, perchè una seconda possibilità se la meritano tutti, ma senza fretta, eh.
LEWIS & CLARK
E' il gioco che stanno giocando tutti in queste settimane e stranamente (dico stranamente perchè io sono sempre fuori sincrono) l'ho provato anch'io. Gioco d'ambientazione indiani d'america, con una win condition stile corsa più pazza del mondo: vince il primo che riesce a risalire il fiume.
Ogni giocatore parte con un set di carte base, che permettono la raccolta di risorse quali pelli, utensili e cibo, in combo con le carte già giocate dagli altri giocatori. A disposizione dei giocatori dei token "pellerossa" posizionabili sul tabellone per raccogliere token avanzati (cavallo, canoa) e tessere di ampliamento plancia giocatore. Le azioni possibili sono numerose, col vincolo che una volta giocate le carte a terra l'unico modo per riprenderle in mano è accamparsi (col prostatico malus di tornare indietro di una casella per ogni carta residua in mano e per ogni merce avanzata sulla propria plancia). Capita quindi soprattutto all'inizio di spendere tutto per muoversi avanti di sei...per poi tornare indietro di quattro. Le cose si complicano molto (troppo) quando si arriva sulle montagne. In quel caso occorre pianificare molto bene le proprie azioni, sia per evitare di sprecar risorse rare come cavallo e canoa, sia per evitare di andare avanti di quattro e tornare indietro di cinque.
Il gioco non è niente male, a parte un paio di difetti:
1-le montagne sono sproporzionatamente più difficili da attraversare del fiume. Questo fa sì che impieghi dieci minuti per percorrere i primi due terzi del percorso e un'ora abbondante per l'ultimo terzo. Sicuramente l'esperienza la fa da padrona ed è importante imparare quali carte comprare per innescare piccole combo di movimento, ma la sensazione che arriva alla prima partita è di qualcosa di mal calibrato.
2-le carte sono sottili e fragili, troppo fragili. Il gioco prevede una continua manipolazione delle carte, da ambo i lati. Senza le bustine protettive vi si sbucceranno fra le mani nel giro di 4-5 partite. Quelle della scatola in demo erano già vistosamente rosicchiate.
Cosa fare al Torino Comics se sei un cosplayer.
Ovvero: quello che succedeva attorno.
I cosplayer al ToCo sono a casa loro e fanno quello che vogliono: entrano al Torino Comics già vestiti (o si vestono in equilibrio su una gamba sola nel bagno della struttura, che verso le 10.00 del mattino è già una palude di urina e fazzolettini di carta appallottolati) e poi:
- fanno le vasche su e giù per lo stand
- fotografano altri cosplayer
- mangiano noodles (lamentandosi perchè comunque il ramen è un'altra cosa)
- fanno le vasche su e giù per lo stand
- comprano manga
- comprano altri accessori costosissimi per arricchire ulteriormente i propri cosplay
- visitano il quartiere giapponese
- fanno le vasche su e giù per lo stand
Ho sempre guardato con molta simpatia i cosplayer: sono personaggi positivi, allegri, coloratissimi, inclini più al divertimento che alle sostanze psicotrope.... Ma non posso non prendere atto di un certo cambiamento negli ultimi anni, dei costumi e verosimilmente delle intenzioni.
Le ragazze sono sempre più svestite...e non per rappresentare la protagonista di qualche manga hentai (cosa che avrebbe perfettamente senso) ma in maniera del tutto gratuita.
Se fai Lamù o Yoko di Gurren Lagann è corretto che tu sia in mutandine e reggiseno. Se fai Barba-Mamma o Pollon combina guai, gli autoreggenti a rete non centrano una mazza ferrata.
E naturalmente questa maggior esposizione di carne si tira dietro un sacco di giovani maschi, che intravedono nel Torino Comics l'occasione per ammirare un po' di pucchiacchera.
Così lo struscio dei cosplay del ToCo è diventato un momento "sexy", libidinoso, testosteronico, e soprattutto senza quel fiotto di sangue zampillante e autoironico tipo Genio delle Tartarughe.
Un po' un peccato, a mio avviso.
...ma alla fine cazzomene: ho giocato secchissimo.
Ringraziamenti
Un grazie speciale alla Giullaressa e al Giullare barbuto per la compagnia. Finalmente vi ho conosciuto, ragazzi! (e non cederò sul progetto Maratona Le Havre!)
Un grazie a Gianluca-Gianduia, personaggio eclettico e interessantissimo che mi è capitato di conoscere sui tavoli. Appena riusciamo, amico mio!
Un ringraziamento anche a Elena della Mole di Dadi e a Gianni del GiocaTorino per la disponibilità e la molta pazienza profusa.
A- non devo cercar parcheggio
b- 'sta metro noi torinesi l'abbiamo aspettata così tanto che adesso la prendiamo anche solo per pisciare il cane
C- la metro funziona così bene che il semplice atto di prendere un mezzo pubblico diventa un momento piacevole e introspettivo, e non la triste rappresentazione delle tante cose che non funzionano in Italia.
Memore delle code leviatane degli scorsi To-Comics, faccio in modo di essere davanti alle casse al momento dell'apertura. Tempo 10 minuti e una dozzina di cosplayer di Naruto davanti e sono dentro.
Parentesi sul prezzo del biglietto: 12 euro a cucuzza sono davvero tanti. Troppi, a mio avviso (con le dovute proporzioni il biglietto per Play Modena dovrebbe costarne 50).
Nel 2012 il biglietto d'ingresso per Torino Comics costava 10 euro, il che significa un aumento del 20% in 2 anni, che non sono bruscolini.
Cosa fare al Torino Comics se NON sei un cosplayer.
Beh, puoi sederti a un tavolo e giocare.
Grazie ad associazioni che non ci guadagnano una fava se non qualche nuovo amico col quale passare una bella serata, quali Una Mole di Dadi, GiocaTorino, Gilda del Grifone, era quasi impossibile entrare in prossimità di un tavolo senza venir fermati ed invitati a rollare dadi.
Ecco i titoli provati.
AUGUSTUS
Ho riflettuto molto su questo gioco, nello spogliatoio del dopo partita, e ... a mio avviso Augustus ha un baco. Pian piano ci arrivo. Gioco ambientato nell'impero romano fra Cesare e Catullo, perfettamente illustrato e con materiali di ottima fattura. A inizio turno vengono distribuiti gli obiettivi e posizionati al centro tavolo bonus e moltiplicatori per gli obiettivi raggiunti. Il gioco ruota attorno all'estrazione casuale di gettoni tematici da un sacchetto: quando esce il gettone gladio ogni giocatore copre un settore gladio su un suo obiettivo, quando esce la biga si copre la biga, e via così. Una volta completato l'obiettivo se ne prende un altro. Al settimo obiettivo si contano i punti obiettivo e i bonus.
Avevo grandi aspettative per Augustus, sia per le recenti nomination e i premi vinti, che per il tam tam su forum e per il nome dell'autore. Ma terminata la partita mi son detto "Beh?! Tutto qua?".
Augustus ha un baco. Comunicativo.
Il gioco è una tombola, una tombola ben ambientata e leggermente più articolata, ma nella quale il giocatore fa di fatto molto poco. Non c'è praticamente interazione con l'avversario, le scelte possibili sono pochissime e non parliamo di strategia.
Il problema di Augustus è "il vestito": è un gioco per famiglie confezionato nel packaging come un titolo per giocatori navigati. Il nome dell'uber-autore, il titolo del gioco, l'ambientazione "romana", sembrano promettere sarkazzo strategie, worker placement e germanate varie... e inevitabilmente si rimane delusi.
Augustus è un buon titolo introduttivo, per neofiti, per famiglie, da giocare genitori e figli.
Con un'altra veste grafica e un'altra ambientazione (non so: Pizzeria! estrai gli ingredienti dal sacchetto e componi le tue pizze, bonus sulle tavolate che riesci a completare) sarebbe un perfetto family-game. Così com'è lascia ai giocatori una sensazione di "c'è qualcosa che non mi torna". Se leggete sui forum e i blog in giro per la rete (e leggete bene fra le righe) troverete riscontro.
TAKENOKO
Ma come: non avevi ancora provato Takenoko? Esatto: non l'avevo provato.
Ed eccolo qui il gioco per famiglie ambientato con tutti i crismi. Takenoko, ovvero il gioco del Panda poco kung fu e molto bambù.
A inizio partita vengono distribuite delle carte obiettivo (ad esempio raccogli tre pezzi di bambù rosa, posiziona vicini tre esagoni gialli, costruisci un sistema di irrigazione lungo tre esagoni). Al proprio turno il giocatore può scegliere due azioni fra: posizionare tessere terreno, irrigare il terreno, far mangiare il bambù al Pandaren Brewmaster, spostare il giardiniere (che fa crescere più velocemente il bambù), pescare altre carte obiettivo, ottenere una terza azione aggiuntiva col dado dadoso.
Molto semplice: si eseguono due azioni a turno per completare le carte obiettivo in mano.
Carino, introduttivo e da quello che leggo piace molto alle ragazze, quindi può essere una versione rivisitata della classica scusa della collezione di farfalle: "Che ne dici di venire a casa mia a dar da mangiare al Panda?".
Per quanto mi riguarda dubito fortemente che lo comprerò per me, però potrebbe essere un interessante idea regalo.
SPYRIUM
PM:"Ci vediamo al Torino Comics?"
PM: "Andata! Il mio numero di cellulare è..."
Mi becco con Il Giullare Barbuto e La Giullaressa della Tana dei Goblin, e passo con loro il resto della giornata: seduti al tavolo a macinare un gioco dietro l'altro. Memori di un mio post sulla Tana, si portano dietro Spyrium, del padre di Caylus, apposta per farmelo provare (ed io piciu neanche offro loro un caffè: ragazzi per quel progetto "Maratona Le Havre" dei viveri me ne occupo io). Prima di iniziare a giocare a Spyrium confido al Barbuto che una parte di me spera che il gioco sia intrinsecamente brutto perchè se è bello non potrò fare a meno di comprarlo (ed ho già virtualmente speso il mio stipendio di giugno).
Gioco di piazzamento e trasformazione delle risorse, con intuibili contaminazioni di diversi titoli (uno su tutti: Keyflower). Il gioco è relativamente veloce: ad ogni turno entrano in gioco nove carte e i giocatori posizionano i propri meeples nelle intersezioni. Più meeples stanno attorno ad una carta più il costo della carta aumenta. Le carte acquistate hanno effetti di manipolazione soldi, punti e spyrium. Scopo del gioco: guadagnare punti, attraverso la produzione e la lavorazione dello Spyrium.
L'ambientazione steampunk non centra una cifola ma il gioco mi è piaciuto un sacco e ahimè: lo prenderò sicuro. A piacermi, lo ammetto, anche una certa snellezza: è un gioco impegnativo ma non monumentale, tecnico ma non stressante, di quelli che ci puoi fare anche 2-3 partite a sera.
Il migliore dei sei provati.
DIE SPEICHERSTADT
Pensavo di conoscere (almeno di nome) tutti i titoli di Stefan Feld e invece sto Speichestadt non l'avevo mai neanche sentito nominare.
Gioco di aste e maggioranze, d'ambientazione portuale-commerciale.
Ogni giocatore ha a disposizione TRE babaci, con cui puntare (a turno) per le carte merci e nave che entrano via via in gioco. Il primo giocatore che posiziona il babacio davanti a una carta decide se acquistarla o passare oltre (il prezzo della carta sale di prezzo +1 per ogni babacio della fila). Le carte acquistate permettono la lavorazione delle merci (thè, caffè, stoffa, zucchero) con le solite conversioni o in denaro o in punti vittoria. Fra le variabili anche una serie di incendi nei magazzini, ai quali far fronte tramite l'acquisto di apposite carte pompiere (quattro incendi fissi per ogni partita, sono un botto di punti in meno a non estinguere le fiamme).
Nei primi 2-3 turni il gioco non mi ha detto gran che, mi sembrava molto lineare, e invece si è rivelato molto più articolato del previsto, con giocate molto caute e varie ponzature sul finale. Il meccanismo del "più cippette ci sono più la carta ti costa" porta a giocate aggressive e giocate di copertura, bluff e azzardi con un occhio fisso sulle monete avversarie, in un contesto di coperta corta di sole tre cippette a testa.
Molto carino, è piaciuto a tutta la compagnia briscola.
VILLAGE
Era un po' che volevo provarlo e il ToCo mi ha fatto un'alzata a filo di rete che manco Mila di Mila e Shiro. Gioco di piazzamento piuttosto famoso e oramai al limite del classico, è caratterizzato dall'uso dei segnalini clessidra. Ogni azione costa uno o più segnalini clessidra e ad ogni giro completo, uno degli omini ci rimane secco. Letteralmente. Il gioco prevede la morte dei propri omini, con la peculiarità che la morte è solo un altro modo per far punti: bisogna saper morire, nel settore giusto e al momento giusto. Tedescone di piazzamento, potenzialmente interessante e graficamente ben curato, ma a mio avviso troppo frammentario. Ci sono tante cose da fare, ma le azioni sono tutte slegate fra loro, una serie di mini-giochi che centrano poco niente l'uno con l'altro. Alcuni passaggi mi sembrano macchinosi, come la Chiesa e l'estrazione dei monaci dal sacchetto, altri poco divertenti (la lenta avanzata nella Camera del Consiglio), in una sensazione generale di "poco lubrificato".
E' l'unico gioco che non abbiamo portato al termine per sopraggiunta noia e sbadiglio selvaggio: ad un certo punto della partita, visto che ci eravamo spenti tutti e tre, ho detto ai Giullari: "Oh, raga, sto gioco ci sta ammazzando il morale".
Da riprovare per offrirgli una seconda possibilità, perchè una seconda possibilità se la meritano tutti, ma senza fretta, eh.
LEWIS & CLARK
E' il gioco che stanno giocando tutti in queste settimane e stranamente (dico stranamente perchè io sono sempre fuori sincrono) l'ho provato anch'io. Gioco d'ambientazione indiani d'america, con una win condition stile corsa più pazza del mondo: vince il primo che riesce a risalire il fiume.
Ogni giocatore parte con un set di carte base, che permettono la raccolta di risorse quali pelli, utensili e cibo, in combo con le carte già giocate dagli altri giocatori. A disposizione dei giocatori dei token "pellerossa" posizionabili sul tabellone per raccogliere token avanzati (cavallo, canoa) e tessere di ampliamento plancia giocatore. Le azioni possibili sono numerose, col vincolo che una volta giocate le carte a terra l'unico modo per riprenderle in mano è accamparsi (col prostatico malus di tornare indietro di una casella per ogni carta residua in mano e per ogni merce avanzata sulla propria plancia). Capita quindi soprattutto all'inizio di spendere tutto per muoversi avanti di sei...per poi tornare indietro di quattro. Le cose si complicano molto (troppo) quando si arriva sulle montagne. In quel caso occorre pianificare molto bene le proprie azioni, sia per evitare di sprecar risorse rare come cavallo e canoa, sia per evitare di andare avanti di quattro e tornare indietro di cinque.
Il gioco non è niente male, a parte un paio di difetti:
1-le montagne sono sproporzionatamente più difficili da attraversare del fiume. Questo fa sì che impieghi dieci minuti per percorrere i primi due terzi del percorso e un'ora abbondante per l'ultimo terzo. Sicuramente l'esperienza la fa da padrona ed è importante imparare quali carte comprare per innescare piccole combo di movimento, ma la sensazione che arriva alla prima partita è di qualcosa di mal calibrato.
2-le carte sono sottili e fragili, troppo fragili. Il gioco prevede una continua manipolazione delle carte, da ambo i lati. Senza le bustine protettive vi si sbucceranno fra le mani nel giro di 4-5 partite. Quelle della scatola in demo erano già vistosamente rosicchiate.
Cosa fare al Torino Comics se sei un cosplayer.
Ovvero: quello che succedeva attorno.
I cosplayer al ToCo sono a casa loro e fanno quello che vogliono: entrano al Torino Comics già vestiti (o si vestono in equilibrio su una gamba sola nel bagno della struttura, che verso le 10.00 del mattino è già una palude di urina e fazzolettini di carta appallottolati) e poi:
- fanno le vasche su e giù per lo stand
- fotografano altri cosplayer
- mangiano noodles (lamentandosi perchè comunque il ramen è un'altra cosa)
- fanno le vasche su e giù per lo stand
- comprano manga
- comprano altri accessori costosissimi per arricchire ulteriormente i propri cosplay
- visitano il quartiere giapponese
- fanno le vasche su e giù per lo stand
Ho sempre guardato con molta simpatia i cosplayer: sono personaggi positivi, allegri, coloratissimi, inclini più al divertimento che alle sostanze psicotrope.... Ma non posso non prendere atto di un certo cambiamento negli ultimi anni, dei costumi e verosimilmente delle intenzioni.
Le ragazze sono sempre più svestite...e non per rappresentare la protagonista di qualche manga hentai (cosa che avrebbe perfettamente senso) ma in maniera del tutto gratuita.
Se fai Lamù o Yoko di Gurren Lagann è corretto che tu sia in mutandine e reggiseno. Se fai Barba-Mamma o Pollon combina guai, gli autoreggenti a rete non centrano una mazza ferrata.
E naturalmente questa maggior esposizione di carne si tira dietro un sacco di giovani maschi, che intravedono nel Torino Comics l'occasione per ammirare un po' di pucchiacchera.
Così lo struscio dei cosplay del ToCo è diventato un momento "sexy", libidinoso, testosteronico, e soprattutto senza quel fiotto di sangue zampillante e autoironico tipo Genio delle Tartarughe.
Un po' un peccato, a mio avviso.
...ma alla fine cazzomene: ho giocato secchissimo.
Ringraziamenti
Un grazie speciale alla Giullaressa e al Giullare barbuto per la compagnia. Finalmente vi ho conosciuto, ragazzi! (e non cederò sul progetto Maratona Le Havre!)
Un grazie a Gianluca-Gianduia, personaggio eclettico e interessantissimo che mi è capitato di conoscere sui tavoli. Appena riusciamo, amico mio!
Un ringraziamento anche a Elena della Mole di Dadi e a Gianni del GiocaTorino per la disponibilità e la molta pazienza profusa.
venerdì 11 aprile 2014
300 Kcal in meno grazie a Carcassonne Mari del Sud
Con l’estate alle porte e lo spauracchio della prova costume, da fanatico della linea e
degli addominali scolpiti nella sugna (modello tartaruga, ma morta da due settimane), mi sento di condividere con voi
queste riflessioni ipocaloriche.
Serata in birrificio artigianale, in compagnia del sempre mugnifico TassoRosso.
Indeciso fra uscire di casa equipaggiato con Santiago de Cuba o Carcassonne Mari del Sud, opto per il secondo, per dare una chance al padre di tutti i trippoli.
Con Carcassonne ho uno strano rapporto, tipo la macchina per fare i popcorn oppure il decanter del vino: comprati e usati tre volte di numero. Carcassonne è stato la mia nave scuola, la prostituta quarantenne all'angolo della strada che ha fatto diventare uomo il ragazzino (mica hanno scopato, gli ha solo fatto vedere le tette, ma sono state le sue prime tette, e quella stessa sera lui si è fatto la barba con la lametta).
Sono affezionato a Carcassonne, forse più per quello che ha rappresentato per me che per il gioco di per sè.
Il problema è che oggi non ci gioco mai: appena mi avvicino alla mensola la mia mano finisce irrimediabilmente su un'altra scatola. SEMPRE.
Carcassonne un'altra sera, dai, lo giuro...
E la sera giusta non arriva mai.
Non perchè sia brutto. Ma perchè alla fine è sempre (ancora) Carcassonne, e con tutti i titoli nuovi che escono ogni mese, chi la trova la voglia di giocare ancora a Carcassonne?
Così ho deciso di forzarmi.
Per l'uscita in birreria mi sono IMPOSTO di portarmi dietro Carcassonne Mari del Sud (e SOLO Carcassonne Mari del Sud), regalo natalizio 2013 sfruttato appunto quanto la famosa macchina per il popcorn.
Dopo le 150 flessioni eseguite su un braccio solo e i 20km di corsa campestre appena usciti dall'ufficio, in mancanza di frullati e centrifughe di sedano-rapa nelle vicinanze, abbiamo scelto la linea della sobrietà con una cena a base di:
- Hamburger di Fassone. 300 kcal
- Tris di salcicciotti artigianali: 500 kcal
- Patate al forno: 200 kcal
- Birra artigianale alle castagne: 250 kcal
- 2° Birra artigianale (Ipè): 250 kcal
- Pane: 80 Kcal
- Caffè: 10 kcal
Terminato il piatto di fassone di tofu abbiamo attaccato con Carcassonne.
Due parole kamut su Carcassonne Mari del Sud
Nuova edizione di Carcassonne, indipendente dalle precedenti e completamente rivisitata. Rispetto al tradizionale padre di tutti i trippoli, CMdS introduce alcune varianti sulla fatturazione dei punti: invece di prendere e metterli direttamente in saccoccia alla chiusura di un terreno o di una strada, il giocatore (che qui veste i panni di un indigeno su uno sperduto atollo) incassa risorse (banane, conchiglie, pesci). Le risorse serviranno per soddisfare le richieste di alcune navi mercantili e andare finalmente a punti. Indipendente dalla lingua, a mio avviso più divertente del Carcassonne tradizionale, ottimi materiali, prezzo 30 euro circa, rapporto qualità prezzo molto buono.
Eravamo al solito tavolino da birreria, terreno del quale sto appunto studiando ergonomia e giocabilità.
Al termine dell'hamburger e del tris di salsicciotti, abbiamo spacchettato conchiglie, banane e pesci e cominciato a incastrare tesserine terreno.
CMdS si è sviluppato sul tavolino 60x60 in maniera tentacolare, come un virus in un organismo umano.
Considerate le tessere terreno, le tessere nave, le molte risorse, i token barca, e la mappa incrementale al centro, sul tavolino ci è avanzato spazio giusto per i due bicchieri di birra (che si sviluppano in verticale).
A metà partita abbiamo ordinato una seconda birra (sostituendo i bicchieri vuoti con quelli pieni,) e TassoRosso ha commentato che ci sarebbe stato benissimo un'altro Piatto del Birraio da dividere in due, o anche solo un vassoietto di patate da spizzicare fra una tessera e l'altra.
"Eh, già, e dove lo mettiamo? Non c'è un centimetro libero" ho risposto stizzito.
Proprio così. Avete capito bene.
Volevamo altra roba da mangiare e non abbiamo potuto ordinarla.
Non abbiamo potuto ordinarla PERCHE' Carcassonne occupava fisicamente tutto il tavolo.
Avremmo potuto tranquillamente ordinare e mangiarci un altro hamburger (300Kcal), dei salsicciotti, un panino formaggio e soppressata, un tagliere di affettati, delle patate fritte...
E invece no.
Carcassonne ce l'ha logisticamente impedito.
Terminata la partita (e acquistate un paio di bottiglie di birra di castagna da portare a casa), tornando verso le macchine abbiamo discusso su quanto era successo.
"E dire che un altro piatto me lo sarei fatto, cavolo!"
"Perchè, io no?!?!"
"Ti rendi conto di quello che è stato capace di fare Carcassonne? Ci ha impedito di mangiare!"
"Ha sottratto calorie alla nostra serata"
"Almeno 300. Almeno! Ma anche di più, se ci pensi potevamo ordinare qualsiasi cosa..."
"Ci saremmo potuti opporre. Avremmo potuto mollare la partita, ritirare il gioco e ordinare da mangiare"
"Ma non l'abbiamo fatto. Carcassonne ci ha ipnotizzato"
"Prova a immaginare tutte le volte che sei andato in birreria, nella tua vita. Se tutte quelle volte avessi avuto un gioco ingombrante come Carcassonne, sul tavolo, chissà quanti panini in meno ti saresti mangiato"
"Sarei molto più magro! E con molto meno colesterolo nel sangue!"
"Parole sante, amico mio, parole sante. Carcassonne è dietetico. E tu devi rivelarlo al mondo"
"Lo farò, mio caro Tasso, lo farò..."
Serata in birrificio artigianale, in compagnia del sempre mugnifico TassoRosso.
Indeciso fra uscire di casa equipaggiato con Santiago de Cuba o Carcassonne Mari del Sud, opto per il secondo, per dare una chance al padre di tutti i trippoli.
Con Carcassonne ho uno strano rapporto, tipo la macchina per fare i popcorn oppure il decanter del vino: comprati e usati tre volte di numero. Carcassonne è stato la mia nave scuola, la prostituta quarantenne all'angolo della strada che ha fatto diventare uomo il ragazzino (mica hanno scopato, gli ha solo fatto vedere le tette, ma sono state le sue prime tette, e quella stessa sera lui si è fatto la barba con la lametta).
Sono affezionato a Carcassonne, forse più per quello che ha rappresentato per me che per il gioco di per sè.
Il problema è che oggi non ci gioco mai: appena mi avvicino alla mensola la mia mano finisce irrimediabilmente su un'altra scatola. SEMPRE.
Carcassonne un'altra sera, dai, lo giuro...
E la sera giusta non arriva mai.
Non perchè sia brutto. Ma perchè alla fine è sempre (ancora) Carcassonne, e con tutti i titoli nuovi che escono ogni mese, chi la trova la voglia di giocare ancora a Carcassonne?
Così ho deciso di forzarmi.
Per l'uscita in birreria mi sono IMPOSTO di portarmi dietro Carcassonne Mari del Sud (e SOLO Carcassonne Mari del Sud), regalo natalizio 2013 sfruttato appunto quanto la famosa macchina per il popcorn.
Dopo le 150 flessioni eseguite su un braccio solo e i 20km di corsa campestre appena usciti dall'ufficio, in mancanza di frullati e centrifughe di sedano-rapa nelle vicinanze, abbiamo scelto la linea della sobrietà con una cena a base di:
- Hamburger di Fassone. 300 kcal
- Tris di salcicciotti artigianali: 500 kcal
- Patate al forno: 200 kcal
- Birra artigianale alle castagne: 250 kcal
- 2° Birra artigianale (Ipè): 250 kcal
- Pane: 80 Kcal
- Caffè: 10 kcal
Terminato il piatto di fassone di tofu abbiamo attaccato con Carcassonne.
Due parole kamut su Carcassonne Mari del Sud
Nuova edizione di Carcassonne, indipendente dalle precedenti e completamente rivisitata. Rispetto al tradizionale padre di tutti i trippoli, CMdS introduce alcune varianti sulla fatturazione dei punti: invece di prendere e metterli direttamente in saccoccia alla chiusura di un terreno o di una strada, il giocatore (che qui veste i panni di un indigeno su uno sperduto atollo) incassa risorse (banane, conchiglie, pesci). Le risorse serviranno per soddisfare le richieste di alcune navi mercantili e andare finalmente a punti. Indipendente dalla lingua, a mio avviso più divertente del Carcassonne tradizionale, ottimi materiali, prezzo 30 euro circa, rapporto qualità prezzo molto buono.
Eravamo al solito tavolino da birreria, terreno del quale sto appunto studiando ergonomia e giocabilità.
Al termine dell'hamburger e del tris di salsicciotti, abbiamo spacchettato conchiglie, banane e pesci e cominciato a incastrare tesserine terreno.
CMdS si è sviluppato sul tavolino 60x60 in maniera tentacolare, come un virus in un organismo umano.
Considerate le tessere terreno, le tessere nave, le molte risorse, i token barca, e la mappa incrementale al centro, sul tavolino ci è avanzato spazio giusto per i due bicchieri di birra (che si sviluppano in verticale).
A metà partita abbiamo ordinato una seconda birra (sostituendo i bicchieri vuoti con quelli pieni,) e TassoRosso ha commentato che ci sarebbe stato benissimo un'altro Piatto del Birraio da dividere in due, o anche solo un vassoietto di patate da spizzicare fra una tessera e l'altra.
"Eh, già, e dove lo mettiamo? Non c'è un centimetro libero" ho risposto stizzito.
Proprio così. Avete capito bene.
Volevamo altra roba da mangiare e non abbiamo potuto ordinarla.
Non abbiamo potuto ordinarla PERCHE' Carcassonne occupava fisicamente tutto il tavolo.
Avremmo potuto tranquillamente ordinare e mangiarci un altro hamburger (300Kcal), dei salsicciotti, un panino formaggio e soppressata, un tagliere di affettati, delle patate fritte...
E invece no.
Carcassonne ce l'ha logisticamente impedito.
Terminata la partita (e acquistate un paio di bottiglie di birra di castagna da portare a casa), tornando verso le macchine abbiamo discusso su quanto era successo.
"E dire che un altro piatto me lo sarei fatto, cavolo!"
"Perchè, io no?!?!"
"Ti rendi conto di quello che è stato capace di fare Carcassonne? Ci ha impedito di mangiare!"
"Ha sottratto calorie alla nostra serata"
"Almeno 300. Almeno! Ma anche di più, se ci pensi potevamo ordinare qualsiasi cosa..."
"Ci saremmo potuti opporre. Avremmo potuto mollare la partita, ritirare il gioco e ordinare da mangiare"
"Ma non l'abbiamo fatto. Carcassonne ci ha ipnotizzato"
"Prova a immaginare tutte le volte che sei andato in birreria, nella tua vita. Se tutte quelle volte avessi avuto un gioco ingombrante come Carcassonne, sul tavolo, chissà quanti panini in meno ti saresti mangiato"
"Sarei molto più magro! E con molto meno colesterolo nel sangue!"
"Parole sante, amico mio, parole sante. Carcassonne è dietetico. E tu devi rivelarlo al mondo"
"Lo farò, mio caro Tasso, lo farò..."
lunedì 7 aprile 2014
Storia di una banconota (e della ristampa di Le Havre)
Questa è la storia di una banconota da 50 euro e del suo
possessore, un uomo con una barba ispida come il filo spinato. L'uomo
e la banconota vivono due realtà distinte e separate, finchè lei non gli
finisce fra le mani. Vorrei raccontarvi di un primo amore per tutta la vita e di un candore
virginale, ma la verità è che la banconota ha perso la sua innocenza da molti anni, spesa
a più riprese da decine di mani sudaticce e frettolose, stiracchiata persino da un
distributore automatico di benzina col cartello IN CASO DI MANCATA EROGAZIONE CONSERVARE LO SCONTRINO.
Quando lei gli finisce fra le mani lui la degna appena di
uno sguardo, il solito a cui lei è ben abituata: "Si, è tutta roba vera, bello mio, e smettila di tastarmi".
Lui la infila nel portafoglio, in mezzo alle altre: una da dieci, sfattissima, che puzza di tabacco e bar col videopoker, e una da cinque, giovane, una vera oca che non fa che ridacchiare.
E lei comincia a contare. In anni di palpeggiamenti e passaggi illeciti ha imparato a fare così: chiude gli occhi e manda la mente
altrove, conta i minuti prima del prossimo uomo. Di solito non passa molto: agli
uomini non piace avere pezzi come lei in tasca. “Per favore, fa solo che
non sia per un caffè, non per un caffè, ti prego”. Odia quelli che la scambiano per un caffè, che sembra non vedano l'ora di liberarsi di lei.
L’uomo con la barba, che ha alle spalle solo Carcassonne giocato sull'Ipod (un app scaricata in mezzo alle altre), assiste per caso a una partita di Le Havre. E finita quella monumentale e interminabile partita, della quale lui comprende veramente poco se non le potenzialità del gioco, l'uomo ha una sola vera consapevolezza: quel gioco deve essere suo.
Ma il giorno successivo, quando si reca al centro giochi, il commesso dietro il bancone gli offre il calice dell'amara verità: Le Havre è esaurito. Devono ristamparlo. Un giorno. Non si sa quando. Forse.
In un sabato pomeriggio l'uomo si fa tutti i centri giochi di Torino, trovando ad attenderlo dietro il bancone sempre la stessa perentoria parola: F I N I T O.
Comincia a cercare sul web, trova finalmente un sito che ce l'ha disponibile, acquista il gioco, salvo ricevere il giorno successivo la mail "Ci spiace, il prodotto è attualmente in fase di restock".
Succede due volte, e la lenta pratica di rimborso sulla carta di credito non fa che spargere sale sulla ferita aperta e pulsante. Prova anche ad acquistarlo usato, con tragiche conseguenze .
Per lenire il dolore e prendere tempo l'uomo compra altri giochi da tavolo e un giorno si ritrova addirittura "giocatore", ma il pensiero di Le Havre lo tormenta, e allora fa una cosa che ha del rocambolesco: prende la banconota e ci scrive sopra una promessa, con un pennarello indelebile, uno di quelli a punta fine per scrivere sui cd.
Ci scrive sopra X LE HAVRE, piega la banconota e la infila nella carta d'identità.
E lei se ne sta lì, per due lunghissimi anni. Per due anni studia i lineamenti del suo volto, sulla foto del documento. A onor del vero ogni tanto lui la tira fuori, ad esempio una volta che lo ferma la stradale ed è costretto a mostrare i documenti: la tira fuori, legge X LE HAVRE e sorride. Anche lei gli sorride. Rispetto alla foto lui è un po' invecchiato. Come uomo non è particolarmente bello ma ha una faccia simpatica e sembra onesto, corretto, uno che mantiene le promesse.
E col tempo capisce che quell'uomo non è come tutti gli altri prima di lui, che non la spenderà per un caffè giustificandosi bugiardo come Giuda: "Mi scusi, sa, ho solo questo un pezzo da cinquanta", quasi vergognandosi di lei. Che la sta tenendo da parte per qualcosa di veramente speciale, qualcosa di importante, e che lei non è soltanto "denaro" ma anche un'emozione, un TU-TUM del cuore capace di sopravvivere al tempo.
E così lei gli resta accanto per due anni, fra decine e decine di banconote che vanno e vengono.
Una volta lo sente anche mentire alla moglie: "Andre hai un pezzo da cinquanta, che il macellaio non ha il bancomat?" - "Ehm... no....ti conviene passare prima a prelevare".
Lei ridacchia: "Sei un bel tipo, Andre"
Finchè nel Marzo 2014 finalmente Uplay.it ristampa Le Havre. La notizia rimbalza su tutti i forum di board games e affini.
L'uomo corre al centro giochi al Day One, e il gioco è finalmente lì, sullo scaffale dei nuovi arrivi.
Lo prende in mano e quasi non ci crede. La scatola è grande ma lui se la ricordava addirittura più grande (UNA SCATOLA GIGANTE!!). Gli tremano le mani quando legge sul coperchio "Contiene l'espansione Le Grand Hameau" ma il vero nodo in gola gli sale quando il commesso del negozio gli mostra il mazzetto di carte promo.Ma il giorno successivo, quando si reca al centro giochi, il commesso dietro il bancone gli offre il calice dell'amara verità: Le Havre è esaurito. Devono ristamparlo. Un giorno. Non si sa quando. Forse.
In un sabato pomeriggio l'uomo si fa tutti i centri giochi di Torino, trovando ad attenderlo dietro il bancone sempre la stessa perentoria parola: F I N I T O.
Comincia a cercare sul web, trova finalmente un sito che ce l'ha disponibile, acquista il gioco, salvo ricevere il giorno successivo la mail "Ci spiace, il prodotto è attualmente in fase di restock".
Succede due volte, e la lenta pratica di rimborso sulla carta di credito non fa che spargere sale sulla ferita aperta e pulsante. Prova anche ad acquistarlo usato, con tragiche conseguenze .
Per lenire il dolore e prendere tempo l'uomo compra altri giochi da tavolo e un giorno si ritrova addirittura "giocatore", ma il pensiero di Le Havre lo tormenta, e allora fa una cosa che ha del rocambolesco: prende la banconota e ci scrive sopra una promessa, con un pennarello indelebile, uno di quelli a punta fine per scrivere sui cd.
Ci scrive sopra X LE HAVRE, piega la banconota e la infila nella carta d'identità.
E lei se ne sta lì, per due lunghissimi anni. Per due anni studia i lineamenti del suo volto, sulla foto del documento. A onor del vero ogni tanto lui la tira fuori, ad esempio una volta che lo ferma la stradale ed è costretto a mostrare i documenti: la tira fuori, legge X LE HAVRE e sorride. Anche lei gli sorride. Rispetto alla foto lui è un po' invecchiato. Come uomo non è particolarmente bello ma ha una faccia simpatica e sembra onesto, corretto, uno che mantiene le promesse.
E col tempo capisce che quell'uomo non è come tutti gli altri prima di lui, che non la spenderà per un caffè giustificandosi bugiardo come Giuda: "Mi scusi, sa, ho solo questo un pezzo da cinquanta", quasi vergognandosi di lei. Che la sta tenendo da parte per qualcosa di veramente speciale, qualcosa di importante, e che lei non è soltanto "denaro" ma anche un'emozione, un TU-TUM del cuore capace di sopravvivere al tempo.
E così lei gli resta accanto per due anni, fra decine e decine di banconote che vanno e vengono.
Una volta lo sente anche mentire alla moglie: "Andre hai un pezzo da cinquanta, che il macellaio non ha il bancomat?" - "Ehm... no....ti conviene passare prima a prelevare".
Lei ridacchia: "Sei un bel tipo, Andre"
Finchè nel Marzo 2014 finalmente Uplay.it ristampa Le Havre. La notizia rimbalza su tutti i forum di board games e affini.
L'uomo corre al centro giochi al Day One, e il gioco è finalmente lì, sullo scaffale dei nuovi arrivi.
Il registratore di cassa tintinna, il commesso sbadiglia. L'uomo con la barba tira fuori il portafogli, apre la carta d'identità e...
Ciao Andrea
....ciao....
La prende fra le mani. Il tempo non ha minimamente intaccato la sua bellezza.
Ciao - le ripete lui
Le gli sorride
E lui cambia idea e decide che no, non lei, e apre il portafogli in cerca di un'altra banconota
Cosa fai?
Non...non posso
Si, che puoi. Devi. Mi hai tenuto da parte tutto questo tempo, solo per questo giorno
Io...non voglio...ne uso un'altra
Ehi, Andrea. Guardami. Dai, su, guardami. Va tutto bene. Sono pronta. Lo voglio anch'io.
Ma io...
Siamo stati insieme due anni. Sono stati due anni splendidi. Non ho nessun rimpianto.
Non dobbiamo per forza...voglio dire...cazzo dai...ci sono decine di altre...
Va bene così. Dai. Prima o poi mi avresti speso. E io voglio che sia adesso. Per Le Havre.
Sono stati due anni.... - la voce gli trema una po'. Strano in un uomo della sua stazza.
Dai, allungami sul bancone. Il commesso sta aspettando e ti sta anche fissando male.
Mi mancherai
Grazie per avermi protetta e per avermi tenuto con te tutto questo tempo. Grazie per non avermi speso per un caffè
Ciao piccola
Ciao Andrea
venerdì 4 aprile 2014
Bidibibodibibu un rospo sei tu ! (Haba ci azzecca ancora)
Un paio di settimane fa, approfittando di una
mezza giornata di permesso, sono andato a prendere mia figlia all'uscita
dall'asilo. Non mi capita spesso: come tanti altri papà che lavorano e che lavorano
lontano da casa, i miei orari d'ufficio non
si incastrano con quelli dell'asilo.
Sono arrivato in anticipo (come sempre, le volte che la vado a prendere) e me ne sono stato fuori dal cancello ad aspettare che si facesse l'ora, ascoltando le grida e le risate dei bambini che bucavano i muri, studiandomi gli avvisi per i genitori appesi alla bacheca e seguendo il lento sopraggiungere dei nonni.
Quando ci hanno fatto entrare e la maestra sulla soglia l’ha chiamata, la mia piccola mi è corsa incontro gridando “Papàààààààààà” e stringendomi in un abbraccio che avrebbe sciolto Cuordipietra Famedoro.
Come ho scritto a più riprese, amo la spontaneità dei bambini, la loro sincerità, come vivono con intensità i loro sentimenti.
All’uscita dell'asilo, mano per mano con mia figlia intenta a raccontarmi una storia complicatissima di cerchietti per capelli e bambine con le quali aveva giocato quella stessa mattina, ho fatto un pezzo di strada accanto a una nonna, anche lei per mano col suo nipotino. Camminando a pochi metri da lei non ho potuto fare a meno di sentirla dire al piccolo:
"Eh, no, se fai così allora quando torniamo a casa glielo dico al nonno che non ti vorrà più bene, e si troverà un altro bambino a cui volere bene. E' questo che vuoi? Che il nonno non ti voglia più bene?".
Ho avuto la tentazione di allungare un poderoso calcio nel culo alla vecchia, farla volare sul marciapiede verso la sicura rottura del femore, e portare il suo nipotino con me a prendere un gelato.
Non capisco questa tendenza a trattare i bambini non come "bambini", ma come "bambini stupidi" e usare la minaccia (o la punizione) come passepartout educativo anche per le sciocchezze. Okay: crescere i figli è MOLTO complicato, è un lavoro a tempo pieno, è faticoso, ci toglie ore di sonno, e sinceramente pensavamo fosse più facile. Fino a ieri eravamo ragazzi seduti su un muretto e oggi ci ritroviamo genitori: è naturale che si vada un po' per tentativi. Sono daccordo e mi ci metto per primo. Ma anche a tentativi sono sicuro che ALCUNI errori clamorosi potremmo evitarceli. Non credo che nessuno vi abbia mai fornito un manuale d'istruzioni sulle cose da dire e da non dire a una donna al primo appuntamento, ma per quanto inesperti sono piuttosto sicuro che la prima volta che la siete andata a prendere sotto casa non le avete raccontato di quella volta che col vostro amico Enrico vi davate fuoco alle scorregge sul divano, o di quando a scuola ve lo misuravate col righello. Probabilmente l’obiettivo della nonna (in buona fede) era “correggere” il nipotino, ma davvero di fronte a un capriccio perfettamente fisiologico per l'età (e tra l'altro il marmocchio era appena uscito dall'asilo, tipo cinque minuti prima, non è che stava piangendo e sbattendo i piedi da due ore per vedere Peppa Pig) non le è venuto in mente niente di meglio di "e allora glielo dico al nonno che non ti vorrà più bene"
Che poi credo sia sbagliatissimo passare al bambino il messaggio che il bene dei genitori (e dei nonni) è un bene consumabile, qualcosa che il bambino può rosicchiare e intaccare con i suoi capricci, se non riordina la cameretta o se non mangia la verdura. Parlo del “bene”, dell’amore, non di pazienza.
Ancora un minuto e poi parlo di boardgames, lo giuro.
Credo che giocare con i propri figli sia importante quanto far loro mangiare la verdura. E che sia importante giocare con loro per imparare a conoscerli: come sono fatti, cosa pensano, come si rapportano con gli altri, se sono competitivi, buoni, timidi, aggressivi.... Leggerli attraverso i giochi e comunicare con loro attraverso i giochi.
E contrariamente a molte altre strategie educative, giocando è difficile commettere grossolani errori.
Bidibibodibibu un rospo sei tu !
Il giorno in cui per poco non ho preso a calci nel culo una vecchia, ho fatto un giro al CGE e ho comprato un nuovo giochino dell'HABA.
La strega Renata ha pasticciato al pentolone delle pozioni magiche e si è ritrovata trasformata in rana verrucosa. Per riprendere le sue sembianze di megera antropomorfa, la strega dovrà far incetta di ingredienti disgustosi (zampe di ragno, bava di lumaca, unghie dei piedi, funghi velenosi, bottiglie di ketchup e corvacci neri). I giocatori, da 2 a 4, si contendono gli ingredienti. A fine partita chi avrà più carte di uno stesso ingrediente, risulterà vincitore.
Bidibibodibibu è un giochino di pesca e tiro di dado, un introduttivo assoluto a giochi di carte e primitivi deck building.
A inizio partita vengono distribuite tre carte coperte a ogni giocatore. Il resto del mazzo viene suddiviso in 5 mazzetti al centro del tavolo e la rana Renata viene posta sopra uno di questi.
Durante il proprio turno il giocatore rolla il dado e sposta Renata in senso orario o antiorario a seconda della carta che preferisce raccogliere. Due facce del dado sono dedicate alla bacchetta magica: se esce la bacchetta il giocatore punta il dito contro un avversario e gli propone uno scambio, chiamando uno degli ingredienti. Se lo scambio riesce, i giocatori si scambiano gli ingredienti, se non riesce il giocatore di turno paga lo stesso quanto promesso.
Il gioco si articola nella costruzione della propria mano e mi ha ricordato (seppure con una certa elasticità) il buon Coloretto. E' indubbiamente leggero e fortunoso, ma c'è interazione fra i giocatori, scattano gli sfottò (sia per rollate che per le carte rivelate dopo una presa) e le partite tendono a chiamarsi l'un l'altra.
Come nella miglior tradizione Haba anche questo titolo è indipendente dalla lingua, con materiali di buona fattura, prezzo contenuto (7 euro) e una durata ben calibrata. Il gioco è gradevole sia per i genitori che per i figli (ci sono giochi che divertono solo una delle due parti) e si presta a intuitive home rules per allungarne la vita (ad esempio riuscire e ricomporre il pentolone con l'intruglio magico raccogliendo un ingrediente per tipo).
Gioco promosso e acquisto consigliato.
Nota: possibile che Haba non sbagli mai un colpo?
...
.......
............
Ok, è l'una di notte, mia moglie si è addormentata sul divano mentre guardava il dvd di Red2 e io sto finendo di rileggere il post.
Come al solito mi sono lasciato andare a parentesi e digressioni varie, più del solito forse...
A proposito di digressioni.... approfitto del post per dirvi che ho creato una mesta pagina Facebook del blog.
https://www.facebook.com/dadocritico
L'ho fatta sia perchè alcuni di voi me l'hanno chiesta sia perchè sto partecipando a un piccolo progetto e dovrebbe semplificarmi la gestione dei contatti.
Sulla pagina Facebook non ci saranno contenuti extra e altra roba strana ma solo link verso questo blog e l'aggiornamento sui nuovi post.
Se leggete il blog abitualmente quindi non avete neanche bisogno di aprirla.
Al contrario, se usate FB, potete usare la pagina per tenervi aggiornati sul blog.
Sono arrivato in anticipo (come sempre, le volte che la vado a prendere) e me ne sono stato fuori dal cancello ad aspettare che si facesse l'ora, ascoltando le grida e le risate dei bambini che bucavano i muri, studiandomi gli avvisi per i genitori appesi alla bacheca e seguendo il lento sopraggiungere dei nonni.
Quando ci hanno fatto entrare e la maestra sulla soglia l’ha chiamata, la mia piccola mi è corsa incontro gridando “Papàààààààààà” e stringendomi in un abbraccio che avrebbe sciolto Cuordipietra Famedoro.
Come ho scritto a più riprese, amo la spontaneità dei bambini, la loro sincerità, come vivono con intensità i loro sentimenti.
All’uscita dell'asilo, mano per mano con mia figlia intenta a raccontarmi una storia complicatissima di cerchietti per capelli e bambine con le quali aveva giocato quella stessa mattina, ho fatto un pezzo di strada accanto a una nonna, anche lei per mano col suo nipotino. Camminando a pochi metri da lei non ho potuto fare a meno di sentirla dire al piccolo:
"Eh, no, se fai così allora quando torniamo a casa glielo dico al nonno che non ti vorrà più bene, e si troverà un altro bambino a cui volere bene. E' questo che vuoi? Che il nonno non ti voglia più bene?".
Ho avuto la tentazione di allungare un poderoso calcio nel culo alla vecchia, farla volare sul marciapiede verso la sicura rottura del femore, e portare il suo nipotino con me a prendere un gelato.
Non capisco questa tendenza a trattare i bambini non come "bambini", ma come "bambini stupidi" e usare la minaccia (o la punizione) come passepartout educativo anche per le sciocchezze. Okay: crescere i figli è MOLTO complicato, è un lavoro a tempo pieno, è faticoso, ci toglie ore di sonno, e sinceramente pensavamo fosse più facile. Fino a ieri eravamo ragazzi seduti su un muretto e oggi ci ritroviamo genitori: è naturale che si vada un po' per tentativi. Sono daccordo e mi ci metto per primo. Ma anche a tentativi sono sicuro che ALCUNI errori clamorosi potremmo evitarceli. Non credo che nessuno vi abbia mai fornito un manuale d'istruzioni sulle cose da dire e da non dire a una donna al primo appuntamento, ma per quanto inesperti sono piuttosto sicuro che la prima volta che la siete andata a prendere sotto casa non le avete raccontato di quella volta che col vostro amico Enrico vi davate fuoco alle scorregge sul divano, o di quando a scuola ve lo misuravate col righello. Probabilmente l’obiettivo della nonna (in buona fede) era “correggere” il nipotino, ma davvero di fronte a un capriccio perfettamente fisiologico per l'età (e tra l'altro il marmocchio era appena uscito dall'asilo, tipo cinque minuti prima, non è che stava piangendo e sbattendo i piedi da due ore per vedere Peppa Pig) non le è venuto in mente niente di meglio di "e allora glielo dico al nonno che non ti vorrà più bene"
Che poi credo sia sbagliatissimo passare al bambino il messaggio che il bene dei genitori (e dei nonni) è un bene consumabile, qualcosa che il bambino può rosicchiare e intaccare con i suoi capricci, se non riordina la cameretta o se non mangia la verdura. Parlo del “bene”, dell’amore, non di pazienza.
Ancora un minuto e poi parlo di boardgames, lo giuro.
Credo che giocare con i propri figli sia importante quanto far loro mangiare la verdura. E che sia importante giocare con loro per imparare a conoscerli: come sono fatti, cosa pensano, come si rapportano con gli altri, se sono competitivi, buoni, timidi, aggressivi.... Leggerli attraverso i giochi e comunicare con loro attraverso i giochi.
E contrariamente a molte altre strategie educative, giocando è difficile commettere grossolani errori.
Bidibibodibibu un rospo sei tu !
Il giorno in cui per poco non ho preso a calci nel culo una vecchia, ho fatto un giro al CGE e ho comprato un nuovo giochino dell'HABA.
La strega Renata ha pasticciato al pentolone delle pozioni magiche e si è ritrovata trasformata in rana verrucosa. Per riprendere le sue sembianze di megera antropomorfa, la strega dovrà far incetta di ingredienti disgustosi (zampe di ragno, bava di lumaca, unghie dei piedi, funghi velenosi, bottiglie di ketchup e corvacci neri). I giocatori, da 2 a 4, si contendono gli ingredienti. A fine partita chi avrà più carte di uno stesso ingrediente, risulterà vincitore.
Bidibibodibibu è un giochino di pesca e tiro di dado, un introduttivo assoluto a giochi di carte e primitivi deck building.
A inizio partita vengono distribuite tre carte coperte a ogni giocatore. Il resto del mazzo viene suddiviso in 5 mazzetti al centro del tavolo e la rana Renata viene posta sopra uno di questi.
Durante il proprio turno il giocatore rolla il dado e sposta Renata in senso orario o antiorario a seconda della carta che preferisce raccogliere. Due facce del dado sono dedicate alla bacchetta magica: se esce la bacchetta il giocatore punta il dito contro un avversario e gli propone uno scambio, chiamando uno degli ingredienti. Se lo scambio riesce, i giocatori si scambiano gli ingredienti, se non riesce il giocatore di turno paga lo stesso quanto promesso.
Il gioco si articola nella costruzione della propria mano e mi ha ricordato (seppure con una certa elasticità) il buon Coloretto. E' indubbiamente leggero e fortunoso, ma c'è interazione fra i giocatori, scattano gli sfottò (sia per rollate che per le carte rivelate dopo una presa) e le partite tendono a chiamarsi l'un l'altra.
Come nella miglior tradizione Haba anche questo titolo è indipendente dalla lingua, con materiali di buona fattura, prezzo contenuto (7 euro) e una durata ben calibrata. Il gioco è gradevole sia per i genitori che per i figli (ci sono giochi che divertono solo una delle due parti) e si presta a intuitive home rules per allungarne la vita (ad esempio riuscire e ricomporre il pentolone con l'intruglio magico raccogliendo un ingrediente per tipo).
Gioco promosso e acquisto consigliato.
Nota: possibile che Haba non sbagli mai un colpo?
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Ok, è l'una di notte, mia moglie si è addormentata sul divano mentre guardava il dvd di Red2 e io sto finendo di rileggere il post.
Come al solito mi sono lasciato andare a parentesi e digressioni varie, più del solito forse...
A proposito di digressioni.... approfitto del post per dirvi che ho creato una mesta pagina Facebook del blog.
https://www.facebook.com/dadocritico
L'ho fatta sia perchè alcuni di voi me l'hanno chiesta sia perchè sto partecipando a un piccolo progetto e dovrebbe semplificarmi la gestione dei contatti.
Sulla pagina Facebook non ci saranno contenuti extra e altra roba strana ma solo link verso questo blog e l'aggiornamento sui nuovi post.
Se leggete il blog abitualmente quindi non avete neanche bisogno di aprirla.
Al contrario, se usate FB, potete usare la pagina per tenervi aggiornati sul blog.
martedì 1 aprile 2014
Stasera trittico di giochi ISOLA
Mi piace l'idea di proporre ai miei sgarruppati compagni al tavolo un menù a tema: degustazione di più giochi con uno stesso denominatore comune, sia esso il nome dell'autore sul coperchio della scatola, una certa ambientazione o la meccanica che governa il gioco.
C'è indubbiamente una forte dose di spocchia mista a celodurismo, nei tentativi del master di guidare i palati altrui verso abbinamenti ridondanti (col sempreverde rischio di saturazione), ma anche la voglia di offrire tutte le sfumature possibili di un certo sapore, con la promessa di un'indigestione coi crampi, più che di una semplice abbuffata. E in attesa di poter imbastire la mia tavola con cene tematiche a base di Feld, buffet luculliani di cinghiale in tutte le salse, filler food e survival horror zombeschi all you can eat, ecco la prima tappa del tour gastroludico dello Slow Dice:
- Trittico di Giochi Isola
I consigli della Barba: i giochi vanno scelti e presentati con un certo ordine, in modo da riuscire a imbastire un minimo incipit narrativo, un canovaccio sul quale ricamare, per quante digressioni, licenze e vagheggiamenti post luppolo ci andremo a concedere .
Abbinamenti consigliati: birra artigianale Rubra (birrificio Boero) e\o birra artigianale Geisha (birrificio Troll), da gustarsi in quest'ordine.
Guarnizioni: Caffè, Cioccolatini alla Grappa Sibona, quadretti di cioccolata 99%
Benvenuti al mio tavolo. Si comincia.
SANTA CRUZ
L'avventura comincia un sabato sera cannibale, in un fazzoletto sperduto d'oceano, fra aria salmastra, paguri raminghi e gabbiani che sembrano virgole d'inchiostro all'orizzonte. ErProsciuttaro è un giovane imprenditore, un po' genio e un po' spaccone, con dopobarba al basilico balsamico di Prà e una macchina ammaccata sul davanti. Melonia è una giovane puerpera col pallino dell'arredamento compulsivo, e sogni di vasche da bagno riempite a sushi e speculazioni immobiliari. E poi c'è lui, l'Uomo Con La Barba, amante del lato b delle donne e venditore d'aria fritta, faccendiere troppo impulsivo per azzeccarla mai giusta. Santa Cruz rappresenta lo sbarco sull'Isola. I tre coloni approdano sulla costa da tre attracchi diversi, ognuno con un piano ben preciso in testa. L'espansione edilizia è lenta ma inesorabile: ben presto i colori dei segnalini coprono ogni centimetro della mappa e si comincia a sgomitare. A distaccare il resto del gruppo è subito ErProsciuttaro, che intuisce velocemente la necessità di diversificare e conquistare obiettivi di tutto un po'. Punta all'oro, agli uccelli tropicali, a piccoli insediamenti di pecore, cataste di legno, pesce, zucchero e guarda con cupidigia anche il mio nintendo ds sulla mensola. Gioca le sue carte e i suoi bonus incurante delle conseguenze, sereno come se giocasse una partita a Doom in God Mode.
L'Uomo Con La Barba e Melonia passano la partita a inseguire, beandosi di piccole e sporadiche rimonte che li portano in testa per fugaci momenti. Alla fine dei due turni previsti l'Isola puzza inequivocabilmente di basilico: è il trionfo dell'uomo di Zena. La Barba e Melonia affogano i dispiaceri in progetti di tajarin al granciporro ingollando bicchierini di caffè nespresso (oh belin!).
TOBAGO
La sacerdotessa del filler non ci sta a mangiar la polvere un'altra partita e forte del giocare in casa sul suo board game preferito parte subito in quarta (anzi in quinta piena). Tobago rappresenta la corsa al tesoro.
Colonizzata l'Isola e messe via mappe nautiche e sestante, non resta che sputarsi sui palmi, imbracciare le vanghe e cominciare scavare.
Questa volta nessun guanto di velluto nè sorrisini fra i rivali: non si scava per trovare un tesoro ma per toglierlo all'avversario. La sorte sembra arridere all'uomo col mento scolpito nel pelo, che sceglie di non correre con la jeep (se non per gli amuleti) ma spendere i propri turni solo per le carte frammento. ErProsciuttaro azzarda e paga salata una maledizione da 6 monete d'oro, che gli esplode nelle mutande regalandogli il brivido di una scorreggia gassosa.
Melonia non riesce a dar la stoccata e gigioneggia fra due tesori incapace di decidere, come un colombo stordito dall'abbondanza di due filoni di casereccio, uno a destra e uno a sinistra. Potrebbe essere colpo partita per l'Uomo Con La Barba, ma non è l'ipertricosi il vero punto debole del mannaro, quanto invece: A-l'autoreggente 15 denari B-l'incapacità di saper cogliere le occasioni. I due, quindi, menano per l'ennesima volta il can per l'aia, offrendo il fianco a ErProsciuttaro che forte di una riserva di amuleti con la quale potrebbe giocare aggratis altre dodici partite a Tobago, impone ancora una volta il suo gioco.
Al conteggio finale vince quindi ancora il genio sregolato, segregando La Barba a reggere il moccolo in seconda e Melonia a piantar fagiolini in terza.
L'ISOLA PROIBITA
"Siamo arrivati, abbiamo preso quello che c'era da prendere e ora dobbiamo schizzare via prima di finire a far da mangime ai pesci"
L'Isola Proibita rappresenta il climax dell'avventura, il finale col botto. A inizio film i giocatori erano avversari, remavano contro, si osteggiavano e odiavano l'un l'altro. Ma una volta sbarcati e arraffato ciò c'era da arraffare, si sono ritrovati a dover affrontare un'antica maledizione. L'isola sta affondando velocemente, e l'unico modo per salvarsi è collaborare e fuggire insieme con l'unico elicottero disponibile.
Il finale è frenetico, troppo per l'ora tarda: il gruppo si gioca la carta "terzo caffè della serata". La conformazione dell'atollo è affidata a ErProsciuttaro che sceglie la sobrietà dello stile a cazzo di cane (cioè prima comincia con un quadrato, poi si ricorda "Andre: com'è che si faceva il teschio?", per concludere con l'inevitabile "Boh, raga, io butto le tessere a muzzo"). Un rettangolo sbilenco è quanto di meglio riesce a partorire la sua fantasia, ferma ai Ragazzi della 3°C e Lello Arena.
Non ci muoviamo male ma le carte buone tardano ad arrivare e l'isola sembra una donna alla 24esima ora di travaglio alla quale abbiano appena negato l'epidurale. Paghiamo duro gli affondamenti e a me tocca il ruolo del tacconatore selvaggio, mentre a Melonia va l'onere di recuperare manufatti (ne recupera da sola 3 su 4). ErProsciuttaro dovrebbe fluidificare a centrocampo ma forse spossato dalle vittorie precedenti ha la stessa capacità lubrificante di una carrettata di sabbia e brecciolini.
Il tempo scorre impietoso e ci va di lusso che la tessera elicottero spunti fuori solo nelle fasi finali. Reggiamo i molti affondamenti a chiappe strette e riusciamo a montare sull'elicottero quando ormai il terreno ci sta franando sotto i piedi (vedi foto a lato).
Fuggiamo dall'Isola Proibita sulle note di Eve of Destruction di Barry McGuire, mentre l'oceano blu inghiotte l'ultima tessera. Scorrono i titoli di coda e mentre ErProsciuttaro e Melonia limonano felici l'uno fra le braccia dell'altro, io, manufatti stretti al petto, medito di spingere giù i miei soci dall'elicottero e non dividere con nessuno i tesori raccolti. Alla fine rinuncio e lancio un cenno d'intesa ai miei compagni di viaggio, come a dire "Ce l'abbiamo fatta"
Ma è tardi per tornare indietro, oramai mi sono guardato dentro ed ho capito di essere io la mela bacata del cesto.
Presto li tradirò, mi imbarcherò con loro per un'altra avventura fingendomi "socio" e al momento buono pianterò loro un pezzo di metallo proprio in mezzo alle scapole.
E' così che andrà.
E' solo una questione di tempo.
Non puoi sfuggire a quello che sei e qui il mostro sono io.
Saluto gli amici sul pianerottolo.
"Allora, piaciuto Santa Cruz?"
"Carino, molto carino. Sia il meccanismo dei mazzetti di carte precostituiti che gli obiettivi che impattano su tutti i giocatori"
"Bella serata, Andre"
"Saluta Francy e la bambina"
"Buonanotte"
"Buonanotte"
Chiudo la porta.
Metto bicchieri e tazzine nel lavandino, richiudo il tavolo.
Spengo tutte le luci.
Mi infilo sotto il piumone.
Nel buio della notte, solo lo scintillio del mio ghigno malsano.
C'è indubbiamente una forte dose di spocchia mista a celodurismo, nei tentativi del master di guidare i palati altrui verso abbinamenti ridondanti (col sempreverde rischio di saturazione), ma anche la voglia di offrire tutte le sfumature possibili di un certo sapore, con la promessa di un'indigestione coi crampi, più che di una semplice abbuffata. E in attesa di poter imbastire la mia tavola con cene tematiche a base di Feld, buffet luculliani di cinghiale in tutte le salse, filler food e survival horror zombeschi all you can eat, ecco la prima tappa del tour gastroludico dello Slow Dice:
- Trittico di Giochi Isola
I consigli della Barba: i giochi vanno scelti e presentati con un certo ordine, in modo da riuscire a imbastire un minimo incipit narrativo, un canovaccio sul quale ricamare, per quante digressioni, licenze e vagheggiamenti post luppolo ci andremo a concedere .
Abbinamenti consigliati: birra artigianale Rubra (birrificio Boero) e\o birra artigianale Geisha (birrificio Troll), da gustarsi in quest'ordine.
Guarnizioni: Caffè, Cioccolatini alla Grappa Sibona, quadretti di cioccolata 99%
Benvenuti al mio tavolo. Si comincia.
SANTA CRUZ
L'avventura comincia un sabato sera cannibale, in un fazzoletto sperduto d'oceano, fra aria salmastra, paguri raminghi e gabbiani che sembrano virgole d'inchiostro all'orizzonte. ErProsciuttaro è un giovane imprenditore, un po' genio e un po' spaccone, con dopobarba al basilico balsamico di Prà e una macchina ammaccata sul davanti. Melonia è una giovane puerpera col pallino dell'arredamento compulsivo, e sogni di vasche da bagno riempite a sushi e speculazioni immobiliari. E poi c'è lui, l'Uomo Con La Barba, amante del lato b delle donne e venditore d'aria fritta, faccendiere troppo impulsivo per azzeccarla mai giusta. Santa Cruz rappresenta lo sbarco sull'Isola. I tre coloni approdano sulla costa da tre attracchi diversi, ognuno con un piano ben preciso in testa. L'espansione edilizia è lenta ma inesorabile: ben presto i colori dei segnalini coprono ogni centimetro della mappa e si comincia a sgomitare. A distaccare il resto del gruppo è subito ErProsciuttaro, che intuisce velocemente la necessità di diversificare e conquistare obiettivi di tutto un po'. Punta all'oro, agli uccelli tropicali, a piccoli insediamenti di pecore, cataste di legno, pesce, zucchero e guarda con cupidigia anche il mio nintendo ds sulla mensola. Gioca le sue carte e i suoi bonus incurante delle conseguenze, sereno come se giocasse una partita a Doom in God Mode.
L'Uomo Con La Barba e Melonia passano la partita a inseguire, beandosi di piccole e sporadiche rimonte che li portano in testa per fugaci momenti. Alla fine dei due turni previsti l'Isola puzza inequivocabilmente di basilico: è il trionfo dell'uomo di Zena. La Barba e Melonia affogano i dispiaceri in progetti di tajarin al granciporro ingollando bicchierini di caffè nespresso (oh belin!).
TOBAGO
La sacerdotessa del filler non ci sta a mangiar la polvere un'altra partita e forte del giocare in casa sul suo board game preferito parte subito in quarta (anzi in quinta piena). Tobago rappresenta la corsa al tesoro.
Colonizzata l'Isola e messe via mappe nautiche e sestante, non resta che sputarsi sui palmi, imbracciare le vanghe e cominciare scavare.
Questa volta nessun guanto di velluto nè sorrisini fra i rivali: non si scava per trovare un tesoro ma per toglierlo all'avversario. La sorte sembra arridere all'uomo col mento scolpito nel pelo, che sceglie di non correre con la jeep (se non per gli amuleti) ma spendere i propri turni solo per le carte frammento. ErProsciuttaro azzarda e paga salata una maledizione da 6 monete d'oro, che gli esplode nelle mutande regalandogli il brivido di una scorreggia gassosa.
Melonia non riesce a dar la stoccata e gigioneggia fra due tesori incapace di decidere, come un colombo stordito dall'abbondanza di due filoni di casereccio, uno a destra e uno a sinistra. Potrebbe essere colpo partita per l'Uomo Con La Barba, ma non è l'ipertricosi il vero punto debole del mannaro, quanto invece: A-l'autoreggente 15 denari B-l'incapacità di saper cogliere le occasioni. I due, quindi, menano per l'ennesima volta il can per l'aia, offrendo il fianco a ErProsciuttaro che forte di una riserva di amuleti con la quale potrebbe giocare aggratis altre dodici partite a Tobago, impone ancora una volta il suo gioco.
Al conteggio finale vince quindi ancora il genio sregolato, segregando La Barba a reggere il moccolo in seconda e Melonia a piantar fagiolini in terza.
L'ISOLA PROIBITA
"Siamo arrivati, abbiamo preso quello che c'era da prendere e ora dobbiamo schizzare via prima di finire a far da mangime ai pesci"
L'Isola Proibita rappresenta il climax dell'avventura, il finale col botto. A inizio film i giocatori erano avversari, remavano contro, si osteggiavano e odiavano l'un l'altro. Ma una volta sbarcati e arraffato ciò c'era da arraffare, si sono ritrovati a dover affrontare un'antica maledizione. L'isola sta affondando velocemente, e l'unico modo per salvarsi è collaborare e fuggire insieme con l'unico elicottero disponibile.
Il finale è frenetico, troppo per l'ora tarda: il gruppo si gioca la carta "terzo caffè della serata". La conformazione dell'atollo è affidata a ErProsciuttaro che sceglie la sobrietà dello stile a cazzo di cane (cioè prima comincia con un quadrato, poi si ricorda "Andre: com'è che si faceva il teschio?", per concludere con l'inevitabile "Boh, raga, io butto le tessere a muzzo"). Un rettangolo sbilenco è quanto di meglio riesce a partorire la sua fantasia, ferma ai Ragazzi della 3°C e Lello Arena.
Non ci muoviamo male ma le carte buone tardano ad arrivare e l'isola sembra una donna alla 24esima ora di travaglio alla quale abbiano appena negato l'epidurale. Paghiamo duro gli affondamenti e a me tocca il ruolo del tacconatore selvaggio, mentre a Melonia va l'onere di recuperare manufatti (ne recupera da sola 3 su 4). ErProsciuttaro dovrebbe fluidificare a centrocampo ma forse spossato dalle vittorie precedenti ha la stessa capacità lubrificante di una carrettata di sabbia e brecciolini.
Il tempo scorre impietoso e ci va di lusso che la tessera elicottero spunti fuori solo nelle fasi finali. Reggiamo i molti affondamenti a chiappe strette e riusciamo a montare sull'elicottero quando ormai il terreno ci sta franando sotto i piedi (vedi foto a lato).
Fuggiamo dall'Isola Proibita sulle note di Eve of Destruction di Barry McGuire, mentre l'oceano blu inghiotte l'ultima tessera. Scorrono i titoli di coda e mentre ErProsciuttaro e Melonia limonano felici l'uno fra le braccia dell'altro, io, manufatti stretti al petto, medito di spingere giù i miei soci dall'elicottero e non dividere con nessuno i tesori raccolti. Alla fine rinuncio e lancio un cenno d'intesa ai miei compagni di viaggio, come a dire "Ce l'abbiamo fatta"
Ma è tardi per tornare indietro, oramai mi sono guardato dentro ed ho capito di essere io la mela bacata del cesto.
Presto li tradirò, mi imbarcherò con loro per un'altra avventura fingendomi "socio" e al momento buono pianterò loro un pezzo di metallo proprio in mezzo alle scapole.
E' così che andrà.
E' solo una questione di tempo.
Non puoi sfuggire a quello che sei e qui il mostro sono io.
Saluto gli amici sul pianerottolo.
"Allora, piaciuto Santa Cruz?"
"Carino, molto carino. Sia il meccanismo dei mazzetti di carte precostituiti che gli obiettivi che impattano su tutti i giocatori"
"Bella serata, Andre"
"Saluta Francy e la bambina"
"Buonanotte"
"Buonanotte"
Chiudo la porta.
Metto bicchieri e tazzine nel lavandino, richiudo il tavolo.
Spengo tutte le luci.
Mi infilo sotto il piumone.
Nel buio della notte, solo lo scintillio del mio ghigno malsano.