mercoledì 14 marzo 2018

Il mondo non è pronto

Torino era ancora lì, in piedi sotto la pioggia acida che le bruciava la pelle, molto più eroica di me che mi lamentavo di ogni singolo ago piantato in spalla, mentre lei affondava giorno dopo giorno nel guano di amministrazioni incompetenti e torinesi incoscienti.
I mezzi pubblici erano il termometro della città e della sua febbre. Per questo non li amavo. Li prendevo solo lo stretto necessario.
Presi l'11 per andare in centro a firmare certe pratiche dell'inps.
Il pullman era pieno. Il groviglio di corpi appiccicati e sudati mi ricordò il racconto di Clive Barker In collina le città dell'antologia Infernalia. Presto i corpi degli studenti fuori corso, dei pendolari, degli impiegati, degli immigrati, degli anziani, dei borseggiatori in incognito e dei palpatori di natiche a tradimento, nell'inesorabile frizione delle carni si sarebbero fusi fra loro, e poi insieme con le lamiere del pullman e della macchinetta obliteratrice, e il leviatano carnomeccanico si sarebbe sollevato su poderosi polpacci GoodYear, e avrebbe ruggito spalancando portiere irte di denti di smarphone e abbonamenti mensili, contro la giunta di Chiara Appendino.
L'asiatica al mio fianco leggeva il kindle appoggiandolo allo zaino dello studenti davanti. Io mi ero portato dietro il regolamento di Wendake per ripassarlo per la serata, che si preannunciava solitaria, ma il gioco permetteva anche questo.
Provai a tirarlo fuori dal mio zaino ma toccai nell'ordine: una pancia, una mammella, una giacca, una mano sudata, la fibbia di una cintura, una borsa in finto coccodrillo e il pompom del cappello di un bambino.
Rinunciai al ripasso, giusto per evitare una denuncia.

La mattina mi ero svegliato sotto un cielo rosa salmone sfilettato. Quando raggiunsi piazza San Carlo era di bianco zanna d'elefante.
Ero in anticipo. Mi infilai in un bar per impiegati. La barista aveva il segno bianco della fede tolta all'anulare sinistro e orecchini a forma di pugnali. Certe donne te lo dicono con la bigiotteria.
Presi caffè e cornetto. Tirai fuori il regolamento di Wendake.
Agli altri tavolini gli impiegati leggevano la Gazzetta o flirtavano con le stagiste.

Alla fine Danilo Sabia ce l'aveva fatta, a far pubblicare il suo gioco, ambientato fra gli indiani d'america.
Non aveva mollato, dopo i vari No degli editori al suo primo IdeaG, al secondo e al terzo. Danilo aveva incassato come un sacco da boxe, aveva corretto con la matita il suo prototipo cheyenne, e poi era tornato l'anno dopo.
Non ci avresti scommesso, su uno come Danilo. Sembravano mancargli la cattiveria necessaria, la fame, la determinazione a qualunque costo che avevo visto negli occhi di molti lupi che avevo incontrato ai tavoli di IdeaG.
"Danilo non può farcela" mi aveva detto un altro aspirante autore, intento a divorare la carcassa di un terzo che aveva rinunciato, "E' un buono e i buoni soccombono".
Effettivamente il suo aspetto mite ingannava.
Danilo non era un lupo.
Era un bisonte.
Un bisonte in grado di incassare qualunque colpo.

Tatanka. Grosso tatanka.
Così, dopo un lungo e sfibrante playtest che un nativo americano il gioco avrebbe fatto prima a portarlo a stampare in Cina a piedi, PostScriptum e Placentia avevano finalmente mandato alle rotative il gestionale per 1-4 giocatori per 60-120 minuti di durata, dell'uomo chiamato bisonte paziente Danilo Sabia.
Il gioco era arrivato sui tavoli dei giocatori dopo una campagna kickstarter quasi pro forma, che aveva incassato 50.000€ in pochi giorni sbloccando tutto lo sbloccabile fra gli stretch goal, compresi i token risorse sagomati, le nuove carte tribù, 4 nuove tiles azione, e un finto scalpo in lattice piuttosto realistico.

Tornai a casa.
A cena preparai la carbonara perchè la sera prima avevo visto Lo chiamavano Jeeg Robot.
Mi sentivo un romano imbastardito come lo Zingaro del film.
Lui gestiva un canile abusivo e sognava di entrare nel giro grosso, io usavo pancetta e cipolla fottendomene del disciplinare.

A cena Francy mi raccontò del colloquio.
Era il secondo ed era andato bene. Dovevamo solo aspettare un'offerta.
Nel giro di un anno era fallita sia la mia ditta che la sua. Io ero caduto in piedi, lei stava ancora cercando.
Ogni giorno a Torino qualcuno tirava giù la serranda sui propri sogni e sui propri risparmi.
La mia ditta aveva chiuso i battenti dopo 17 anni di attività, quella di Francy dopo 22.

Al momento di lavarsi i denti la piccola mi diede un foglietto.
C'era scritto: "Quando il papà ha male alla spalla io sono triste".
Fingevo, con mia figlia, come mio padre aveva fatto con me per tanti anni, minimizzavo il dolore, mentivo raccontando "Guarda che papà fa tutta scena solo per farsi coccolare, non ha davvero male, eh".
Ma lei oramai aveva 9 anni e mi leggeva dentro come una radiografia.


Lo chiamavano Dado Critico
Wendake apparecchiato rendeva un bel colpo d'occhio.
I +500 componenti fra risorse sagomate in legno, segnalini in cartoncino, tessere varie, token tartaruga e carte, erano un bel vedere, e appagavano quell'atavica fame rosenberghiana di materiali che mi divorava da dentro come una tenia.
Come altri, per stare bene, di tanto in tanto avevo bisogno dell'abbondanza, della sicurezza della scatola pesante, della componentistica generosa al limite del ridondante.
Come Moravia mi innamoravo di scatole tonde e pingui, burrose e contadine, semplici nell'ovale del viso ma burrascose nell'esecuzione in camera da letto. Le abbracciavo, le sollevavo al cielo, e le riempivo di false promesse monogame.

La plancia giocatore 3x3 stava a Wendake come la ruota dentata stava a Tzolkin, i dadi a Kingsburg, e i troll a facebook.
Padroneggiare le tessere azione sulla griglia non era semplice, ma dopo qualche minuto cominciavi a intuire certe traiettorie, ad annusare certe sinergie fra le azioni.
Wendake era ben cucito. C'erano drappi di maggioranze, lembi di collezione di set, falde di raccogli-trasforma-spendi, e bottoni di combattimento. Era il patchwork che avvolgeva il tipi nel quale Sabia aveva appeso un acchiappasogni.
Il meccanismo dei 4 tracciati, molto Kniziano, non permetteva ai giocatori di lasciare indietro nulla, mentre l'alea, una cucchiaiata non di più, rendeva impossibile risolvere il gioco.

Altre cose che si potevano dire: che la durata era perfetta, 90 minuti senza sbragare nelle ore più notturne e vampire, che le carte Tribù permettevano partenze simmetriche o asimmetriche, che la longevità era garantita dalle molte tessere e dai tanti accorgimenti di game design, e che la mancata la candidatura del gioco al Premio Goblin Magnifico aveva lasciato scontenti molti giocatori.
Giocai contro me stesso e salomonicamente vinsi e persi. Mi sfottei per un'ingenuità, ad un certo punto della partita, fra gli indiani che piantonavano i campi, ma mi complimentai comunque un paio di ottime giocate [minimizzai per pura modestia]. Mi offrii una rivincita che non accettai, e mi congedai con un Ci vediamo che assolsi un minuto dopo davanti allo specchio sul lavandino.

Il mondo non è pronto
Il mattino seguente aprii facebook.
Da quando avevo messo via la tastiera del blog per il problema a spalla e cervicale l'avevo consultato molto meno, perlopiù per vendere qualche gioco usato.
Lessi della rivolta dei clienti Spotify, clienti per modo di dire visto che quelli che protestavano erano gli stessi che ascoltavano a scrocco.
Internet aveva rovinato le persone sdoganando la pirateria e abituando il prossimo al: "sì, sarebbe a pagamento ma se ti fai un po' furbo è gratis".
Le stesse persone che sul lavoro davano il giro alla scrivania se non vedevano retribuita la propria mezzora di straordinario a fine mese, pretendevano invece musica, serie tv, software e videogiochi gratis.
Era facile fare gli open source con il lavoro degli altri.
Su facebook lessi anche dell'ennesimo post contro blogger e vlogger ludici. Succedeva ciclicamente, più o meno una volta al mese. Alcuni "colleghi" non potevano fare a meno di replicare per difendere il proprio lavoro e le tante ore dedicate.
Da un lato li capivo. Ma io avevo rinunciato del tutto a spiegare.

Il giorno seguente spalla e collo andarono bene, ma oramai mi ero abituato agli altri e bassi.
C'erano giorni sì e giorni no.
E i giorni no sarebbero arrivati.

Avevo conosciuto una brava fisioterapista. Era più giovane di me di dieci anni, mi smontava collo e trapezio, e mi dava dignitosamente del lei.
"Visto che ti lascio manipolare la mia spina dorsale credo sarebbe il caso di passare al tu" le avevo detto durante una torsione.
Lei aveva riso, un po' imbarazzata.

Telefonai ai miei. Mia madre mi chiese come stavo, mio padre invece se avevo qualche film nuovo da consigliargli su Netflix.
In pensione, i miei stavano finendo tutto il database di Netflix.
"Sherlock Holmes Gioco d'ombre" gli dissi "Ha qualche annetto ma è molto bello"
"Aspetta che me lo segno..." rispose "Aspetta che non trovo neanche un pezzo di... ecco, toh, l'ho scritto sulla carta del prosciutto"
In sottofondo sentii mia madre che prendeva il pacchetto per metterlo in frigo e si lamentava "Ma che cosa ci hai scritto su?"
Risi.

La sera andai a prendere mia figlia dai nonni.
Tornando alla macchina scoprii che due colombi mi avevano cacato sincronizzati sulla portiera.
"Che fortuna papà!!!" disse mia figlia "Non hanno preso la maniglia!!!".
Non era il mondo.
Eravamo noi a non essere pronti.
Da bambini vedevamo sempre il bicchiere mezzo pieno. O la maniglia pulita.
Crescendo invece imparavamo solo a vedere lo schizzetto di merda sulla nostra bella macchina da 15000 euro.
E invece di pulire ci trasformavamo in colombi.

Risalimmo in macchina.

Tornando a casa ci fermammo da Lucco a prendere una vaschetta grande di gelato.



Wendake e pelli di tatanka su Magic Merchant

38 commenti:

  1. Ben tornato.
    Il bicchiere va sempre visto mezzo pieno. Sempre.
    Viva i bambini.

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  2. vasca di gelato, avvolta in carta del prosciutto. Grazie. E lasci pure qualche etto in piu'...

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  3. sei tornato!
    Grazie grazie Dado!
    Non mollare.
    N.

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  4. La barista da sola e' già un film. Hola!

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  5. Sappi che sarò per sempre "Bisonte Paziente"....��

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  6. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  7. Bello tornare a rileggerti. In bocca al lupo per tutto 😉👍

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    1. grazie Alessandro, in bocca al luppolo sempre e comunque!

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  8. "Guarda che papà fa tutta scena solo per farsi coccolare, non ha davvero male, eh". Oscar per miglior papà 2018. Sirio mb

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  9. E' una gioia rileggerti e sorridere vedendoti con gli occhi della mente...e del cuore...tornato in grande forma direi!!

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    1. Grazie ragazza bionda.
      Ogni volta che vedo comparire un tuo messaggio torno indietro di 5 anni.

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  10. Welcome back!
    Felice di trovarti in forma fisica e letteraria; Wendake l'ho provato giusto venerdì scorso: bello, ma non bellissimo, colpa mia, forse mi ero fatto delle aspettative eccessive.

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    1. Ciao Kukri. Riprovalo, la griglia 3x3 va un po' domata.
      Andrea

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  11. Anche i miei hanno quasi terminato il database di netflix... qualcosa da consigliarmi, che poi lo consiglio?

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    1. Noi stiamo finendo la seconda di Travelers.
      Molto carina.
      ciao Francè

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  12. grazie, ti leggo sempre con piacere. un consiglio: lascia pancetta e cipolla per un pezzo di guanciale a fette spesse in padella fino a che è croccante. niente aglio o cipolla. poi mi ringrazi tu.
    ciao

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    1. Il guanciale alla fine l'ho preso ma devo ancora capire di che grandezza i cubetti, sembra ci siano più scuole di pensiero [poi tu qui con "fette spesse" mi apri un nuovo bivio]
      andrea

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    2. Non più grandi di 5mmx5mmx5mm. E inoltre la chicca sarebbe alcune fettine sottilissime fatte sudare in padella e rese croccanti.

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  13. Bentornato e...grazie alla fisioterapista!
    Elena P.

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    1. Ciao Elena, mi fa piacere ritrovarti.
      Una fisioterapista dalle mani sante, sto già meditando di farle un monumento [o più realisticamente introdurla al mondo dei giochi, che sarebbe un gran regalo anche quello].
      ciao
      ^_^

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  14. Bellissimo racconto, complimenti e buona guarigione

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  15. Oooh è tornato il figliuol prodigo! Bene Dado, o hai scritto con una bacchetta al naso, oppure un minimo stai migliorando - o fingi come con tua figlia.. in ogni caso recupera energie che almeno un giorno a Play devi farlo. Il tuo codazzo di fans (purtroppo non interamente costituito da giovani discinte) ti attende ansioso

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    1. Vediamo se riusciamo a riproporre il contest: "Regala una birra a Dado che porta fortuna e dona potenza ai lombi".
      andrea

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    2. Già predisposto l'obolo che verrà lasciato ai tuoi piedi in assoluta deferenza. Anche un paniere di frutta fresca e un uovo di pasqua fatto di brufen

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