Scriviamo da soli. Anzi perché ci sappiamo soli. E con contratto a tempo determinato. Nessuna buona uscita a fine lavoro: usciamo di scena tirandoci dietro la porta. Niente applausi. Solo il rumore insistente di chi resta. Di chi è ancora in partita.
Per questo cerchiamo di trasferire su carta una parte di noi, affinché almeno lei possa sopravvivere. In questo lascito al mondo la sincerità è dovere supremo: non devi addolcirti, non devi piacere a nessuno, il pudore non fa una buona scrittura.
Giocare è mettersi a nudo. Quando giochiamo siamo noi stessi. Anche quando interpretiamo qualcun altro.
"Sa qual è il problema dei travestimenti, signor Sherlock Holmes? Per quanto ci si provi, è sempre un autoritratto" (cit. Irene Adler).